Comunicati

Il mondo decide, l’Italia lo ignora

Siamo un Paese “extra-territoriale”. Mentre nel mondo per quindici giorni la Conferenza sul clima di Copenaghen ha occupato stabilmente le aperture di giornali e telegiornali, ha invaso le dichiarazioni dei politici, ha mobilitato l’attenzione dei principali decisori economici, da noi l’informazione, la politica, le grandi imprese hanno fatto finta di niente, come se il problema le sfiorasse appena, e quando hanno detto o scritto su Copenhagen spesso hanno mostrato una desolante incapacita di entrare nel merito delle questioni su cui si stanno giocando l’andamento e l’esito del vertice.

La misura di questa nostra “alterità ” è sia quantitativa che qualitativa.

Per esempio, com’è possibile che l’ormai celeberrimo “omicidio di Garlasco”, cioè un caso giudiziario come ce ne sono centinaia ogni anno, diventi con l’assoluzione dell’imputato il tema obbligato di tutti i talk-show e gli approfondimenti televisivi e la prima notizia sui più autorevoli quotidiani d’informazione, mentre Tg1 e Tg2 dedicano al summit sul clima due minuti a fine telegiornale?

In alcuni casi, la distratta sottovalutazione dell’evento danese ha prodotto effetti paradossali. Così, la Repubblica ieri ha affibbiato all’ottimo resoconto da Copenhagen di Antonio Cianciullo un titolo (“Copenhagen verso il flop”) che dice l’esatto contrario di ciò che scrive lo stesso Cianciullo. E così, sempre ieri l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti non un passante ma il capo di una delle più importanti industrie energetiche europee ha dichiarato testualmente che la Conferenza è avviata al fallimento perche non ha coinvolto le imprese: ora, a parte la previsione che sembra piuttosto un auspicio (Enel guida da tempo insieme a Confindustria il fronte degli avversari di ogni accordo vincolante sul clima), bastava che Conti avesse spedito qui qualche suo lobbysta per sapere che di imprese al “Bella Center” che ospita la Conferenza ce ne sono molte, solo che nessuna è italiana. In questa gara a chi è più lontano dallo “spirito dei tempi” difficile dubitare che l’intreccio tra problema climatico e prospettive economiche che domina la discussione a Copenhagen, sia oggi una parte rilevante dello spirito dei tempi , informazione e politica si sostengono e si alimentano a vicenda, come in un gioco di specchi dove non si capisce dov’è l’origine dell’immagine e dove la replica.

Comunque e per fortuna, la Conferenza sul clima va avanti. La chiusura inizialmente prevista per ieri sera, è slittata, e ancora non si è persa la speranza che si giunga a un accordo politico vincolante. Obama e Sarkozy, Lula e Zapatero, Brown e Merkel, Wen Jiabao e Ban Ki Moon hanno passato le ultime ore seduti fianco a fianco a scrivere i termini del documento: che dovrebbe impegnare i Paesi ricchi (Stati Uniti compresi) a ridurre di almeno il 20/25% le loro emissioni entro il 2020 e a finanziare con 100 miliardi di dollari l’anno (sempre di qui al 2020) l’ecosviluppo del Sud del mondo, la Cina e gli altri “giganti” emergenti a quasi dimezzare l’intensità  di carbonio delle rispettive economie, tutti ad accettare qualche forma di monitoraggio delle azioni svolte e dei risultati raggiunti. Il tutto per riportare le concentrazioni in atmosfera dei gas a effetto serra a livelli tali da scongiurare quelle conseguenze sociali ed economiche incontrollabili che deriverebbero da un ulteriore, sensibile aumento della temperatura media trerrestre..

Obama ieri ha detto: “dobbiamo decidere qui ed ora, e la scelta è tra passato e futuro”. Lula ha ammonito che la lotta ai cambiamenti climatici è la sfida decisiva per lo sviluppo e per sconfiggere la povertà . I cinesi hanno rivendicato d’essere già  ora tra i Paesi leader nelle energie rinnovabili. Merkel e Sarkozy spingono perché l’Europa porti dal 20 al 30% il suo obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti al 2020.

Berlusconi, questa volta davvero senza colpe, mancava all’appello, ma la destra italiana era rappresentata dai suoi senatori firmatari della mozione in cui si afferma, letteralmente, che i cambiamenti climatici sono un’invenzione degli ambientalisti.

Saluti dal mondo.

Roberto Della Seta e Francesco Ferrante

Capodogli spiaggiati in Puglia: inquinamento bianco affligge il nostro ambiente

“Attendiamo i risultati dell’unità  operativa che si sta occupando di appurare i motivi dello spiaggiamento e della morte dei capodogli sulla costa pugliese, ma la presenza di un gran quantitativo di buste di plastica nello stomaco dei cetacei è un pessimo segnale per la salute del nostro mare.  Era stata annunciata per il 1° gennaio 2010 nella Finanziaria del 2007 la messa al bando delle buste di plastica, i cosiddetti shoppers, che se dispersi nell’ambiente impiegano 400 anni per scomparire. Ma il governo ha rimandato ancora l’impegno al gennaio 2011 e se il divieto definitivo della commercializzazione dei sacchetti ancora non si vede, il cosiddetto ‘inquinamento bianco’ continua ad affliggere il nostro ambiente.” – lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante.
“L’educazione ambientale – continua l’esponente ecodem –  rimane sempre di fondamentale importanza, ma i sacchetti in plastica biodegradabile provenienti dal mais, già  prodotti dalle nostre industrie chimiche , costituiscono una risposta concreta a quell’inquinamento che  si può ‘toccare con mano’e che ci costa ogni anno 430mila tonnellate di petrolio, con un emissione di CO2 in atmosfera di circa 200mila tonnellate. Nella Finanziaria 2007 approvando due miei emendamenti che prevedevano la progressiva riduzione della commercializzazione degli shoppers attraverso un programma sperimentale da adottare entro 120 giorni, avevamo posto le basi affinché il nostro Paese potesse essere all’avanguardia, con un notevole vantaggio economico e competitivo per le nostre industrie.”
“Purtroppo – conclude Ferrante –  il governo ha scelto, con una inutile proroga, di rendere un pessimo servizio alla difesa dell’ambiente e al rafforzamento della capacità  competitiva del nostro Paese.”

Obama: parole di svolta, speriamo le ascoltino in Italia

LA LOTTA AL GLOBAL WARMING FA CRESCERE L’ECONOMIA E CREA LAVORO

“L’EUROPA PORTI AL 30% L’OBIETTIVO DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI”

“Barak Obama col suo discorso al summit di Copenhagen ha messo sul piatto della trattativa non soltanto la disponibilita’ Usa a finanziare con molte decine di miliardi l’ecosviluppo dei Paesi poveri e ad assumere impegni chiari di riduzione delle proprie emissioni. Ha anche segnato una rivoluzione copernicana nel modo d’intendere la lotta ai cambiamenti

climatici: non un generico dovere morale ma la condizione oggi irrinunciabile per lo sviluppo dell’economia e l’aumento del benessere, la premesa per creare milioni di posti di lavoro, far nascere nuove imprese, accrescere la capacita’ competitiva dei sistemi economici. Insomma un interesse nazionale piu’ che una scelta etica, che gli Stati Uniti perseguiranno a prescindere dalle conclusioni del vertice”.

E’ quanto hanno dichiarato da Copenhagen Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori Pd che rappresentano il loro partito alla

Conferenza: “Speriamo – hanno aggiunto di due parlamentari – che le parole del presidente americano siano ascoltate in Italia dalla destra al governo e

da tutti gli altri, a cominciare da Confindustria, che continuano a presentare lo sforzo per stabilizzare il clima come incompatibile con le ragioni dell’economia. La verita’ e’ opposta: se negli ultimi dieci anni l’Italia e’ cresciuta meno di quasi tutti i Paesi europei, e’ anche perche’

ha investito pochissimo nell’efficienza energetica, nelle fonti rinnovabili,

nella green economy”.

Per Della Seta e Ferrante, dopo il rilancio di Obama e i passi avanti compiuti da altri protagonisti del negoziato, ora tocca all’Europa fare la sua parte: “Se c’e’ un accordo politico, l’Unione europea deve annunciare qui e ora la decisione di portare dal 20 al 30% l’obiettivo di riduzione delle sue emissioni al 2020. E’ un traguardo realistico, l’auspicio e’ che il nostro Paese non ‘remi contro’ come accaduto troppe volte in passato”.

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