Comunicati

Denunciaci tutti

Un gesto di disobbedienza civile: pubblico le dieci domande che Repubblica rivolge quotidianamente a Berlusconi, invitando il premier a denunciare anche a me

1.      Quando e come Berlusconi ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio?

2.      Nel corso di questa amicizia, che il premier dice «lunga», quante volte si sono incontrati e dove e in quale occasioni?

3.      Ogni amicizia ha una sua ragione, che matura soprattutto nel tempo e in questo caso – come ammette anche Berlusconi – il tempo non è mancato. Come il capo del governo descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia?

4.      Naturalmente il presidente del Consiglio discute le candidature del suo partito con chi vuole e quando vuole. Ma è stato lo stesso Berlusconi a dire che non si è occupato direttamente della selezione dei candidati, perché farlo allora con Letizia, peraltro non iscritto né militante né dirigente del suo partito né cittadino particolarmente influente nella società  meridionale?

5.      Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?

6.      Quante volte Berlusconi ha avuto modo di incontrare Noemi e dove?

7.      Berlusconi si occupa dell’istruzione, della vita e del futuro di Noemi. Sostiene finanziariamente la sua famiglia?

8.      E’ vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l’accesso alla scena politica e questo «uso strumentale del corpo femminile», per il premier, non «impoverisce la qualità  democratica di un paese» come gli rimproverano personalità  e istituzioni culturali vicine al suo partito

9.    Veronica Lario ha detto che il marito «frequenta minorenni». Al di là  di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra o «alleva», per usare senza ironia un’espressione della ragazza di Napoli?

10. Veronica Lario ha detto: «Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile». Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell’Università  di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l’esito di «una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità ». Quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?
 

Sacchetti di plastica: rinviato il divieto di produzione nonostante le richieste di mercato e consumatori


  

“Ancora una volta Berlusconi cancella o rinvia l’entrata in vigore di una norma a sostegno dell’ambiente e che favorisce la competitività  dell’industria più innovativa”: questo il commento di Francesco Ferrante, dell’esecutivo nazionale degli Ecodem sul il rinvio di un anno dell’entrata in vigore del divieto di produzione e commercializzazione dei sacchetti di plastica, introdotto nel decreto anticrisi sul quale la Camera dei Deputati voterà  la fiducia nei prossimi giorni.
 

“Quel divieto che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2010 – prosegue – fu introdotto con la Finanziaria 2007 con tre anni di anticipo proprio per dare il tempo all’industria chimica di riconvertirsi e adeguarsi agli standard più innovativi che la ricerca e proprio l’industria italiana hanno prodotto realizzando sacchetti in plastica biodegradabile provenienti dal mais”.
 

“il governo però non ha fatto ancora niente, non ha avviato la sperimentazione che avevamo previsto nella stessa norma e non trova di meglio da fare che sospendere l’entrata in vigore del divieto alla vigilia. Per fortuna il mercato e le richieste dei consumatori stanno andando spontaneamente in quella direzione: le industrie innovative godono di sempre maggior successo e aumentano le produzioni di sacchetti ‘ecologici’. Tra industria e agricoltura crescono anche accordi innovativi di filiera per realizzare sul territorio vere e proprie ‘bioraffinerie’, e anche le grandi catene di supermercati si stanno attrezzando per offrire volontariamente ai consumatori alternative alla plastica inquinante”
 

“Un governo lungimirante – conclude Francesco Ferrante – dovrebbe sostenere questi sforzi in modo da contribuire alla difesa dell’ambiente e rafforzare la capacità  competitiva del nostro paese senza nascondersi dietro un’inutile e controproducente proroga. Basti pensare che un sacchetto di plastica disperso nell’ambiente impiega oltre 400 anni per distruggersi mentre il nuovo shopper biodegradabile pochi mesi. Nel corso del 2008 in Italia si sono prodotti 300 mila tonnellate di buste in plastica: l’equivalente di 430mila tonnellate di petrolio e si stima che la Co2 emessa in atmosfera derivante da tale produzione sia di circa 200mila tonnellate annue”.

Incentivi alle rinnovabili, ma per le rinnovabili

Pubblicato sul portale AgiEnergia

Sono sostenibili i costi che la collettività  sostiene per incentivare il ricorso alle fonti rinnovabili, indispensabili per combattere i cambiamenti climatici e per promuovere quella green economy che a livello internazionale viene vista come strada fondamentale per affrontare la crisi economica? Intanto facciamo un po’ di chiarezza su quanto spendiamo oggi. Nel 2008 gli oneri Cip 6 scaricati sulle nostre bollette ammontavano a 1,8 miliardi di euro. Ma se andiamo a vedere dentro quei numeri, scopriremo che per le fonti effettivamente rinnovabili (geotermia, solare, eolico) si sono spesi poco più di 200 milioni, mentre invece se ne sono “regalati” ai petrolieri che bruciano combustibili fossili ben 800 milioni grazie alla trovata tutta italiana delle “assimilate” per cui per anni abbiamo concesso a fonti non rinnovabili gli stessi incentivi che in tutta Europa erano destinati esclusivamente alle fonti pulite. Questa “truffa” l’avremmo fermata con la prima finanziaria del governo Prodi, quella del 2007, con una norma che finalmente riallineava il nostro Paese agli altri paesi europei cancellando le “assimilate”. Bisogna però usare il condizionale perché se è vero che il regalo ai petrolieri sta finendo e quegli 800 milioni in futuro resteranno giustamente nelle tasche dei cittadini, successivamente a quel dicembre 2006,  più volte la lobby degli inceneritoristi ha provato a salvare gli oltre 700 milioni che attualmente si spendono per gli RSU che invece andrebbero concessi solo per la parte dei rifiuti biodegradabile (al massimo il 50%). Con questo Governo quegli assalti sono andati a buon fine almeno per gli inceneritori che si dovrebbero costruire in Campania e in Sicilia e comunque le proroghe sono sempre in agguato. La prima cosa quindi che si dovrebbe fare affinché i cittadini  non paghino in tariffa costi davvero impropri sarebbe quella di impedire che in Parlamento vincessero le lobby e che non si modifichi più quella norma – faccio peraltro notare che in tutta Europa si bruciano rifiuti per recuperare energia senza usufruire di incentivi. Quindi nel 2008 i costi che abbiamo sostenuto per le vere rinnovabili considerando anche i 110 milioni per il “conto energia” dedicato al fotovoltaico e i 400 per i certificati verdi – restano al di sotto di 1 miliardo di euro, meno di quanto abbiamo speso per sostenere i profitti di aziende petrolifere e di quelle impegnate nello smaltimento dei rifiuti!
Per il futuro è comunque corretto pensare a una riduzione degli incentivi. Essendo stato autore insieme a Edo Ronchi della riforma delle incentivazioni, nella finanziaria del 2008, ovviamente difendo la scelta di allora, utile per far finalmente “partire” le rinnovabili in questo Paese. E così è stato: siamo arrivati a 500 Mw di solare fotovoltaico istallato e l’anno scorso abbiamo prodotto oltre 6 Twh di energia elettrica con il vento. Insomma quegli incentivi sono stati il volano giusto, ora si possono però riallineare con quelli previsti negli altri paesi Europei, magari contemporaneamente assicurando che le linee guida per le rinnovabili, in gestazione tra il Ministero dell’Ambiente, quello dello Sviluppo Economico e quello dei Beni Culturali  da oltre 10 anni, vengano finalmente partorite e costringendo le Regioni (come prevede la legge) a darsi obiettivi vincolanti nella produzione di energia da rinnovabili in  modo che gli obiettivi al 2020 possano davvero essere raggiunti.

In questo quadro per cui, se non si legifera allegramente sulle assimilate e se il Governo riduce con giudizio gli incentivi per le rinnovabili, i 7 miliardi di spese paventati dall’Autorità  per il futuro sono un rischio che non correremo, non credo abbia senso spostare quegli oneri dalla tariffa elettrica alla fiscalità  generale: peraltro in nessun Paese europeo dove il meccanismo funziona si è scelta quella strada. Due i motivi fondamentali per cui è meglio rimanere con questo sistema: il primo è quello per cui così internalizziamo i costi e i cittadini sanno con un meccanismo trasparente (la tariffa A3) che quelli sono i costi che stanno sostenendo per quella causa, il secondo, molto più pratico, è che così quelle risorse non sono a disposizione del Ministro del Tesoro di turno che, in periodi di crisi , o per scelte “politiche” contingenti, potrebbe avere la tentazione di toglierle, ridurle, fissare tetti che vanificherebbero tutto il meccanismo. Ovviamente però potrebbero essere apportate utili correzioni a quel meccanismo: esentare dall’IVA il costo che in bolletta si sostiene per incentivare le rinnovabili e spostare sulla fiscalità  generale altri oneri di sistema, quali ad esempio il decomissioning nucleare, che attualmente pesano impropriamente sulle nostre bollette, sarebbero ad esempio interventi auspicabili e che si potrebbero prendere immediatamente.

Francesco Ferrante

 

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