Comunicati

CondonoCampania: il Pd al Senato intende proporre legge per riaprire i termini. Per la sinistra sarebbe passo indietro trent’anni

Sembra allargarsi sempre di più il fronte politico che intende dare il via ad un nuovo condono edilizio in Campania.

Lo denunciano Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, esponenti di Green Italia, che dichiarano -“Oltre alla posizione nota del Pdl guidato da Mara Carfagna e Nitto Palma, un ondivago M5S, ora anche il Partito democratico, con la proposta di legge che intende promuovere il senatore napoletano Vincenzo Cuomo, componente della Commissione Ambiente del Senato, chiederebbe la sospensione delle demolizioni, la riapertura dei termini del condono per i fabbricati realizzati fino al 31 marzo 2003 e al massimo due anni di tempo per i Comuni per decidere, pena lo scioglimento dell’amministrazione, se accogliere o respingere le istanze di sanatoria non ancora esaminate che giacciono nei cassetti del Municipio”.

“Un condono edilizio promosso dal Pd – continuano Della Seta e Ferrante – sarebbe un passo indietro di trent’anni della sinistra.

Se il Pd propone la riapertura dei termini del condono del 2003 questa, al di là  delle intenzioni, è unicamente una sanatoria mascherata, cioè un ennesimo colpo di grazia al principio di legalità  e alla difesa del territorio.

Non si giochi con le parole, chi presenta proposte così almeno se ne deve assumere la responsabilità ”.

La politica e l’economia ripartano da Green Italia

Un movimento politico green, per offrire una risposta diversa, radicalmente diversa dalle risposte che danno tutte le forze politiche, alla crisi sociale, economica, democratica che assedia lItalia. E questa lambizione, per noi un azzardo necessario, di Green Italia che nascerà  il 28 giugno prossimo, in un incontro pubblico presso lauditorium del museo Maxxi a Roma. A promuovere Green Italia sono, siamo persone con storie diverse e anche lontane: ecologisti che provengono dal Pd, figure di punta delle principali associazioni ambientaliste, la presidente dei Verdi europei Monica Frassoni; esponenti politici con un pedigree squisitamente di destra come Fabio Granata, imprenditori della green economy.  
In Italia l’ecologia, l’ambiente, leconomia verde sono trattati da quasi tutta la politica come temi minori. Nessuno ne parla male, ma nel dibattito pubblico recitano la stessa parte dei pianisti nei film western: tra pallottole e cazzotti restavano sempre lì sullo sfondo imperterriti a suonare, mai colpiti e però mai protagonisti della scena. Le ragioni di ciò sono più d’una, la principale è l’assenza dal nostro paesaggio politico e dal conseguente mercato elettorale di un’offerta credibile e solida – i Verdi italiani non lo sono stati mai – che si proponga di rappresentare i valori, i bisogni, gli interessi legati all’ambiente, e che come in ogni competizione costringa anche tutti gli altri a cimentarsi sul suo terreno. Per capire che nasce da qui l’analfabetismo ambientale di buona parte delle classi dirigenti italiane e dei nostri politici in particolare, basta dare uno sguardo agli altri grandi Paesi europei: è grazie alla forza competitiva dei Grà¼nen (10,7% alle politiche del 2009, il 15% nei sondaggi sul prossimo voto di settembre) se in Germania anche gli altri partiti considerano i temi ambientali come priorità ; e in Francia le politiche ambientali hanno cominciato a correre solo da quando destra e sinistra hanno dovuto fare i conti con “Europe Ecologie”, la federazione ecologista fondata da Daniel Cohn-Bendit che alle elezioni europee del 2009 ottenne oltre il 16% dei voti. Chi scrive ha pensato che il Pd potesse essere, accanto a molto altro, anche la via italiana alla rappresentanza dei temi ambientali in politica: quella speranza ci sembra finita, sommersa da una deriva che ha progressivamente   trasformato il Partito democratico nella somma litigiosissima e poco assortita di vecchie, decisamente datate appartenenze e di piccoli e grandi apparati.

Eppure una domanda di politica “green” ci sarebbe anche in Italia. Oggi più forte che mai, nutrita com’è non soltanto di valori e modelli di consumo, ma anche di concreti interessi economici. Molti segnali lo confermano: dal successo vistoso dei referendum su acqua pubblica e nucleare di un anno e mezzo fa, al peso non marginale che lanima ecologica ha giocato nellascesa elettorale dei grillini, fino alla crescita formidabile, malgrado la crisi, della “green economy”, migliaia di imprese (energia, chimica verde, riciclaggio dei rifiuti…) ignorate dalla politica (e dalla stessa Confindustria) che hanno fatto dell’innovazione ecologica il loro business principale.

Questa nuova economia già  largamente in campo ma priva tuttora di rappresentanza politica, nel caso dell’Italia ha un’anima antica. Se è “verde” l’economia che produce benessere e prosperità  senza intaccare il capitale naturale, allora noi leconomia verde labbiamo inventata prima di tutti gli altri e la pratichiamo con successo da secoli. Vi è insomma una green economy in salsa italiana che si fonda sulla bellezza, il paesaggio, i beni culturali, la creatività , la convivialità , il legame sociale e culturale tra economia e territorio: tutte materie prime immateriali e dunque ecologiche, tutti talenti dei quali abbondiamo (da cos’altro nasce la fortuna del made-in-Italy…?) e che oggi sono la nostra arma migliore, forse lunica vera arma su cui possiamo contare, contro i rischi incombenti di declino.

In Europa, l’Italia è considerata per tanti aspetti un’anomalia: l’assoluta marginalità  dell’ambiente nel dibattito pubblico e in particolare nel confronto politico è uno dei nostri  “gap” più evidenti. La scommessa, semplice e temeraria, di  “Green Italia è riuscire ad accorciarlo almeno un poco.

 

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

Ragusa: capitale italiana del trasformismo

pubblicato su Huffingtonpost.it

Per decenni è stata una specie di “isola rossa” nella Sicilia prima democristiana e poi berlusconiana, oggi Ragusa rischia di diventare la capitale italiana del trasformismo politico.

Al ballottaggio per l’elezione del nuovo sindaco, domenica 21 giugno, a vedersela con il candidato 5stelle Federico Piccitto ci sarà  infatti un signore, Giovanni Cosentini, già  “cuffariano” doc, che dal 2006 al 2012 è stato vicesindaco in una amministrazione di centrodestra e che oggi guida la coalizione di centrosinistra.

La “conversione” di Cosentini è di qualche mese fa: insieme al suo sindaco Nello Dipasquale decise di sostenere la candidatura di Crocetta a presidente della Regione. Dipasquale fu eletto deputato regionale con la Lista Crocetta, ora Cosentini punta a prenderne il posto da primo cittadino.

Il caso ragusano non è certo un “unicum” nell’Italia di questi anni: di “fregoli” nella nostra politica ce ne sono sempre stati tanti, basta ricordare gli oltre 100 parlamentari che nella scorsa legislatura hanno cambiato partito e spesso schieramento. Siamo da sempre la patria del trasformismo – anche l’uso politico della parola è nato in Italia – ma quanto accade a Ragusa colpisce lo stesso per la speciale spregiudicatezza del voltafaccia di Cosentini. Del resto i primi a venirne colpiti sono stati gli elettori ragusani, visto che Cosentini ha ottenuto meno del 30% dei voti contro quasi il 50% delle liste che lo sostengono.

Ma in questo come in tanti altri casi, il problema vero non è del “fregoli” di turno, è del centrosinistra. In Italia e a maggior ragione in Sicilia, il futuro dei “progressisti” è tutto nella forza, nella coerenza del loro progetto di cambiamento. E che credibilità  può avere, ancora di più che efficacia, un cambiamento messo nelle mani di chi, come appunto Cosentini a Ragusa, è il più sicuro garante dello “status quo”?

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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