Al termine dell’indagine conoscitiva su Kyoto, la Commissione Ambiente del Senato approva all’unanimità un documento sui cambiamenti climatici
Francesco Ferrante (Ulivo): energia, ambiente e innovazione tecnologica
sono i campi d’azione su cui l’Italia deve giocare la propria sfida
per ridurre le emissioni di gas serra
Un deciso cambio di passo sul fronte della produzione di energia puntando all’efficienza e all’utilizzo delle fonti rinnovabili, strategie che sono già oggi in grado di garantire margini di profitto più elevati agli operatori economici. Tutela e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio, che significa migliore qualità della vita e promozione del turismo e del Made in Italy. Ricerca e innovazione industriale che rappresentano per il mondo dell’impresa l’occasione di un nuovo sviluppo, di nuova competitività e anche di nuova occupazione.
Sono queste le sfide che l’Italia deve affrontare per giocare e vincere la partita della lotta ai cambiamenti climatici. Sfide su cui si incardina la relazione presentata dal senatore dell’Ulivo Francesco Ferrante e approvata all’unanimità dalla Commissione Ambiente del Senato in vista della Conferenza Nazionale sui Mutamenti Climatici che si terrà a settembre.
“Questa relazione è il frutto di una lunga serie di audizioni che la Commissione ha effettuato negli ultimi mesi, ascoltando scienziati, istituzioni, associazioni e i principali attori dell’industria energetica italiana con l’intento di arrivare a definire precise politiche da mettere in campo nella lotta ai cambiamenti climatici – ha spiegato Francesco Ferrante -. Ne è emerso uno scenario che vede l’Italia in pesante ritardo. Ritardo che può essere colmato solo con una drastica politica di riduzione delle emissioni che metta al centro la riconversione del sistema energetico nazionale puntando su risparmio e produzione da fonti rinnovabili. Insomma con gradualità ma con decisione occorre avviarsi verso l’uscita dall’era del fossile, riducendo drasticamente il ricorso alle fonti inquinanti. In questa prospettiva è del tutto insostenibile ogni aumento del carbone che è quella che produce più emissioni di gas serra”.
Un documento importante, dunque, che traccia il quadro della situazione a livello globale e nel nostro Paese e identifica le azioni da intraprendere subito per ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti e allinearsi agli obiettivi posti dal Protocollo di Kyoto.
Secondo la Commissione occorre predisporre un piano d’azione che possa contare su risorse concrete in Finanziaria e che preveda 7 punti qualificanti.
1. Piena attuazione del Protocollo di Kyoto anche attraverso l’adesione agli obiettivi europei: almeno il 20 per cento della produzione di energia con fonti rinnovabili; aumento del 20 per cento l’efficienza energetica rispetto alle proiezioni del 2020; riduzione del 20 per cento le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. Ovvero la riduzione vincolante del 20 per cento della produzione dei gas nocivi entro il 2020.
2. Il dettaglio delle misure concrete per realizzare la riduzione annua di 98 milioni di tonnellate di anidride carbonica che ci permetterebbe di raggiungere gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto.3. Piena attuazione all’Agenda di Lisbona, una strada che richiederà la predisposizione di adeguati strumenti di incentivazione, un corretto uso degli strumenti di mercato, in modo da permettere, da una parte di spostare l’onere fiscale, per esempio dalle tasse sul lavoro e sull’impresa a quelle sulle attività inquinanti, dall’altra di facilitare il reperimento di risorse per incoraggiare comportamenti virtuosi dal punta di vista ambientale, oltre che l’innovazione e la ricerca.4. Nelle politiche e nella Legge Finanziaria la questione ambientale in generale e la lotta ai mutamenti climatici in particolare dovranno avere un ruolo sempre più significativo. “Anche – sottolinea Ferrante – predisponendo sin dal prossimo documento di programmazione economico-finanziario un ‘Allegato Ambientale’, dedicato al rispetto dei vincoli posti dal Protocollo di Kyoto e alle politiche per l’ambiente e per lo sviluppo sostenibile”. 5. Nei trasporti un cambiamento radicale che incentivi finalmente il trasporto su ferro con gli adeguati investimenti sulle infrastrutture e nei servizi.
6. Incentivazione delle fonti rinnovabili attraverso l’estensione del conto energia attualmente previsto solo per il fotovoltaico, e con l’emanazione di linee guida nazionali che ne disciplinino e ne favoriscano la diffusione. 7. Utilizzo di ogni strumento, a partire da quello fiscale, per incentivare l’innovazione tecnologica e la ricerca, principalmente rivolte all’efficienza e al risparmio energetico. I Cambiamenti climatici non sono più uno scenario futuribile, ma una realtà attuale i cui effetti drammatici sono sotto gli occhi di tutti. Il mondo scientifico internazionale è oggi praticamente unanime nel riconoscere che la prima causa del surriscaldamento del pianeta negli ultimi 50 anni è di origine antropica. E se la responsabilità principale è delle emissioni di gas serra dei paesi ricchi, le ricadute più drammatiche paradossalmente colpiscono invece le popolazioni che non contribuiscono in alcun modo alle cause. Come quelle dell’Africa Sub-sahariana costrette dalla desertificazione, che produce malattie e povertà , ad abbandonare le proprie terre e dare vita al fenomeno dei profughi ambientali il cui rischio si stima riguardi 135 milioni di persone nel mondo. Ma l’aumento delle temperature significa anche scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello dei mari: oltre 1.000 chilometri di coste italiane sono a rischio inondazione, in Bangladesh, se il mare si alzasse di mezzo metro, 34 milioni di persone sarebbero costretti a spostarsi, rischio talmente reale che la vicina India sta già fortificando la propria frontiera per prepararsi all’impatto di una così massiccia migrazione.
Secondo lo studioso Wolfgang Sachs, sentito dalla Commissione, i cambiamenti climatici stanno diventando anche una minaccia per la sicurezza, sia interna che internazionale: conflitti sociali, disordini, violenze guerre potranno in futuro trovare la loro origine proprio dalle emergenze ambientali. C’è poi il significativo, e per fortuna sempre più centrale, tema degli effetti economici: il rapporto Stern (commissionato dal governo britannico nell’ottobre scorso) stima che se non si metteranno in moto politiche efficaci per contrastare l’effetto serra, i costi complessivi annui saranno pari a una perdita del 5% del PIL lordo mondiale. Percentuale che sale al 20% se si considera una più ampia gamma di rischi e impatti. Insomma, se da un lato la lotta ai cambiamenti climatici è considerata una ineluttabile priorità per la maggioranza degli Stati, a livello internazionale ci sono ancora grossi ostacoli: primo tra tutti, il rifiuto del governo Usa di sottoscrivere il protocollo di Kyoto. Ma anche in Europa non tutti i Paesi hanno le carte in regola.
Ci sono paesi, come la Germania, la Gran Bretagna e la Francia che hanno quasi, o già completamente, raggiunto i propri obiettivi di riduzione delle emissioni. Ma ci sono casi, tra cui quello dell’Italia, che fanno segnare un grave ritardo. Occorre ricordare che il nostro Paese a oggi, anziché diminuire, ha incrementato la quota di emissioni di anidride carbonica. Dal 1990 ha fatto registrare un +12,1% a fronte di un impegno a ridurre del 6,5% entro il 2012. Il che significa 582.200 milioni di tonnellate annue di gas climalteranti emessi in atmosfera, in larga parte attribuibili al settore della produzione di energia. La Commissione Europea ha recentemente accettato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 (PNA) chiedendo però uno sforzo ulteriore che ci porti ad aggiungere tagli per il 6,3% rispetto a quanto previsto dal Piano.