Comunicati

Indonesia: un’attivista di Greenpeace e un giornalista dell’Espresso vittime di uno stato di polizia. Intervenga Frattini

“Il ministro Frattini si attivi immediatamente presso la rappresentanza diplomatica italiana in Indonesia, affinchè sia data tutta l’assistenza necessaria ai nostri concittadini, tra i quali la responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia Chiara Campione e il giornalista  Raimondo Bultrini, fermati dalla polizia indonesiana mentre si recavano al “Campo di resistenza forestale” nella penisola di Kampar, dove è in corso un’azione di protesta contro la deforestazione.” – lo ha detto, intervenendo in Aula al Senato il sen. Francesco Ferrante (Pd), illustrando un’interrogazione urgente al ministro degli Esteri. 

“ E’ in atto una grave violazione dei diritti civili, perché gli esponenti di Greenpeace, che non hanno nemmeno preso parte alle precedenti azioni dimostrative, sono stati messi in stato di fermo e sottoposti ad ispezioni corporali. I nostri concittadini, in Indonesia a manifestare per difendere uno degli ultimi polmoni del pianeta, sono vittime di un trattamento da stato di polizia che richiede  una urgente presa di  posizione ufficiale da parte del nostro governo. Chiediamo dunque che il ministro Frattini intervenga immediatamente perché i nostri concittadini ricevano tutto il sostegno necessario e vengano al più presto rilasciati.”

Dalle notizie in nostro possesso – ha continuato Ferrante – ci sembra infatti di capire che i due nostri concittadini sono stati privati del passaporto dalle forze di polizia indonesiane e stanno per essere espulsi da quel Paese. Sembra che l’ambasciata italiana si stia adoperando per assicurare l’incolumità  dei nostri due concittadini e questo va bene. Ritengo, però, che sia del tutto insopportabile – ed è questa la ragione per cui mi permetto di intervenire affinché suo tramite, signora Presidente, giunga la notizia in tempo reale al nostro Governo – che dei nostri concittadini (ripeto: un giornalista e un’attivista di un’organizzazione ambientalista) vengano espulsi da un Paese e privati dei propri diritti soltanto perché erano andati a verificare la situazione delle foreste”.

Emma Bonino , presidente di turno dell’Assemblea, ha assicurato che la Presidenza del Senato avrebbe sollecitato risposta all’interrogazione

Quanti altri morti per avere Dl su dissesto idrogeologico?

“Ieri ennesimo stop del governo a Bertolaso e Prestigiacomo”

“Non è bastata l’ennesima tragedia, la levata di scudi di Bertolaso e il richiamo alla linea della responsabilità  del presidente Napolitano per mandare in porto il decreto legge da un miliardo di euro per la difesa del suolo. In un anno, il 2009, denso di tragedie e morti causate dal profondo dissesto idrogeologico in cui versa  il nostro Paese, il ministro Prestigiacomo incassa l’ennesimo, gravissimo, nulla di fatto in Consiglio dei Ministri. Quanti altri morti ci vorranno prima che il governo Berlusconi si decida a trovare le risorse per un programma serio e urgente di messa in sicurezza del territorio?”. Lo dicono i senatori del Partito democratico Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Ieri mattina – proseguono i due senatori ecodem –  dopo tanti tentennamenti, pareva cosa fatta l’approvazione del decreto legge, tanto da spingere il principale giornale economico italiano a parlare di ‘evitata figuraccia e accusa di irresponsabilità ’. Dopo l’alluvione in Piemonte della scorsa primavera – sottolineano i senatori ecodem –  e le recenti tragedie di Messina e Ischia, quest’anno gli italiani hanno pienamente compreso quale sia il rischio permanente che si corre, quale  prezzo sta pagando il nostro Paese per aver devastato il territorio con enormi e incontrollate colate di cemento. Invece – proseguono Della Seta e Ferrante – i cittadini italiani assistono alla distribuzione, da parte del Cipe, di fondi per ogni genere di opere mentre al piano per la difesa del suolo spetta ancora il ruolo della cenerentola. L’Italia non può più aspettare: è necessaria una forte assunzione di responsabilità  e una chiara volontà  politica, destinando alla manutenzione del suolo le necessarie risorse. Senza disperderle in mille rivoli o, peggio, utilizzarle per opere faraoniche dalla dubbia utilità .” – concludono Ferrante e Della Seta.

Giustizia: il “processo breve” la nega ai carcerati, e in prigione si continua a morire

“Ogni anno muoiono nelle carceri mediamente 150 persone per cause che non sono sempre certe, ma che anzi, come nei recenti e noti fatti di cronaca, sollevano serissimi dubbi. Cucchi, Saladino, Bianzino, detenuti in vari istituti del nostro Paese, non sono i primi a morire in situazioni poco chiare in un penitenziario e, se il sistema carcerario non cambia, probabilmente non saranno gli ultimi. Ma col ‘processo breve’ il Governo ha pronta la legge che tra l’altro nega giustizia proprio ai detenuti ”. Lo dice il senatore Francesco Ferrante(Pd), reannunciando un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia.
“Il caso del povero Stefano Cucchi – dice ancora Ferrante – ha acceso i riflettori sulle morti sospette che avvengono tra le mura di un carcere, che secondo il dossier di Ristretti Orizzonti ‘Morire di carcere’, sono dal 2000 ad oggi 1531, di cui un terzo classificate sotto la dicitura ‘cause da accertare’. Il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria afferma che vi è una discrepanza tra questi dati e quelli in suo possesso, mentre sono inconfutabili le cifre che lo stesso Dap fornisce sulle presenze in carcere: 65.416 persone sono attualmente detenute negli istituti di pena italiani, il maggior sovraffollamento dal dopoguerra ad oggi, un numero che supera di ben 2000 unità  il limite di tollerabilità . Nel frattempo – continua Ferrante – il numero dei detenuti va aumentando e ci si avvicina inesorabilmente a quello che il Dap ritiene il punto di caduta: quota 70mila detenuti. Tutto questo – aggiunge il senatore Pd – in vista del piano carceri più volte annunciato da Alfano. In questo contesto di vera e propria emergenza il Paese assiste al tentativo della maggioranza di varare la legge Gasparri – Quagliariello sul ‘processo breve’ che dovrebbe abbreviare a sei anni complessivi la durata dei processi. Nelle intenzioni della maggioranza, se l’imputato è incensurato e il primo grado supera i due anni, il giudizio decade; se non si sono commessi reati prima, o semplicemente non si è stati colti in flagranza, in due anni dunque si archivia tutto. Tutto ciò con buona pace del diritto alla precedenza che spetterebbe agli imputati già  detenuti, che dividono celle da due con quattro, sei persone o più, e degli agenti penitenziari sottoposti a difficilissime condizioni lavorative perché impegnati con un drammatico soprannumero di detenuti.” – conclude Ferrante.

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