Comunicati

Ecodem: “Il nucleare di Berlusconi è un bluff”

“Con l’approvazione dell’articolo riguardante l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, tra l’altro non autonoma e senza adeguate risorse, il Senato ha completato l’esame delle norme inerenti e compiuto un primo passo verso il ‘ritorno al nucleare’, una vera fissazione ideologica di Berlusconi e Scajola”: questo il commento di Francesco Ferrante, esponente Ecodem. al provvedimento adottato oggi, mercoledì 13 maggio, da Palazzo Madama
 

“Un complesso, quello delle norme sul nucleare, contro cui si è battuto l’intero Gruppo del Pd al Senato, – continua Francesco Ferrante – in cui sono presenti elementi di dubbia costituzionalità . Viene rafforzato il centralismo dello Stato e le Regioni e gli enti locali sono espropriati dei loro poteri; si ricorre all’uso dell’esercito  per consentire la costruzione delle centrali; si affida inspiegabilmente al Cipe la scelta del tipo di impianti. Senza dimenticare l’abuso di potere: come altrimenti si potrebbe giustificare il commissariamento della Sogin proprio nel momento in cui questa società  aveva finalmente avviato le procedure di decomissioning del vecchio nucleare, e lo stravolgimento del ruolo dell’Enea?”
 

“Va poi aggiunto che è stato predisposto il rinvio di sei mesi sulla delega al governo per la localizzazione delle centrali, inizialmente prevista per giugno e rimandandola a dopo l’approvazione complessiva del provvedimento. Questo rinvio è però anche una chiave per capire quale è la reale strategia del centrodestra: continuare ad agitare una bandiera ideologica, quella del ‘ritorno al nucleare’, – sottolinea Francesco Ferrante – con la falsa promessa che questo consentirebbe una riduzione del prezzo dell’energia, senza però procedere alla effettiva costruzione di una centrale che inevitabilmente farebbe perdere consensi sul territorio”.
 

“Si spiegano così le promesse di Berlusconi e Scajola nella recente campagna elettorale in Sardegna, in cui assicuravano ‘mai una centrale nucleare in Sardegna’ o quelle di analogo tenore in Abruzzo e ancora l’intervento del Sottosegretario Urso oggi nell’aula del Senato in cui l’esponente di governo si affrettava a smentire le ipotesi di localizzazione apparse oggi sul quotidiano Repubblica. Insomma molte chiacchiere e grande perdita di tempo e risorse che molto più utilmente si dovrebbero impiegare nelle strade seguite dagli altri paesi: fonti rinnovabili, risparmio energetico, ricerca scientifica, anche sul nuovo nucleare,e non certo pensando di costruire tra qualche anno centrali di vecchia concezione, pericolose e per cui non si è risolto il problema fondamentale dello smaltimento delle scorie”.
 

“Non c’è niente da fare – conclude l’esponente Ecodem – il governo Berlusconi è l’unico esecutivo ancora sordo alle esigenze dell’ambiente e dell’innovazione tecnologica, che possono rappresentare anche una risposta efficace alla crisi economica mondiale. Secondo uno studio recente di Hsbc infatti, uno dei maggiori gruppi bancari del mondo, nell’Unione europea oltre metà  delle risorse pubbliche anticrisi sono finalizzate all’innovazione energetico ambientale, mentre in Cina la percentuale è del 37 per cento e negli Stati Uniti è di quasi il 15 per cento. Bene, anzi male, perché in Italia solo l’1 per cento dei fondi pubblici anticrisi è stato impegnato in questa direzione”.

Le nuove cariche istituzionali del Kyoto Club sulla linea della “new green economy”

Il Kyoto Club ha rinnovato le cariche istituzionali nel corso dell’Assemblea annuale dei Soci che si è svolta lo scorso 8 maggio 2009 alla Fiera di Verona nell’ambito della manifestazione Solarexpo & Greenbuilding.
Catia Bastioli è stata nominata nuovo Presidente dell’associazione. Gianluigi Angelantoni e Francesco Ferrante sono i due nuovi Vice Presidenti.
La dottoressa Catia Bastioli, Presidente di Kyoto Club per i prossimi tre anni, è attualmente amministratore delegato di Novamont SpA. Ha ricevuto il prestigioso riconoscimento internazionale “Inventore Europeo dell’Anno 2007”, nella categoria Piccole e Medie Imprese per una serie di brevetti depositati negli anni 1992-2001, che hanno consentito la realizzazione delle prime bioplastiche da fonti rinnovabili di origine agricola, oggi entrate nel mercato. Famoso è il Mater-Bi, realizzato a partire dall’amido di mais, grano e patata, prodotto nello stabilimento di Terni.
“Sono molto onorata di essere stata investita di questo incarico”, ha detto Catia Bastioli e accennando alla sua idea di new green economy ha spiegato ai margini dell’Assemblea del Kyoto Club, che “la sfida prioritaria del nostro millennio sta nel ricercare modelli di sviluppo in grado di conservare le risorse del pianeta preservando e aumentando la qualità  della vita dei suoi abitanti.” “Si tratta di passare da un’economia di prodotto ad una economia di sistema – ha spiegato –  un salto culturale verso una sostenibilità  economica e ambientale che deve interessare l’intera società  e partire dalla valorizzazione del territorio e dalla collaborazione dei diversi interlocutori.”
In relazione al ruolo e al futuro compito dell’associazione di cui è diventata presidente, ha detto: “Il Kyoto Club può dare un grande contributo in questa direzione approfondendo le conoscenze disponibili nei vari settori dell’economia sostenibile, mettendole in rete, supportando lo sviluppo di standard stringenti di qualità  nei diversi settori applicativi rilevanti per l’abbattimento degli impatti, favorendo i progetti di integrazione di diverse conoscenze e culture per massimizzare la competitività  delle filiere integrate, promuovendo casi studio sul territorio e la loro rappresentazione a livello europeo, aiutando la formazione di uomini in grado di crescere in conoscenze tecniche, saggezza e lungimiranza.” 
Uno dei due nuovi Vice Presidenti è il dottor Gianluigi Angelantoni, amministratore delegato del gruppo Angelantoni Industrie SpA, società  di Massa Martana (PG), che dal 2003 ha iniziato un percorso di successo nella filiera del solare termodinamico con la società  Archimede Solar Energy, oggi polo di eccellenza nella produzioni di tubi ricevitori solari, anche diretti all’esportazione.
“Come imprenditore impegnato nello sviluppo di una tecnologia operante nell’energia rinnovabile, sono certo che è possibile coniugare le logiche di profitto aziendale con uno sviluppo sostenibile, teso alla salvaguardia dell’ambiente, che può divenire il motore della ripresa economica e di superamento della crisi”, ha riferito Angelantoni.
Il nuovo Vice Presidente del Kyoto Club ha spiegato dove esistono ancora alcune barriere da superare: “Dalla mia prospettiva, osservo che l’evoluzione del settore energetico non è più legata esclusivamente alla tecnologia o ai costi di produzione, ma da politiche che non riescono ad adattarsi, con la stessa velocità , alle innovazioni del settore delle energie rinnovabili.”
In merito alla nomina a Vice Presidente del Kyoto Club ha detto: “c’è grande soddisfazione per questo nuovo incarico, in una realtà  che gode di premesse uniche per apportare un contributo prezioso ai dibattiti aventi per oggetto politiche di intervento, mirate e incisive, nel settore energetico-ambientale.”
Completa il quadro della Vice Presidenza del Kyoto Club il dottor Francesco Ferrante, componente della Segreteria Nazionale di Legambiente e ambientalista di lungo corso, oltre che attento conoscitore delle tematiche energetiche.
“Il Kyoto Club è nato prima ancora che il protocollo di Kyoto entrasse in vigore. E’ stata una scommessa per molte realtà , imprenditoriali e associative, che sulla sostenibilità  e sull’innovazione tecnologica hanno voluto scommettere prima di altri”, ha detto Ferrante.
Anche lui traccia una linea d’azione per il futuro dell’associazione: “Oggi alla vigilia di Copenhagen, dove il mondo auspicabilmente farà  un ulteriore passo avanti oltre Kyoto, ma anche nel pieno della crisi economica, il Kyoto Club rappresenta la punta avanzata di quella parte del nostro sistema economico che ha deciso di puntare proprio sulla “green economy” per affrontare le sfide di questa epoca”.
“Nei prossimi mesi ci impegneremo perché questa sfida sia finalmente raccolta anche dai decisori politici che – ha aggiunto – nel nostro Paese hanno sempre mostrato ritardi, che ormai non possono essere più accettati”.

Si salva Porto Tolle, si inquina l’Italia

Solo due settimane fa, dalle pagine di questo giornale, avevamo suonato un campanello d’allarme sulle concrete scelte energetiche di governo e maggioranza. Alla Camera, in uno dei soliti provvedimenti “monstre” con cui usa governare Berlusconi (decreti e collegati vengono gonfiati all’inverosimile con emendamenti su materie di ogni genere, anche del tutto estranei al titolo originario; poi si chiede la fiducia in barba agli appelli del Capo dello Stato o del Presidente della Camera, quello del Senato resta invece silente), era stato inserito un comma per cui – andando ben oltre i limiti costituzionali – si prevedeva esplicitamente che in caso di riconversioni a carbone di centrali termoelettriche si può non tenere conto di legislazioni limitanti regionali o nazionali. Era una norma ad hoc per la riconversione della centrale di Porto Tolle, bloccata in Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale perché una legge della Regione Veneto, quella istitutiva del Parco Regionale del Delta del Po, vieta che una centrale ricadente all’interno del Parco possa essere riconvertita ricorrendo a un combustibile più inquinante. Come prevedevamo in quell’articolo, grazie a tale comma la Commissione Via del Ministero dell’Ambiente ha concesso il suo via libera, sebbene alcuni commissari indipendenti, pochi a dire il vero, abbiamo ricordato nell’occasione che il parere tecnico che ci si accingeva a dare non teneva minimamente in conto l’aumento delle emissioni di CO2 che il carbone comporta, né il quasi certo incremento delle concentrazioni di polveri in Pianura Padana come effetto secondario degli inquinanti emessi dalla centrale (concentrazioni già  elevatissime, per le quali l’Italia ha ricevuto un “warning” adll’Unione Europea). Di tutto questo, però il governo se ne frega. Resta solo una speranza per fermare questa nefasta riconversione: che la Regione Emilia Romagna – o anche un’altra Regione italiana – accolga l’appello rivolto dalle associazioni ambientaliste Legambiente e Greenpeace e dalla stessa Provincia di Ferrara per un ricorso alla Corte Costituzionale contro una norma palesemente illegittima. Qualche giorno fa sul Corriere della Sera questa storia è stata raccontata come un ennesimo conflitto ambiente-lavoro, di quelli che si consumavano dieci o vent’anni fa con gli “ambientalisti” e gli “operai” su opposte barricate. Lettura davvero un po’ stantia. Mentre in tutto il mondo governi, imprese, sindacati spingono sulle nuove tecnologie ambientali, sulla “green economy”, sulle fonti rinnovabili e sul risparmio energetico, come mezzi per creare posti di lavoro, promuovere uno sviluppo durevole e sostenibile, fronteggiare la recessione, qui da noi c’è ancora chi pensa che costruire una mega-centrale inquinante salvando momentaneamente qualche centinaio di posti di lavoro, sia più vantaggioso, in termini economici e occupazionali, che scommettere sull’energia del futuro.

Il Governo inglese, che certo non è tacciabile di sindrome nimby o di estremismo ambientalista, ha di recente emanato una norma per cui la costruzione di nuove centrali a carbone o il potenziamento di quelle vecchie è ammesso solo se i nuovi impianti o quelli accresciuti realizzano il sequestro nel sottosuolo dell’anidride carbonica emessa: tecnologia certo promettente su cui si stanno svolgendo sperimentazioni in tutto il mondo (anche in Italia Eni, Enel, Enea sono impegnate su questo fronte) ma che sarà  disponibile non prima di qualche anno. Dunque il Regno Unito decide per ora di dare lo stop al carbone, scelta peraltro obbligata se si vogliono ridurre le emissioni di anidride carbonica come richiesto ai Paesi industrializzati dal Protocollo di Kyoto e dagli accordi europei. In Italia nel 2008 le emissioni sono diminuite, per effetto della crisi che ha ridotto i consumi e anche grazie agli incentivi alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico introdotti dal Governo Prodi: ma il nostro Paese resta lontanissimo dagli obiettivi di riduzione per i quali ci siamo impegnati. Basti dire che un anno ci eravamo dati come tetto massimo di emissioni 211,4 milioni di tonnellate di CO2 nei settori cosiddetti Ets, cioè essenzialmente nei settori termoelettrico, della raffinazione, manifatturiero. Solo il manifatturiero ha fatto il suo dovere, anche perché in quanto esposto alla concorrenza ha tutto da guadagnare da comportamenti virtuosi sul piano energetico-ambientale che si risolvono in una maggiore efficienza produttiva; invece il termoelettrico ha sforato il suo tetto di oltre 10 milioni di tonnellate, di cui 7,5 milioni di tonnellate dovute proprio al carbone!

Insomma non abbiamo rispettato i nostri impegni europei e mondiali principalmente per colpa del carbone. E cosa fa il Governo? Autorizza la riconversione a carbone di Porto Tolle e ora al Senato, nel famigerato disegno di legge 1195 – quello dove c’ anche il rilancio tutto ideologico del nucleare – inserisce un comma che estende “erga-omnes”, per tutte le centrali a carbone, la norma “salva Porto Tolle”. Il Partito Democratico e noi ecologisti democratici ci siamo opposti e ci continueremo ad opporre in Parlamento a questa follia, speriamo che il Governo prima o poi rinsavisca e che magari le frequentazioni internazionali convincano i nostri ministri a cambiare rapidamente rotta.

 

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

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