Comunicati

CALIPARI, MOZIONE SENATORI UNIONE “PER FARE LUCE” SU ACCADUTO

I senatori del centrosinistra Iovene, Ferrante, Di Siena, Pisa, Baio Dossi, Furio Colombo, Morando e Bobba dell’Ulivo, Martone e Malabarba di Rifondazione comunista, Silvestri e Donati dei Verdi, Cossutta dei Comunisti italiani, a seguito del rifiuto statunitense di fornire alle Autorità  italiane i nomi dei militari Usa coinvolti nella vicenda che costò la vita al funzionario del Sismi Nicola Calipari, hanno presentato una mozione con la quale chiedono al governo italiano “di adoperarsi e mettere in atto ogni iniziativa utile per l’ottenimento di tutte le informazioni necessarie a fare piena luce su quanto accaduto”. Ecco il testo della mozione: “Il Senato della Repubblica: preso atto della risposta negativa da parte del dipartimento di Giustizia americano alla rogatoria relativa al tragico evento che la sera del 4 marzo del 2005 a Baghdad costò la vita al funzionario del Sismi Nicola Calipari e provocò il ferimento della giornalista de il Manifesto Giuliana Sgrena e dell’altro funzionario del Sismi Andrea Carpani; rilevato altresì, che tale rifiuto a collaborare e a fornire elementi, diversi da quelli già  forniti nel rapporto del Multi National Corps-Iraq, allontana ulteriormente l’accertamento pieno della verità  su quel tragico episodio da parte delle autorità  del nostro paese; ricordando, infine, al governo, nel rispetto delle proprie prerogative e dell’autonomia della magistratura, l’obbligatorietà ‘ nella trasmissione di questa, come di qualsiasi altra, rogatoria internazionale; impegna il governo: a riferire urgentemente in ordine alle ragioni che sostengono il rifiuto statunitense e, qualora non fossero ancora conosciute, ad attivarsi per apprenderle; a esprimere al Governo degli Stati Uniti, per tramite del suo Ambasciatore a Roma, una formale protesta per la mancata collaborazione per l’accertamento della verità  in ordine a questo caso e richiamare a un sistema di relazioni rispettoso delle reciproche prerogative nazionali; a mettere in atto ogni iniziativa utile per l’ottenimento di tutte le informazioni necessarie a fare piena luce su quanto accaduto”.

4/5/06 COMUNI: UNA LEGGE PER TUTELARE E VALORIZZARE I PICCOLI CENTRI

arte e cultura, saperi tradizionali e idee. Questo il patrimonio italiano custodito nei borghi antichi. Francesco Ferrante, eletto al Senato nelle liste della Margherita in Umbria, presenta il disegno di legge per sostenere e promuovere le “culle” della nostra cultura.

“Un sistema integrato di finanziamenti, di incentivazioni, di defiscalizzazioni e di semplificazioni burocratico-amministrative a favore dei comuni con meno di 5.000 abitanti: a marzo avevo preso l’impegno con i sindaci e i presidenti delle comunità  montane umbre, di battermi per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni e ho voluto che questo fosse il mio primo atto da Senatore eletto in una regione che delle comunità  e dei borghi antichi può vantare un tessuto ricco e prezioso”. Questa la dichiarazione di Francesco Ferrante, eletto senatore della Repubblica nelle liste della Margherita in Umbria, che a pochi giorni dall’inizio delle attività  del Senato ha presentato un disegno di legge mirato a salvaguardare e promuovere le potenzialità  di quei numerosi borghi – spesso bellissimi ma quasi abbandonati – che caratterizzano l’abitato italiano e in particolare quello umbro. “La presente proposta di legge – recita il testo – che contiene norme dirette a migliorare le condizioni di vita nelle aree del “disagio insediativo”, nasce dalla consapevolezza delle grandi potenzialità  delle aree in questione in termini di turismo, produzioni tipiche e risorse culturali e ambientali, quindi dalla volontà  di valorizzare tale patrimonio. (…) L’armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa che rappresenta una peculiarità  e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale; una certezza nella manutenzione del territorio; una opportunità  di sviluppo economico. Nel nostro Paese 5.868 comuni hanno meno di 5 mila abitanti, pari al 72 per cento dei comuni italiani”. E questa ricchezza non può essere certo messa a rischio dai fenomeni di globalizzazione e spersonalizzazione che contraddistinguono altri paesi del mondo, più vasti magari, ma infinitamente meno antichi e preziosi, meno ricchi di storia, tradizioni, saperi, beni culturali e paesaggistici. Il testo di tale proposta, peraltro, riproduce il testo del disegno di legge che Ermete Realacci aveva presentato durante la XIV Legislatura, e che era stata approvata pressoché all’unanimità  dalla Camera dei Deputati. “L’approvazione di questa legge – ha dichiarato Francesco Ferrante – può significare molto per questa regione dove il 68% dei suoi 92 comuni, ha meno di 5.000 abitanti. Perché prevede un sistema integrato di finanziamenti, di incentivazioni, di defiscalizzazioni e di semplificazioni burocratico-amministrative per consentire a questi territori di competere e di cogliere le occasioni che paradossalmente proprio la globalizzazione ha aperto. Sfruttando le opportunità  offerte da questa legge sarà  possibile valorizzare l’agricoltura di qualità  e i prodotti a marchio e contribuire con efficacia per riportare l’Italia ai vertici del turismo mondiale con l’aiuto della leva fiscale. Potrà  nascere un sistema di promozione meno frammentato, in grado di valorizzare adeguatamente fattori di interesse come le produzioni tipiche, la cultura, l’industria d’eccellenza, la convivialità ”.

All’Istruzione serve un leader

Nei “totogoverno” che affollano in questi giorni i media, ci sono caselle di serie A, B e C. Per le prime (interni, esteri, difesa, giustizia, economia) corrono leader o outsider eccellenti. 

Nei “totogoverno” che affollano in questi giorni i media, ci sono caselle di serie A, B e C. Per le prime (interni, esteri, difesa, giustizia, economia) corrono leader o outsider eccellenti. Le seconde e le terze sono per gli altri. Lo schema sembra convincente: è naturale, sensato che il capo di un grande partito voglia occuparsi di temi importanti, strategici per il paese e la coalizione. Qualche dubbio sorge, invece, sui criteri in base ai quali un ministero è qualificato o no di serie A. Esattamente dieci anni fa, suscitò sorpresa la decisione dell’allora vicepremier Walter Veltroni di andare a fare, anche, il ministro dei beni culturali, ruolo tradizionalmente ritenuto marginale. In realtà , fu un atto di grande, davvero grande, intelligenza politica. Non solo perché Veltroni, per giudizio unanime, svolse la sua funzione in modo e con risultati eccellenti, ma perché con quella scelta inedita trasmise al mondo politico, e al paese, un messaggio quasi rivoluzionario: tutelare e valorizzare le nostre ricchezze storiche, monumentali, archeologiche e paesaggistiche, promuovere le attività  di creazione artistica, è uno dei primi investimenti – in termini culturali ma anche civili ed economici – per dare all’Italia un futuro di benessere. Oggi ci sarebbe un estremo bisogno di analoghi segnali di novità . Soprattutto, ne servirebbero in una direzione che tutti, nel centrosinistra e non solo, indicano come prioritaria: la scuola, l’università , la ricerca. Partiti e schieramenti, Confindustria e sindacati, intellettuali e osservatori stranieri, su un punto concordano: la possibilità  che l’Italia scongiuri i rischi di un progressivo e presto inarrestabile declino passano in primo luogo per un rilancio forte delle politiche per l’educazione, la formazione, la conoscenza. Su questo terreno, infatti, siamo indietro, vistosamente indietro rispetto a gran parte dell’Europa: lo dicono i numeri – la percentuale dei diplomati e dei laureati sensibilmente più bassa della media europea, gli alti tassi di evasione dall’obbligo scolastico – e lo dicono fenomeni altrettanto oggettivi come la “fuga dei cervelli” (i laureati italiani “emigrati” sono quasi dieci volte i laureati stranieri presenti in Italia), o il numero sempre più piccolo di brevetti hi-tech registrati nel nostro paese. E poiché per competere nell’economia globale non potremo certo contare su bassi costi del lavoro – campo nel quale i paesi emergenti hanno, per fortuna nostra e loro, un vantaggio incolmabile – né tantomeno sull’abbondanza di materie prime, solo colmando il gap di “conoscenza” con gli altri paesi industrializzati – e puntando sulla soft economy, l’economia del made in Italy, della cultura e del territorio, anch’essa ad alto valore aggiunto di informazione – riusciremo a dare gambe sufficientemente forti e veloci alla nostra economia. Bene. Queste considerazioni persino banali sono condivise, a parole, da tutti. E allora sarebbe bello se nel governo Prodi toccasse a un grande leader politico – Fassino, D’Alema, Rutelli – vestire i panni, così delicati e così decisivi, di ministro dell’istruzione e dell’università .

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