Comunicati

Bioshopper, pubblicato il decreto. «Vittoria per l’ambiente! Ma che fatica…»

pubblicato su greenreport.it

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 27 marzo del Decreto interministeriale (firmato da Clini e Passera) sulle caratteristiche tecniche che devono avere gli shopper che si possono commercializzare nel nostro Paese, si conclude finalmente la vicenda normativa, troppo lunga, che ha introdotto una rivoluzione in Italia. E visto che non ho più incarichi istituzionali , i lettori di Greenrport mi consentiranno di confessare una soddisfazione personale, insieme a quella politica, per aver visto concludere con successo una battaglia iniziata oramai più di sei anni fa con l’approvazione di quel mio emendamento alla finanziaria 2007 che appunto vietava la commercializzazione di shopper che non fossero biodegradabili. Gli sviluppi della vicenda sono noti: da una parte la fiera opposizione delle lobbies che sempre vogliono che nulla cambi in questo Paese  e che ha portato alla proroga dell’entrata in vigore del divieto e poi la discesa in campo dei “furbetti dello shopperino” che con gli additivi, dannosi per l’ambiente, volevano spacciare per commerciabili ciò che evidentemente non lo era e che questo decreto si incarica di spazzare definitivamente via. Dall’altra il grande gradimento della novità  da parte dei cittadini, il cambiamento concreto di stili di vita con l’utilizzo della sporta utilizzata più volte, e la forte spinta all’innovazione di prodotto con l’incentivazione concreta di quella green economy e della chimica verde di cui in troppi si riempiono la bocca senza concluder nulla.
Mancava solo questo decreto per rendere operative le sanzioni contro chi provi a cercare di aggirare il decreto. Ora sappiamo che le sanzioni entreranno in vigore a metà  agosto, sessanta giorni dopo il termine formale (13 giugno) entro il quale l’Unione Europea avrebbe la teorica possibilità  di formulare osservazioni al decreto. Già  sappiamo che non succederà  perchè i Commissario Potocnik lo ha già  assicurato, seppur informalmente, e la lettura del suo libro verde, di cui Greenreport ha parlato poche settimane fa, conferma quale è l’indirizzo in merito della Ue. Il mercato non ha più scuse e si attrezzerà . Questa battaglia l’abbiamo vinta
 

Contro il totem dell’alta velocità  Torino-Lione

blog su Huffingtonpost.it

L’alta velocità  Torino-Lione è un’opera costosissima (almeno 10 miliardi, 4 dei quali a carico dell’Italia) e inutile, ma per quasi tutta la politica italiana – unica eccezione i grillini – è diventata un totem. A contestarla, non per partito preso e sindrome Nimby ma numeri alla mano, si viene tacciati da reazionari, nemici del progresso, oscurantisti. Eppure per capire che il progetto è insensato basta un esercizio elementare di razionalità . Su quella linea i flussi di passeggeri sono modesti, da sempre. Quanto alle merci, in Europa viaggiano sempre di meno da est a ovest e sempre di più da nord a sud: per questo il movimento delle merci lungo l’asse italo-francese è in costante declino da anni, da molto prima che cominciasse la crisi.

Spendere svariati miliardi di soldi pubblici per la nuova Torino-Lione, come l’Italia e la Francia (con minore entusiasmo) si accingono a fare è dunque un grande, grandissimo spreco. Per l’Italia poi è uno spreco doppio. Il nostro sistema ferroviario fa acqua da tutte le parti, la gran parte dei passeggeri e delle merci viaggia su gomma con inquinamento e consumi energetici altissimi, i treni utilizzati dai pendolari sono pura archeologia industriale. Con le risorse che verranno impegnate per la Torino-Lione si potrebbe accorciare di parecchio la distanza, oggi larghissima, che separa l’Italia dei trasporti da gli altri grandi Paesi europei. E se  si vuole davvero ridurre di un bel po’ l’infinita schiera di Tir che affollano i valichi alpini in direzione della Francia – obiettivo sacrosanto – c’è un’alternativa molto più rapida e a buon mercato dell’alta velocità  in Val di Susa: basterebbe rendere più moderne le linee che ci sono, da Ventimiglia a Modane, e magari smetterla di sovvenzionare a pioggia l’autotrasporto come fanno tutti i governi di destra e di sinistra da cinquant’anni.  

Questo argomenti di banale “buonsenso riformista” finora non hanno avuto alcuno spazio nel dibattito tra favorevoli e contrari alla Torino-Lione. Questa è diventata una guerra di religione tra No-tav duri e puri, per i quali l’alta velocità  è il simbolo di tutti i mali del mondo, e Sì-tav ugualmente irriducibili, che ci vedono incarnata l’idea stessa del progresso. La prossima battaglia è in programma domani, sabato 23 marzo, davanti ai cantieri tav di Chiomonte in Val di Susa, con i centocinquanta eletti grillini che arriveranno per dare man forte al popolo anti-tav della valle.  

Ma per la sinistra che si vuole riformista è un errore imperdonabile lasciare solo a Grillo la bandiera del no a questo buco nero di denaro pubblico gettato via che sarebbe la Torino-Lione. C’è da sperare che lo capiscano, sia pure in ritardo: magari cominciando da qui una vera, seria, efficace “spending review” che metta ordine nei conti pubblici e consenta di fare alcune cose veramente urgenti che servono all’Italia. 

Francesco, un Papa anche verde

Blog su huffingtonpost.it

Non solo il primo papa non europeo, il primo papa gesuita, il primo che si chiama Francesco. Anche il primo papa ambientalista. Visto il nome che ha scelto c’era forse da aspettarselo, ma in ogni caso colpisce che papa Bergoglio nel suo primo discorso da pontefice abbia dato tanto peso all’ambiente: “Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità  in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà : siamo ‘custodi’ della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di morte e distruzione accompagnino il cammino di questo nostro mondo!”.

La Chiesa cattolica non ha sempre avuto un rapporto facile con la cultura ecologica: guardata talvolta con sospetto perché sembrava togliere l’uomo dal piedistallo antropocentrico della tradizione cristiana. Queste preoccupazioni non trovano posto nell’idea francescana della “custodia del creato”: anzi, di più, nella visione di papa Francesco la cura dell’ambiente diventa quasi una metafora della responsabilità  verso l’altro e verso gli altri.

 

L’hanno ripetuto in tanti: questo papa è atteso da prove difficilissime, deve riconciliare il potere ecclesiastico con quel mondo vasto e crescente di cattolici non più disposti a tollerare le troppe ombre della Chiesa di Roma, dai preti pedofili nascosti e coperti agli affari sporchi della finanza vaticana all’incapacità  di aprirsi a temi ormai ineludibili come i diritti delle persone omosessuali.

Rispetto a ognuna di queste sfide la Chiesa è costretta a inseguire, a “giocare in difesa”, mentre sull’ambiente può attaccare. Non ha troppo di cui pentirsi o vergognarsi, comunque molto meno degli altri grandi poteri a cominciare dalla politica.

 

Ecco, l’ambiente è un “terreno di gioco” su cui papa Francesco potrà  davvero dimostrarsi più moderno, più contemporaneo di tutti gli altri potenti della Terra, su cui potrà  farsi l’interprete di un’idea di progresso più evoluta – e oggi sempre più popolare – che vede l’ecologia come un valore irrinunciabile. Non sarebbe male, proprio no, se questo magistero ecologista riuscisse a fare breccia persino nella politica italiana, la più anti-ecologica d’Europa. Che ora applaudirà  il papa ecologista ma da domani ricomincerà  con le sue scelte che del “creato” di fatto se ne infischiano, che fanno crescere sia la povertà  che l’inquinamento. Il Vaticano ha risolto la sua “crisi di governo” eleggendo un papa che nel suo discorso d’investitura mette al centro l’ambiente, chissà  quanto tempo dovrà  passare prima di sentire parole magari più laiche ma altrettanto impegnate da un leader politico nostrano.

 

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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