Comunicati

Clima: Marcegaglia in Europa difende i dinosauri

Lettera a parlamentari contro innalzamento a 30% riduzione gas serra è politica
industriale vecchia.

“Stupisce l’atteggiamento a corrente alternata del presidente di
Confindustria Emma Marcegaglia, che in Italia reclama giustamente uno
scatto in avanti in materia di fiscalità  e  politiche per la crescita,
mentre in Europa difende un’idea vecchia di industria chiedendo agli
europarlamentari di non votare la risoluzione approvata a larga maggioranza
dalla commissione Ambiente del Parlamento europeo, che prevede la riduzione
dei gas serra al 2020, portandolo dall’attuale 20% al 30% rispetto ai
livelli del 1990.”
Lo dichiara il senatore Francesco Ferrante, responsabile per il Pd delle
politiche relative ai cambiamenti climatici.
“Il testo in questione, che sarà  votato dal parlamento riunito in plenaria
giovedì 23 giugno – spiega Ferrante –  chiede agli Stati membri di adottare
provvedimenti decisi, come sgravi fiscali e investimenti importanti nella
ricerca, per favorire il raggiungimento del nuovo target che non potrà 
comunque essere centrato, secondo la risoluzione, se non saranno raggiunti
gli altri due obiettivi del “Pacchetto clima Ue”, quello sull’aumento
dell’energia prodotta da fonti rinnovabili e l’altro, non ancora
vincolante, sull’efficienza energetica.
Chiedere agli europarlamentari italiani – aggiunge Ferrante –  di esprimere
un voto contrario vuol dire appiattirsi su una politica industriale
vecchia, di corto respiro, buona per difendere le rendite di posizione di
chi non scommette sull’innovazione. Una contraddizione stridente con quello
che reclama la stessa industria più innovativa – quella specializzata in
efficienza energetica, nell’edilizia di qualità , nelle fonti rinnovabili,
nei nuovi materiali. Un pezzo sempre più importante del nostro sistema
industriale che ha imboccato con lungimiranza la strada della green
economy.
Tuttavia siamo certi – conclude Ferrante –  che in Europa vi sia un ampio
supporto a partire dalla delegazione del Pd e di tutto il gruppo dei
Democratici e Socialisti verso l’ obiettivo di riduzione del 30% delle
emissioni, e una crescente consapevolezza che le politiche climatiche
ambiziose siano nello stesso interesse economico dell’Europa”.

Rifugiati: cifre Unhcr provano che Governo italiano è bugiardo e inefficiente

“L’Italia cenerentola nell’ospitalitá ai profughi”
 
Altro che ‘invasione’, i dati dell’Unhcr dimostrano che l’Italia e è agli ultimi posti in Europa nell’ospitalità  ai profughi e danno la cifra esatta di questo governo di destra inefficiente e bugiardo, che sulla pelle dei migranti gioca la carta della paura e della xenofobia.”
Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
 “L’Italia – continuano i senatori –  ha a che fare con numero di rifugiati nemmeno paragonabile a quello degli altri stati europei: in Danimarca, Paesi Bassi e Svezia i rifugiati sono tra i tre e i nove ogni 1000 abitanti, in Germania oltre sette, nel Regno Unito quasi 4 mentre in Italia meno di uno ogni mille abitanti.  Seguendo lo schema classico della destra reazionaria e xenofoba, il Governo Berlusconi ha individuato nella paura del diverso la bandiera da sventolare, e come ultima e vergognosa mossa ha innalzato a 18 mesi la durata della reclusione nei Cie di chi si trova sprovvisto di un documento valido.
Ma scollegato com’è dalla realtà  del Paese il Governo non ha capito che i cittadini sono consapevoli che non ci sarà  nessuna invasione, mentre – concludono i senatori del Pd –  quello che temono veramente è un’Italia allo sbando, dove chi dovrebbe non prende uno straccio di decisione su lavoro, fisco e il futuro delle nuove generazioni.”

“Green economy e questione sociale, ripartiamo dal lavoro”

Introduzione al quinto capitolo di “La Tempesta Migratoria” di Stefano Bettera e Francesca Terzani, edito da Corbieri Sapori.

Ambiente e immigrazione. Per chi si è sforzato da sempre di considerare l’impegno ambientalista come una chiave per leggere la realtà  e provare a cambiarla nel suo complesso – “Il mondo è tutto attaccato” è uno de fortunati slogan di matrice “legambientina” – è evidente il legame fortissimo fra difesa dell’ambiente e capacità  di relazionarsi a un fenomeno che sarà  sempre più imponente. Sia per capirne meglio le origini, le motivazioni, sia per costruire una società , le città  soprattutto, in grado di “accogliere” e “vivere insieme” ai nuovi cittadini.

Se qualcuno, un po’ di anni fa, ci avesse detto che le isole possono andare a fondo lo avremmo preso sicuramente per un amante del calembour. Invece ora, lo sappiamo bene, è una tragica realtà  che tocca non solo isole e atolli per noi in certo senso ‘familiari’ come le Maldive, meta di vacanze esotiche, ma anche le misconosciute isole Carteret.

Le isole Carteret, al largo delle coste di Papua Nuova Guinea, sono state immortalate nell’ottimo documentario della regista statunitense Jennifer Redfearn, che non ha indugiato su tramonti e acqua cristallina ma ha portato all’attenzione del mondo quello che potrebbe diventare in un futuro prossimo il paradigma della nostra terra vittima del riscaldamento globale.

La popolazione delle Carteret vede scomparire la loro terra  perché,  come ha detto Thomas Friedman, noto giornalista vincitore di un Premio Pulitzer :”in un mondo che paga sempre più gli effetti del riscaldamento globale, indovinate chi ne pagherà  le conseguenze? Coloro che hanno minore responsabilità  nell’aver causato il fenomeno.”

Il cambiamento climatico  concorre a innalzare il livello delle maree, a far nascere uragani sempre più violenti, a intensificare le piogge a far progredire la desertificazione e determina effetti stravolgenti in termini e economici e sociali su milioni di individui.

Un fenomeno drammatico che sta colpendo alcune zone del pianeta con sistemica violenza, come ad esempio le coste del Bangladesh, Myanmar e India, ormai un vero e proprio flashpoint di cicloni improvvisi e inondazioni da parte delle maree, a causa delle quali le persone del luogo, che hanno perso tutto, si spostano in massa verso i centri abitati più vicini, e come ovviamente l’Africa sub-sahariana dove la desertificazione avanza.

In ogni caso dobbiamo prendere atto che c’è un nuovo fenomeno nell’arena globale: i rifugiati ambientali. Non tutti hanno abbandonato i loro paesi ma tutti hanno dovuto lasciare i propri luoghi di origine, con poca speranza di farvi ritorno.

A livello globale le Nazioni Unite prevedono che per il 2020 vi saranno nel mondo ben  50 milioni di rifugiati climatici. Finora la questione dei rifugiati ambientali è stata considerata come una problematica marginale, fuori dal normale ordine delle cose. Ma noi non possiamo continuare a ignorare i rifugiati ambientali semplicemente perché non c’è una convenzione internazionale che ne classifica lo status.

Per questo motivo è assolutamente condivisibile l’auspicio fatto ad esempio dalla Environmental Justice Foundation (EJF) di riconoscere ai rifugiati climatici lo status di protezione internazionale sotto l’egida dell’Onu.

Una massa di uomini e donne che si uniscono a tanti altri, spinti da motivazioni diverse che arrivano quotidianamente nei nostri ricchi Paesi. Illusorio, oltre che razzista e xenofobo, tentare di respingerli tutti a mare o lasciarli in condizioni inenarrabili come è stato fatto ad esempio a Lampedusa in occasione delle crisi in Tunisia e Libia. Ma d’altra parte sarebbe assai sciocco non vedere i problemi che nell’attuale tessuto urbano di tutte le nostre città  provoca l’arrivo di persone con stili di vita, abitudini molto diverse e che ovviamente quasi sempre sono in condizioni economiche difficilissime. Nello sforzo per costruire condizioni di vita soddisfacenti per questi nostri nuovi concittadini, ma anche per garantire che l’integrazione indispensabile sia appunto tale e non un peso per chi già  abita le nostre città  e quei quartieri, è fondamentale intervenire proprio sulla struttura urbanistica, sulle questioni squisitamente ambientali. Solo così si può costruire una “città  a misura di persona”, di tutte le persone.

Francesco Ferrante

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