Comunicati

Ispra: a Natale precari sul tetto e cancelli chiusi

La rigidità  della struttura commissariale che gestisce l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) non si allenta nemmeno a Natale: dal pomeriggio del 24 dicembre i precari dell’Istituto, che da 32 giorni occupano il tetto della sede di via Casalotti per protestare contro i licenziamenti annunciati per fine anno, sono isolati dall’esterno, dopo un avviso al personale del prefetto Vincenzo Grimaldi (a capo dell’ente), che ha stabilito rigide limitazioni all’accesso in sede per il periodo festivo.

I cancelli sono rimasti chiusi, nonostante nei giorni scorsi ci fosse stata un’apertura da parte del ministro vigilante, la titolare dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che aveva lanciato un appello al Governo per “non disperdere il grande patrimonio di professionalità  dei ricercatori e valorizzarne per il futuro le competenze maturate”. Da tre giorni, i lavoratori non possono ricevere cibo né visite: per fortuna, un gruppo di parlamentari ha organizzato una “staffetta” per essere sempre presente al loro fianco. Si sono quindi alternati Marianna Madia, Giovanni Bachelet, Roberto Della Seta,  Francesco Ferrante, Furio Colombo e Ignazio Marino, che è entrato scavalcando il cancello trovato chiuso. Grande la solidarietà  del territorio, dimostrata da un presidio continuo dei cittadini del quartiere, che hanno consegnato cibo e bevande attraverso il cancello inesorabilmente sbarrato.

Inutile il tentativo del sindacato USI – RdB, che ha chiesto un’assemblea urgente alla vigilia di Natale per tenere la sede aperta, vedendo la richiesta respinta dalla struttura commissariale.
All’Ispra sono a rischio circa 200 tra ricercatori e tecnici, sui quali ancora non si ha alcuna certezza di rinnovo, mentre altri 250 lavoratori sono stati allontanati da gennaio 2009 in poi: circa un terzo del personale totale e  quasi tutti i giovani in servizio presso l’ente. Importanti attività  dell’Istituto rischiano di essere compromesse, tra cui gli interventi su biodiversità  marina, emergenze in mare (anche sulle cosiddette “navi dei veleni”), bonifiche di siti contaminati, pesca sostenibile, attività  di informazione ambientale, aggiornamento del registro delle emissioni in atmosfera, collaborazione alla stesura di documenti come il Rapporto rifiuti e l’Annuario dei dati ambientali, prevenzione del dissesto idrogeologico.

“Le ultime prese di posizione dei vertici dell’Istituto – dicono i ricercatori – rafforzano la nostra scelta di aspettare sul tetto fatti concreti che facciano seguito alle parole del Ministro Prestigiacomo, cui dall’inizio dell’occupazione chiediamo una convocazione e l’apertura di una reale trattativa presso il nostro ente, per arrivare alla proroga di tutti i contratti in essere e ad un piano per la graduale immissione in ruolo del personale precario”.

“Nonostante le contraddizioni, ci auguriamo – concludono – che le aperture del ministro si rafforzino nei prossimi giorni, e siamo consapevoli del fatto che la Prestigiacomo può essere nostra alleata nel rilancio dell’Istituto e della ricerca pubblica ambientale in Italia.”

 

 

 

Il raddoppio ferroviario Cefalù – Castelbuono: un’opera congelata da 5 anni

Che fine ha fatto il raddoppio ferroviario Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono? Se lo chiedono in un’interrogazione bipartisan ai ministri delle Infrastrutture, dello sviluppo economico e dell’economia presentata da tre parlamentari: Francesco Ferrante e Giuseppe Lumia del Pd e Simona Vicari del Pdl. “Quanto dovrà  ancora durare – sottolineano – questo inconcepibile differimento nell’appalto della Cefalù-Castelbuono e, quindi, nella sua realizzazione che sta creando notevoli disagi ai cittadini e allo sviluppo socio-economico di quel territorio?”. L’interrogazione ricorda che la Cefalù-Castelbuono, da anni “cantierabile”, è inserita tra le opere prioritarie da realizzare utilizzando le risorse del “Piano per il Sud”. Quella presentata dai tre parlamentari è la settima interrogazione parlamentare sullo stato del progetto che è totalmente finanziato con 960 milioni di euro. L’appalto del primo lotto Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo (420 milioni) è stato affifìdato nell’ottobre 2005 e i lavori sono in corso. Ma il progetto non è andato avanti e il completamento dell’opera non appare a questo punto vicino. Il ritardo ha indotto un gruppo di cittatino a costituire il comitato “Quale ferrovia” che da tempo è impegnato nell’organizzazione di iniziative e contatti per sbloccare le procedure di gara e quindi i lavori. “Questa ennesima interrogazione bipartisan pone ancora una volta il problema della indifferibilità  dei lavori” ha commentato Enzo Cesare, presidente del comitato.“Il tracciato su rotaia – ha aggiunto – agevolerà  nell’immediato futuro i lavoratori, gli studenti pendolari e i turisti nei collegamenti da Cefalù e dalle Madonie (anche attraverso la stazione di Castelbuono) con Palermo e l’aeroporto di Punta Raisi. Ma serve anche all’economia regionale e nazionale  anche in rapporto ai previsti sviluppi turistico-commerciali”. Il raddoppio della Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono, infatti, oltre a ricalcare il tracciato della litoranea Palermo-Messina e il programmato doppio binario della Palermo-Catania, coincide con il Corridoio ferroviario transeuropeo n.1, l’asse Berlino-Palermo-Trapani. “I ritardi nella realizzazione del secondo lotto Cefalù Ogliastrillo-Castelbuono – ha detto ancora Cesare – rispetto al primo lotto Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo – i cui lavori sono in corso dal mese di settembre – produrranno danni molto gravi all’economia del comprensorio e dell’Isola, essendo Cefalù il secondo polo turistico della Sicilia”. “I governi nazionale e regionale – ha concluso Cesare – non possono differire ulteriormente la copertura finanziaria e l’effettiva “disponibilità  di cassa” per dare il via a un’opera cantierabile da circa 5 anni”.

Nucleare, un decreto preoccupante

“CONFERMATE TUTTE NOSTRE PREOCCUPAZIONI”.

“Estromesse le Regioni e la Commissione di Via, solo elemosine ai Comuni, alti costi per i cittadini”.

“La bozza di decreto legislativo presentata oggi in Consiglio dei Ministri conferma purtroppo tutte le preoccupazioni della vigilia sul modo in cui il governo intende procedere per realizzare le centrali e gli impianti di stoccaggio delle scorie”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.

“Nel decreto è scritto – proseguono i due senatori ecodem – che la priorità  nella scelta dei siti verrà  data ‘alle aree sulle quali in passato sono sorti o avrebbero dovuto sorgere impianti nucleari’. Il che vuol dire che tra i siti ci saranno con tutta probabilità  quelli di Trino Vercellese, Caorso, Montalto di Castro, Latina e Garigliano. Nel decreto è scritto che la Conferenza delle Regioni non dovrà  esprimere alcun parere vincolante sull’elenco dei siti individuato dal ministero dello sviluppo economico e inoltre che se una Regione è contraria ad ospitare un impianto nucleare, il Governo potrà  imporre la scelta. Il provvedimento prevede inoltre che, se in futuro una diversa maggioranza politica decidesse di abbandonare il programma nucleare, gli utenti pagherebbero comunque nelle bollette i costi sostenuti dalle aziende energetiche per avviare la realizzazione degli impianti. Sempre nel decreto è scritto che non solo la scelta finale dei siti verrà  fatta dalle imprese che vogliono realizzare gli impianti e non dallo Stato, ma persino l’individuazione delle aree all’interno delle quali verrebbero poi scelti i siti verrà  effettuata solo in seguito all’intervento degli operatori. Mentre sembra che la Commissione che in base alle leggi italiane ed europee si pronuncia sulla compatibilità  ambientale di tutte le infrastrutture, cioè la Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale, in questo caso verrebbe totalmente estromessa.

Francamente ridicola appare poi l’introduzione di una specie di consultazione pubblica da realizzare nella fase della individuazione delle aree a cui non si da alcun potere concreto. A fronte di tutto questo nel decreto si prevedono piccole elemosine ai Comuni sede degli impianti.

Scajola in queste ore si affanna a promettere la riduzione di qualsiasi tassa locale , ma difficilmente in questo modo risucirà  a comprare il consenso dei cittadini.

Nei suoi contenuti questo decreto legislativo – concludono i due senatori del Pd – conferma tutta l’approssimazione e il carattere propagandistico del nucleare di Scajola e Berlusconi, una scelta che costerebbe all’Italia non meno di 25 miliardi di euro per realizzare 4 centrali, accollerebbe al nostro Paese impianti realizzati secondo tecnologie già  oggi vecchie e comunque ambientalmente insicure e ci allontanerebbe dagli investimenti e dalle politiche veramente utili per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, a cominciare dall’efficienza energetica e dalle fonti rinnovabili”.

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