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Il vuoto laburismo che non capisce l’ambientalismo

Pubblicato su Il manifesto

L’ambiente è un tema importante. Indispensabile per capire il mondo attuale: la crisi ecologica, l’attenzione crescente verso i beni comuni, l’avanzata della green economy… E utile, utilissimo, anche per orientarsi in questa stagione inedita e complicatissima della politica italiana: per misurare ad esempio la distanza notevole che separa la dirigenza del Pd da un riformismo contemporaneo, e per indagare le premesse culturali e sociali che hanno reso possibile il trionfo elettorale dei Cinquestelle.
La larga maggioranza del gruppo dirigente del Pd non riesce a capire l’importanza dell’ambiente. Non capisce, soprattutto, come sia possibile che per un numero sempre più grande di persone la domanda di ambiente si intrecci con quella del lavoro, del reddito, dell’equità  sociale, e conti altrettanto. Lo si è visto con i referendum del 2011: la nomenclatura democratica prima ha osservato con sospetto la mobilitazione referendaria che cresceva, poi è rimasta quasi stralunata scoprendo che 30 milioni di italiani – malgrado la crisi economica, malgrado problemi materiali per molte famiglie drammatici – considerino prioritarie questioni non direttamente economiche come l’acqua pubblica o il no al nucleare. Questo ritardo nel riconoscere l’odierna centralità  delle questioni ambientali accomuna il Pd a molti altri partiti socialisti, legato com’è a una tradizione culturale che vede il progresso, lo sviluppo quali fenomeni lineari e illimitati. Ma in Italia si manifesta con ancora più forza per la prevalenza nella nostra sinistra di una tradizione – quella del Pci – che ha sempre faticato ad adeguare le proprie visioni all’evoluzione sociale e culturale e che di fronte a tutte le nuove sensibilità  e i nuovi movimenti dell’ultimo mezzo secolo – dal ’68 al femminismo, dall’ambientalismo ai diritti civili –  ha sempre reagito arroccandosi.
Prigioniero della sua genetica arretratezza, il gruppo dirigente del Pd, di cui i cosiddetti “giovani turchi” sono l’espressione più recente ma anche più ottusa, declina secondo alfabeti totalmente inattuali le stesse ricette per arrestare il declino economico dell’Italia: attardandosi a parole in una sorta di vuoto “gramelot” laburista, coltivando nei fatti rapporti assai stretti – rapporti molte volte opachi, di scambio e di potere – con i settori meno dinamici, oltre che più antiecologici, della struttura economica  (l’edilizia della rendita fondiaria, i grandi gruppi dell’energia fossile, l’industria pesante). Tutte e due queste inerzie conservatrici contraddicono l’ambizione dei democratici di guidare un progetto politico di radicale cambiamento e li allontanano dall’elettorato più giovane. Entrambe lasciano in ombra le grandi innovazioni – ecologia, educazione, tecnologia – di cui l’Italia come l’intero Occidente ha disperato bisogno per guadagnarsi un futuro prospero.
Anche se l’ascesa spettacolare del movimento Cinquestelle è dovuta soprattutto a un’efficacissima, e largamente giustificata, crociata “anti-casta”, però proprio l’ambiente è uno degli argomenti più frequentati dai grillini: così nei loro programmi, nel loro discorso pubblico, nei curricula di buona parte dei loro eletti. Da questo punto di vista i Cinquestelle, bisogna dirlo, non hanno inventato nulla: l’ecologia, i beni comuni, sono temi da tempo “a disposizione”, ed erano centrali già  nelle mobilitazioni no-global di dieci anni fa. Loro li hanno raccolti, depurati di qualche tossina vetero-ideologica di troppo (l’ambientalismo come nuova frontiera anti-capitalista), conditi con nuovi ingredienti – la democrazia della rete, un certo comunitarismo nimby – di per sé discutibili  ma gettonatissimi nell’Italia disgustata dalla politica dei partiti. Certo il movimento di Grillo resta essenzialmente un “sintomo” dell’accresciuta importanza culturale e sociale dell’ambiente, mentre il suo concreto programma non pare sempre all’altezza di curare i tanti e gravissimi mali ambientali dell’Italia. Ma un fatto è indiscutibile: i Cinquestelle sono l’unica forza politica italiana che propone  l’ambiente come parte integrante e decisiva di una prospettiva generale di cambiamento, e ciò contribuisce a farli apparire a molti non solo più moderni ma più riformisti anche del Pd.
Il Partito democratico vuole ripartire dopo la dolorosissima “non vittoria” di queste ultime elezioni? Allora la smetta di perdere tempo e faccia corteggiando i “cinquestelle” dopo averli sbeffeggiati per mesi, e provi invece a diventare più contemporaneo mettendo per davvero l’ambiente al centro del suo sistema di valori e di interessi, e la green economy nel cuore della sua idea di sviluppo. Sarebbe più serio e funzionerebbe meglio.
 

Roberto Della Seta
Francesco Ferrante

Mobilità : boom ciclisti a Roma segnale che cittadini vogliono città  diversa

“Il boom dei ciclisti urbani cresciuti a Roma negli ultimi due anni sino a diventare 170 mila è la dimostrazione che i cittadini, non assolutamente incentivati dall’amministrazione, stanno facendo fronte alla gravissima crisi della mobilità  romana organizzandosi da soli. 

Ma questa scelta di buona pratica urbana ha bisogno di essere sostenuta da politiche serie ed adeguate, a partire dal disegno di legge presentato nella scorsa legislatura da più di 60 parlamentari, che contiene misure a costo zero per favorire gli spostamenti in bici e per proteggere maggiormente i ciclisti.” 

Lo dichiara il senatore uscente del Pd e vicepresidente del Kyoto Club Francesco Ferrante, promotore del disegno di legge “salvaiciclisti”. 

“La ciclabilità  – continua Ferrante – è una soluzione efficace e a impatto zero per gli spostamenti cittadini personali su mezzo privato. Il suo sviluppo e la sua tutela, nel nostro Paese sono stati lungamente sottovalutati e anzi depressi dall’attenzione centrata sulla mobilità  a motore, rispetto agli attuali standard europei, già  da anni a livelli altissimi e in Italia quasi inesistenti. 

Una prima misura semplice ed efficace che si può introdurre è la riduzione del limite di velocità  urbano a 30 km/h, in tutte le strade escluse le arterie di scorrimento. 

I vantaggi sarebbero duplici: una riduzione del drammatico numero di incidenti, una diminuzione degli agenti inquinanti, e un incentivo alla mobilità  ciclistica, che sul breve e medio raggio può essere complementare al trasporto pubblico su rotaia.” 

“Auguriamoci – conclude Ferrante – che il nuovo Parlamento porti avanti le istanze di centinaia di migliaia di cittadini che vogliono città  con una mobilità  più sicura e ecosostenibile.” 

Roma 4 marzo 2013 

Rifiorme: su soldi ai partiti Grillo e Renzi hanno ragione, noi i soli del Pd a non votare quella riforma-beffa

“Grillo e Renzi hanno ragione da vendere: i rimborsi elettorali ai partiti vanno azzerati, perché sono la stessa cosa del finanziamento pubblico bocciato a suo tempo in un referendum dalla larghissima maggioranza degli italiani. Il Pd avrebbe dovuto chiederlo lui per primo, invece nella scorsa legislatura noi fummo i soli parlamentari democratici a non votare la legge che ha confermato, pur riducendoli di un po’, i rimborsi”.

E’ quanto dichiarano i senatori uscenti del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.

“I rimborsi elettorali per anni sono stati utilizzati dai partiti senza trasparenza e in modo spesso improprio. Oggi sono diventati un simbolo, più che giustificato, della caduta di etica pubblica nella politica: per questo vanno cancellati, cancellati in fretta e qualunque sarà  il prossimo governo”.

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