Comunicati

Parchi: da Wwf e Lipu critiche disinformate e corporative, spendano meglio i loro soldi

“Wwf e Lipu, hanno una storia troppo gloriosa per ridursi a fare il verso alle varie corporazioni che in questi giorni, dagli avvocati ai farmacisti, spendono un sacco di soldi per acquistare pagine di pubblicità  sui giornali con cui gridare contro ogni cambiamento dello status quo. Le proposte di modifica della Legge sui parchi servono a valorizzare il ruolo delle comunità  locali, a coinvolgere nei progetti di tutela gli agricoltori, a dare più strumenti di finanziamento a chi governa le aree protette. La legge 394 sui parchi è un’ottima legge, che ha consentito di proteggere dal cemento e dal degrado i più bei territori italiani, ma può essere migliorata, mentre le critiche di una parte del mondo ambientalista sembrano considerarla una specie di totem intoccabile”. Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, senatori ecodem del Pd, rispondono così alle dichiarazioni di Wwf, Lipu e altre associazioni ambientaliste sulle ipotesi di aggiornamento della legge sui parchi.
Per i due parlamentari, che negli anni scorsi sono stati rispettivamente presidente e direttore generale di Legambiente, “molte delle accuse rivolte da Wwf e Lipu sono del tutto infondate e andrebbero in realtà  rovesciate, per esempio: ridurre i membri degli enti parco di nomina ministeriale vuol dire ridurre proprio la politicizzazione di questi organismi, e quanto alla caccia le modifiche proposte rendono più rigoroso il no all’attività  venatoria, prevedendo che qualunque intervento di controllo faunistico nel caso dei parchi debba essere autorizzato dall’ispra. Insomma, se oggi un assessore regionale può autorizzare piani di abbattimento di questa o quella specie anche nei parchi, domani dovrà  chiedere il permesso all’organismo pubblico che si occupa di tutela della fauna”, concludono i senatori ecodem. 

Ferrovie: Governo dia certezze sul raddoppio Palermo – Messina

“Alcuni giorni fa abbiamo appreso con soddisfazione della revoca dei fondi destinati al progetto del ponte sullo Stretto di Messina da parte del Cipe, mentre invece c’è un’altra opera infrastrutturale che realmente serve alla Sicilia ed è desolatamente ferma.
Non si comprende infatti quali sono i motivi che  ritardano la realizzazione del raddoppio ferroviario della tratta Fiumetorto – Cefalù – Castelbuono, un’opera totalmente finanziata, con un investimento di 960 milioni di euro, e che  è “cantierabile” fin dal 2004.”
Lo dichiara il senatore del Pd Francesco Ferrante, che insieme alla collega del Pdl  Simona Vicari, ha presentato in merito una nuova interrogazione parlamentare ai ministri dell’Economia e delle Infrastrutture.
 
“I lavori relativi al 1° lotto dell’opera- continua il senatore –  la tratta Fiumetorto – Cefalù Ogliastrillo, consegnati al Contraente Generale nel 2005, procedono con disarmante lentezza, mentre da mesi svariate decine di lavoratori sono stati posti in Cassa integrazione.
Per di più l’affidamento al “Contraente Generale” delle attività  di progettazione esecutiva e della realizzazione dei  lavori di raddoppio della Cefalù Ogliastrillo – Castelbuono, il 2° lotto, mostra delle incomprensibili lungaggini, considerato che il bando della gara d’appalto, promesso sin dal luglio 2005, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea soltanto il 22 aprile del 2011.”
 
“La Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono – ricorda il parlamentare – oltre ad essere indispensabile per i pendolari dei comuni della fascia costiera settentrionale della Sicilia e per i collegamenti regionali, coincide con il Corridoio transeuropeo N1.
Il Governo ha giustamente sottolineato l’importanza delle infrastrutture ferroviarie per il sud dell’Italia, dunque – conclude Ferrante –  ci auguriamo che si proceda velocemente al completamento di un’opera già  finanziata e  attesa da anni.”
 
Roma 25 gennaio 2012

Ichino, quell’apologia di Marchionne

àˆ da tempo che nel Pd convivono opinioni diverse, anche radicalmente diverse, sul ruolo e le scelte di Sergio Marchionne. Spesso queste differenze tendono a cristallizzarsi in giudizi sommari e un po’ apodittici – Marchionne campione di riformismo o pericoloso reazionario -, mentre sarebbe utile che alle caricature si sostituisse una discussione vera, di merito, sulle strategie industriali e sindacali dell’amministratore delegato della Fiat.
Pietro Ichino, ad esempio, continua a tessere lodi sperticate della svolta impressa da Marchionne all’organizzazione del pianeta-Fiat, e ieri ha firmato sul Corriere della Sera un’ispirata, entusiastica apologia del nuovo stabilimento di Pomigliano: spazioso, luminoso, colorato, insomma una fabbrica “a misura di persona”.
Ora, non dubitiamo che la decrizione fatta da Ichino sia fedele, e del resto era difficile immaginare che una fabbrica ricostruita exnovo nel 2011 in un paese qualsiasi del nord del mondo non presentasse un aspetto più gradevole di quello che hanno stabilimenti vecchi di cinquanta o cento anni. Ma forse il rapporto tra un’azienda e i suoi lavoratori non può ridursi a questo: forse in un quadro di relazioni tra lavoratore e datore di lavoro, tra uomo e macchina che si vuole così moderno, fatica a trovare posto la decisione, su cui lo stesso Ichino esprime dubbi, di escludere dalla nuova fabbrica tutti coloro che hanno in tasca la tessera di un sindacato sgradito.
Ma ciò che a nostro avviso più di tutto manca in questi entusiasmi “marchionniani”, che non spiegano perché mai ci si dovrebbe appassionare a politiche industriali che ignorano del tutto il terreno fondamentale su cui si gioca già  oggi e si giocherà  sempre di più in futuro la competizione tra case automobilistiche: la volontà  e la capacità  di innovare, in particolare di innovare nel campo dell’impatto ambientale.
Tutti i grandi concorrenti della Fiat puntano su questo, proponendo modelli sempre piú ecologici. Dal nostro campione nazionale, invece, solo silenzio. La Fiat sembra disinteressata all’auto a metano (che pure aveva sviluppato tra i primi), ed è del tutto invisibile sull’elettrico e sull’ibrido, su cui francesi, giapponesi e tedeschi si stanno sfidando in una serrata corsa tecnologica.
A noi piacerebbe tanto che Marchionne desse risposta a un paio di domande, ci pare sensate: come può la Fiat recuperare il terreno competitivo perduto, che è tanto anche a prescindere dalla crisi, se continua a investire in innovazione, soprattutto in innovazione ecologica, molto meno dei suoi concorrenti? Se per esempio decide di utilizzare sui Suv e sulle Jeep destinati al mercato europeo motori Chrisler che consumano e inquinano molto di più dei pari gamma Mercedes, Bmw o Nissan?
Sarebbe bello se queste stesse cose gliele chiedessero i suoi tifosi: perché gli interni quasi “lussuosi” della nuova Pomigliano non bastano a sanare il vulnus inferto ai diritti sindacali, e il futuro italiano della Fiat e dei suoi lavoratori dipende da altro. 
Roberto Della Seta e Francesco Ferrante

1 296 297 298 299 300 693  Scroll to top