Comunicati

Comunicato stampa sul dossier petrolio

PUGLIA, EMILIA ROMAGNA, MARCHE, SICILIA, SARDEGNA, ABRUZZO E MOLISE: ESCALATION IMPRESSIONANTE DELLE ATTIVITA’ PETROLIFERE

“Più alberi e più verde, ha fatto giurare Berlusconi ai suoi candidati alle Regionali. Sarà , ma intanto più trivelle nei nostri mari alla ricerca di idrocarburi. Un’escalation impressionante quella che si è avuta negli ultimi anni coi Governi Berlusconi, dal 2001 al 2006 e dal 2008 a oggi: sono ben 16 le attività  autorizzate nei nostri mari per l’estrazione o la ricerca di petrolio, coinvolgono ben 7 regioni (Puglia, Emilia Romagna, Marche, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise) in aree quasi sempre vicinissime a tratti costieri a vocazione turistica. A questi interventi già  autorizzati vanno aggiunte altre10 procedure di VIA (la valutazione d’impatto ambientale) e 3 verifiche di assoggettabilità  a VIA ancora in corso.” Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che hanno monitorato le Valutazioni di impatto ambientale rilasciate dal Governo Berlusconi in questi ultimi due anni in merito alle ricerche di idrocarburi offshore.

“Le aziende petrolifere straniere come Northern Petroleum, Petroceltic, Puma sono quelle che fanno la parte del leone nella trivellazione dei mari di casa nostra, oltre all’italiana Eni.

Tra le zone maggiormente interessate il canale di Sicilia, il mare della Romagna e della Puglia, l’isola di Lampedusa, persino la  Sardegna al largo delle spiagge del Sinis, in un angolo di paradiso che dall’isola di Mal di Ventre corre fino alle coste di Bosa. Insomma sembra che i nostri mari siano destinati a cambiare fisionomia, assomigliando sempre più al Mar del Nord delle grandi piattaforme petrolifere.
Questa ricerca di oro nero  sui  fondali – spiegano i senatori ecodem –  non porterà  nessun vantaggio agli italiani, perché oltre alle  ricadute negative sul turismo e ai rischi ambientali, il petrolio del basso Adriatico è di cattiva qualità : è bituminoso, ha un alto grado di idrocarburi pesanti, è ricco di zolfo. Inoltre  le attività  di perforazione e produzione di petrolio dal fondo marino contribuiscono per il 2% all’inquinamento marino. Questo 2% va sommato al 12% dovuto agli incidenti nel trasporto marittimo, si aggiunge il 33% per operazioni sulle navi relative a carico e scarico, bunkeraggio, lavaggio, scarichi di acque di sentina o perdite sistematiche, che porta al 45% l’apporto complessivo di inquinamento dovuto a perdita dalle navi. “

“A completare il quadro di questa ecatombe per i mari italiani – concludono Ferrante e Della Seta –  ci sono i fluidi e fanghi perforanti che sono usati per portare in superficie i detriti. Sono fanghi tossici e difficili da smaltire, contenenti tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame, che finiscono nei pesci che portiamo in tavola.”
 

Calderoli: bruciare leggi è vietato, produce inquinamento, crea disordine

 

“Bruciare vecchie leggi è forse un’idea suggestiva, ma sbagliata almeno per tre buone ragioni: è vietato, avvelena l’aria, e soprattutto non semplifica un bel niente anzi aumenta l’entropia e dunque il disordine”. Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori Pd, commentano con ironia il “rogo” di leggi cancellate – 150 scatoloni contenenti quasi 30 tonnellate di carta – messo in scena dal ministro Calderoli e preannunciano sull’argomento un’interrogazione allo stesso ministro. “Lasciamo da parte – affermano i due parlamentari – il messaggio non proprio educativo che viene dal gesto di Calderoli, il fatto cioè che tra le prime norme che si cerca di insegnare ai propri figli c’è di non dare fuoco a nulla. Ma restano aspetti che qualificano come decisamente incivile la scelta del ministro. Bruciare dei ‘rifiuti’ a cielo aperto, perché di questo si è trattato, vuol dire immettere nell’aria molta anidride carbonica e molti gas inquinanti, mentre per quanto riguarda la carta una tonnellata di carta da macero riciclata consente di risparmiare oltre 400.000 litri d’acqua e 5.000 kWh (cioè il consumo mensile di energia di 2 famiglie). Inoltre, come insegna la fisica, bruciare materia significa aumentare l’entropia, il disordine, dunque l’esatto contrario della semplificazione tanto cara a Calderoli. Infine, un ministro della Repubblica dovrebbe sapere che  l’eliminazione di qualunque documento conservato negli archivi di enti pubblici è a specifica autorizzazione come previsto dall’art. 21 del decreto legislativo 42/2004″. 

 

Basell: a Terni non deve chiudere

MASSIMO IMPEGNO DEL PD IN PARLAMENTO

“Ribadiamo il nostro massimo impegno in Parlamento affinchè la Basell di Terni non chiuda i battenti e esprimiamo come sempre  il  sostegno e la vicinanza alle centinaia di famiglie che stanno fronteggiando un momento durissimo, con lo spettro della perdita del lavoro che incombe purtroppo non solo sui lavoratori della Basell, ma anche sugli occupati dell’indotto, perché il polo chimico di Terni occupa ben 1250 lavoratori” – lo dichiarano i senatori del Partito democratico Francesco Ferrante e Anna Rita Fioroni al termine dell’incontro di tutti i parlamentari umbri con le rappresentanze sindacali.

“ La Basell – continuano i senatori del Pd –  rappresenta l’architrave dell’intero polo chimico ternano in quanto fornisce polipropilene, la materia prima, ad altre realtà  produttive. La cessazione della produzione innescherebbe un effetto domino, investendo in modo diretto e immediato altre due importanti aziende: la Treofan , che ha 180 dipendenti, e la Meraklon con 280 lavoratori.”

 “Non è francamente accettabile – aggiungono i parlamentari –  la scelta aziendale di chiudere lo stabilimento della Basell con la motivazione della  persistenza della crisi economica che ha prodotto una contrazione nella domanda di polipropilene. L’anno scorso lo stabilimento ha prodotto 205mila tonnellate di polipropilene, a fronte di una capacità  massima di 250mila. L’utile netto del 2009 si è attestato sulla considerevole cifra di 9 milioni di euro.”

“Vanno cercate con determinazione soluzioni ai massimi livelli, con la ridisegnazione e l’aggiornamento di strumenti quali il Patto di territorio e il Governo ha il dovere di non abbandonare i lavoratori della Basell e la città  di Terni. La Basell non deve chiudere, anzi occorre approntare un progetto di sviluppo strategico per il polo chimico ternano, restituendo stabilità  e sicurezze ai lavoratori e al territorio” – concludono Fioroni e Ferrante.

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