Pubblicato sul portale AgiEnergia
Sono sostenibili i costi che la collettività sostiene per incentivare il ricorso alle fonti rinnovabili, indispensabili per combattere i cambiamenti climatici e per promuovere quella green economy che a livello internazionale viene vista come strada fondamentale per affrontare la crisi economica? Intanto facciamo un po’ di chiarezza su quanto spendiamo oggi. Nel 2008 gli oneri Cip 6 scaricati sulle nostre bollette ammontavano a 1,8 miliardi di euro. Ma se andiamo a vedere dentro quei numeri, scopriremo che per le fonti effettivamente rinnovabili (geotermia, solare, eolico) si sono spesi poco più di 200 milioni, mentre invece se ne sono “regalati” ai petrolieri che bruciano combustibili fossili ben 800 milioni grazie alla trovata tutta italiana delle “assimilate” per cui per anni abbiamo concesso a fonti non rinnovabili gli stessi incentivi che in tutta Europa erano destinati esclusivamente alle fonti pulite. Questa “truffa” l’avremmo fermata con la prima finanziaria del governo Prodi, quella del 2007, con una norma che finalmente riallineava il nostro Paese agli altri paesi europei cancellando le “assimilate”. Bisogna però usare il condizionale perché se è vero che il regalo ai petrolieri sta finendo e quegli 800 milioni in futuro resteranno giustamente nelle tasche dei cittadini, successivamente a quel dicembre 2006, più volte la lobby degli inceneritoristi ha provato a salvare gli oltre 700 milioni che attualmente si spendono per gli RSU che invece andrebbero concessi solo per la parte dei rifiuti biodegradabile (al massimo il 50%). Con questo Governo quegli assalti sono andati a buon fine almeno per gli inceneritori che si dovrebbero costruire in Campania e in Sicilia e comunque le proroghe sono sempre in agguato. La prima cosa quindi che si dovrebbe fare affinché i cittadini non paghino in tariffa costi davvero impropri sarebbe quella di impedire che in Parlamento vincessero le lobby e che non si modifichi più quella norma – faccio peraltro notare che in tutta Europa si bruciano rifiuti per recuperare energia senza usufruire di incentivi. Quindi nel 2008 i costi che abbiamo sostenuto per le vere rinnovabili – considerando anche i 110 milioni per il “conto energia” dedicato al fotovoltaico e i 400 per i certificati verdi – restano al di sotto di 1 miliardo di euro, meno di quanto abbiamo speso per sostenere i profitti di aziende petrolifere e di quelle impegnate nello smaltimento dei rifiuti!
Per il futuro è comunque corretto pensare a una riduzione degli incentivi. Essendo stato autore insieme a Edo Ronchi della riforma delle incentivazioni, nella finanziaria del 2008, ovviamente difendo la scelta di allora, utile per far finalmente “partire” le rinnovabili in questo Paese. E così è stato: siamo arrivati a 500 Mw di solare fotovoltaico istallato e l’anno scorso abbiamo prodotto oltre 6 Twh di energia elettrica con il vento. Insomma quegli incentivi sono stati il volano giusto, ora si possono però riallineare con quelli previsti negli altri paesi Europei, magari contemporaneamente assicurando che le linee guida per le rinnovabili, in gestazione tra il Ministero dell’Ambiente, quello dello Sviluppo Economico e quello dei Beni Culturali da oltre 10 anni, vengano finalmente partorite e costringendo le Regioni (come prevede la legge) a darsi obiettivi vincolanti nella produzione di energia da rinnovabili in modo che gli obiettivi al 2020 possano davvero essere raggiunti.
In questo quadro per cui, se non si legifera allegramente sulle assimilate e se il Governo riduce con giudizio gli incentivi per le rinnovabili, i 7 miliardi di spese paventati dall’Autorità per il futuro sono un rischio che non correremo, non credo abbia senso spostare quegli oneri dalla tariffa elettrica alla fiscalità generale: peraltro in nessun Paese europeo dove il meccanismo funziona si è scelta quella strada. Due i motivi fondamentali per cui è meglio rimanere con questo sistema: il primo è quello per cui così internalizziamo i costi e i cittadini sanno con un meccanismo trasparente (la tariffa A3) che quelli sono i costi che stanno sostenendo per quella causa, il secondo, molto più pratico, è che così quelle risorse non sono a disposizione del Ministro del Tesoro di turno che, in periodi di crisi , o per scelte “politiche” contingenti, potrebbe avere la tentazione di toglierle, ridurle, fissare tetti che vanificherebbero tutto il meccanismo. Ovviamente però potrebbero essere apportate utili correzioni a quel meccanismo: esentare dall’IVA il costo che in bolletta si sostiene per incentivare le rinnovabili e spostare sulla fiscalità generale altri oneri di sistema, quali ad esempio il decomissioning nucleare, che attualmente pesano impropriamente sulle nostre bollette, sarebbero ad esempio interventi auspicabili e che si potrebbero prendere immediatamente.
Francesco Ferrante