Comunicati

Rivedere leggi su Pet, si a riciclo bottiglie per cibi

“Italia primo consumatore al mondo, ma quella plastica non può essere usata per i cibi”.
 

 “Gli italiani si rivelano spesso  più attenti all’ambiente dell’amministrazione. Il caso eclatante sono le bottiglie di plastica in PET: ne consumiamo milioni ogni anno ma non le ricicliamo per uso alimentare, come avviene nel resto d’Europa, a causa di un espresso divieto del ministero della salute del 1973, basato  su conoscenze e tecnologie diverse dalle attuali. Adesso sarebbe possibile recuperare il PET per uso alimentare, con un notevole risparmio in termini di emissioni di CO2, di bolletta energetica nazionale e di costi”. Lo denuncia il senatore del Pd Francesco Ferrante, che sulla questione ha preannunciato un’interrogazione al ministro dell’Ambiente. “L’Italia – spiega l’esponente ecodem –  è  il primo Paese al mondo per consumo di Pet, circa 450mila tonnellate all’anno e di questa enorme quantità  nulla si trasforma in R- Pet, al contrario di quanto accade in Germania, Gran Bretagna e Usa, dove si usano contenitori in plastica riciclata a contatto con gli alimenti. Eppure, secondo un recente sondaggio Ipso il 73% degli italiani si dichiara disponibile ad acquistare bevande in bottiglie di plastica riciclata, in quanto considera il R- Pet igenico, resistente ed ecosostenibile. Il Pet riciclato usato nel packaging alimentare potrebbe rappresentare una grande opportunità  per industria e mercato e abbattere l’impatto ambientale del settore alimentare che ‘pesa’ per il 19 per cento delle emissioni totali di gas serra su scala nazionale, ovvero 104 milioni di tonnellate di CO2, il 13 per cento delle quali è dovuto al  packaging. Alla luce di tutto ciò – conclude Ferrante –  sarebbe davvero incomprensibile non rivedere una normativa antiquata, che ostacola uno strumento fondamentale per ridurre l’impatto ambientale e aumentare il risparmio energetico, a tutto vantaggio del consumatore”.

Clima: spariti i 200 milioni di euro che Italia ha promesso a Paesi in via di sviluppo

“Ennesimo numero da illusionista di Berlusconi”.

“Cercasi disperatamente i duecento milioni di euro annunciati a Copenhagen. Potrebbe essere questo il titolo ironico di una vicenda che in realtà , purtroppo, come spesso avviene quando di mezzo c’è il Presidente del Consiglio, è drammaticamente seria. L’11 dicembre del 2009, durante la Conferenza di Copenhagen, il Premier aveva annunciato lo stanziamento a sostegno dei Paesi in via di sviluppo di 200 milioni di euro l’anno per tre anni, nell’ambito del pacchetto clima. Si tratta dell’ennesimo numero dell’illusionista Berlusconi , perché di quei soldi non c’è traccia alcuna”. Lo dice il senatore del Pd Francesco Ferrante, che sulla questione preannuncia un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Ambiente.
“Occorre ricordare – continua Ferrante – che nell’ambito della Conferenza Onu sul clima di Copenaghen, la Ue ha deciso di contribuire per sostenere i paesi più vulnerabili a contenere l’impatto dei cambiamenti climatici, con un fondo di 7,2 miliardi di euro: la Francia e la Gran Bretagna contribuiranno rispettivamente con 1,66 miliardi di euro per il periodo 2010-2012; la Svezia si è impegnata con 765 milioni di euro, mentre la Germania si sarebbe orientata verso un miliardo di euro per i tre anni. L’Italia, cenerentola tra le grandi, si è impegnata per quei famosi 200 milioni di euro per tre anni, definiti dal premier ‘un’offerta generosa’, come se il fondo ‘Fast start’ fosse una caritatevole iniziativa filantropica e non un passaggio determinante per ridurre le emissioni di CO2 e per fronteggiare il riscaldamento globale. A distanza di mesi possiamo dire con certezza che quella di Berlusconi è stata l’ennesima promessa non mantenuta, lo spot fatto a favore di una platea internazionale che ormai però conosce il copione e il personaggio e sa cosa aspettarsi dal centrodestra italiano, che taglia forsennatamente i fondi alla cooperazione e allo sviluppo e – conclude Ferrante – si rende ridicolo con il suo atteggiamento negazionista sui cambiamenti climatici”.

Nucleare: decreto alla mano, il bluff di Scajola è costosissimo

“Prima pietra della prima centrale nel 2015, primo Kw/ora tra il 2015 e il 2030”.

“Attenendosi strettamente ai tempi delle procedure contenute nel decreto legislativo sul ritorno al nucleare in Italia appena pubblicato, la prima pietra della prima centrale atomica, nella più rapida delle ipotesi, potrà  essere posta solo attorno al 2015. Il che vuol dire, al netto delle migliori prospettive temporali, che il primo KW/ora potrà  essere erogato tra il 2025 e il 2030. A fronte di  questo costosissimo e  dilatato impegno nel tempo,  l’avvio del programma causerà  da subito aspri conflitti sociali nelle zone interessate direttamente dal nucleare e sarà  fonte di un durissimo confronto politico-istituzionale tra lo Stato e le Regioni”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Sostanzialmente – spiegano gli esponenti ecodem –  il nucleare bluff di Scajola e Berlusconi avrà  come unico risultato di inchiodare per un ventennio la politica energetica italiana a questi conflitti, sottraendo attenzione e risorse alle scelte che potrebbero dare risultati tangibili e ravvicinati in termini di indipendenza energetica, riduzione dell’impatto ambientale dei consumi energetici, oltre che ad una riduzione sensibile dei costi a carico delle famiglie e delle imprese.
Prova ulteriore – continuano i senatori del Pd – che il ritorno al nucleare del governo Berlusconi sia una farsa indecorosa a danno degli italiani è il teatrino che i candidati del centrodestra alle elezioni regionali devono inscenare quando parlano di nucleare, dichiarandosi favorevoli per ordine di scuderia, ma assicurando che mai nelle proprie regioni sorgerà  una centrale atomica. Una gigantesca presa in giro – concludono Ferrante e Della Seta –  che gli elettori sapranno sicuramente smascherare votando per chi, come il Pd, dice chiaro e tondo no al nucleare”.

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