Comunicati

Ma è un sì a scatola chiusa

Ieri in Senato anche noi abbiamo votato sí al decreto sulle missioni militari all’estero. Lo abbiamo fatto esclusivamente per disciplina di gruppo, perché così è stato deciso da un’Assemblea che ha preceduto il voto finale. E lo abbiamo fatto molto a malincuore, perché non condividiamo buona parte dei contenuti del decreto. Senza l’appello alla disciplina – che abbiamo accolto ma che ci piacerebbe venisse replicato in tutte le occasioni come purtroppo non avviene – non avremmo votato il decreto non per astratte ragioni di coscienza, ma per motivi di merito politico: perché si ostina – nonostante la cooperazione sia paradossalmente nel titolo stesso – a dedicare alla cooperazione le briciole (in questo caso appena l’1,89 % del finanziamento), perché non consente di distinguere tra missione e missione. Pur condividendo la posizione del Partito democratico sulle linee di impegno e di responsabilità  che devono caratterizzare stabilmente la politica estera italiana, non avremmo voluto che il Pd, per un eccesso a nostro avviso di spirito bipartisan, approvasse un “burocratico” rifinanziamento delle missioni senza alcun approfondimento del senso e degli impegni richiesti. Noi vorremo invece che si mettesse finalmente mano al disegno di legge costituzionale presentato insieme a numerosi altri colleghi che normi finalmente le missioni all’estero. Vorremmo che per il Pd non sia negoziabile la necessità  di affiancare sempre, anteporre addirittura almeno in alcuni casi, la cooperazione di pace alle operazioni militari di peace keeping. Per tutto questo e altro ancora non avremmo votato questo decreto, che nonostante gli apprezzabili sforzi dei nostri colleghi del Pd nelle Commissioni Esteri e Difesa che hanno almeno impedito un ennesimo scippo ai fondi della cooperazione, resta ampiamente al di sotto delle necessità ; e siccome si sta parlando di questioni per le quali quotidianamente vi sono morti sia tra i ragazzi  italiani impegnati come militari in quelle missioni, sia  tra i civili di quei disgraziati Paesi, l’inadeguatezza del provvedimento diventa drammatica. Questo nel merito. Ci dispiace che le nostre tesi, sostenute da almeno un’altra dozzina di senatori democratici, non siano state condivise dal Gruppo del Pd, e che nemmeno si sia compreso che questo nostro dissenso può essere una ricchezza per un partito davvero plurale (dove plurale vuol dire “grande” e capace di contenere posizioni diverse, e non “fatto di correnti”

come ahimè troppo spesso s’intende).

La scelta imposta a noi dissenzienti è sbagliata nel merito e anche nelle forme, perché basata su un criterio – la disciplina di gruppo – che di solito non viene fatto valere. Naturalmente questo che consideriamo un errore non ci impedirà  di continuare a impegnarci affinché una cultura autenticamente nonviolenta non solo trovi cittadinanza nel Pd, ma ne diventi attitudine prevalente.

Piano casa Lazio: serve Pd su barricate contro saccheggio territorio

“L’emendamento al Piano casa del Lazio presentato dall’assessore
all’urbanistica Ciocchetti lascia stupefatti per la sfrontatezza con cui
prevede di saccheggiare il territorio laziale, mettendo sul piatto ad
esempio il via libera al cemento nei parchi e l’allargamento delle maglie
del condono. Ci auguriamo che gli emendamenti dell’opposizione siano
sufficienti a modificare radicalmente il piano, inaccettabile allo stato
attuale.”
Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, e
Marco Ciarafoni, responsabile  biodiversità  e politiche faunistiche del Pd.
“Le risposte al fabbisogno abitativo – continuano gli esponenti ecodem –
sono decisamente insufficienti, mentre grande attenzione è stata riposta
alle strutture portuali, agli alberghi, agli impianti sportivi, che si
potranno effettuare in deroga.
E’ indecente  poi la previsione di consentire generalizzati cambi di
destinazione d’uso, con aumenti enormi di cubatura, di qualunque capannone
o stabilimento industriale o artigianale, ovunque sia”.
“A queste condizioni occorre un Pd e un ’opposizione convintamente uniti
sulle barricate, perché – concludono gli esponenti ecodem –  è impensabile
che si faccia scempio del territorio laziale con questa legge cucita su
misura degli interessi di chi vuole speculare con migliaia di metri cubi di
cemento”.

Tremonti, Ministro delle Finanze che non paga le tasse

“Politici stranieri si sono dimessi per fatti analoghi”

“Stando a quanto riportano le cronache giornalistiche, e alle parole
dell’on. Milanese, il ministro Tremonti, responsabile dell’Economia e delle
Finanze, avrebbe sostanzialmente pagato un affitto in nero per risiedere
nella sua abitazione a Roma.
Si tratta di una vicenda poco chiara e che di certo non si è risolta con il
cambio di casa di Tremonti: al ministro, sempre molto compreso nel proprio
ruolo e nel suo status internazionale, gioverà  infatti ricordare come molti
suoi colleghi stranieri abbiano rassegnato velocemente le dimissioni per
fatti più o meno analoghi.”
Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Nel 2006 – ricordano i senatori del Pd –  le ministre svedesi Borelius e
Cecilia Stego Chilo si dimisero perché colpevoli entrambe di pagare in nero
le proprie tate, con la seconda rea inoltre  di non aver pagato per ben 16
anni il canone della televisione pubblica svedese. C’è addirittura chi
ministro non c’è diventato per aver pagato in nero la ‘nannie’, come Nancy
Killefer che  rifiutò di diventare la responsabile della Sanità 
nell’amministrazione Obama appena la vicenda fu di dominio pubblico.
Stessa sorte toccò al grande evasore Tom Daschle, che nascose al fisco poco
più di centomila dollari. In Gran Bretagna ricordiamo lo scandalo dei
rimborsi, che travolse per prima Jacqui Smith, l’ex ministro dell’Interno
britannico la quale lasciò l’incarico travolta dalla polemica sulle note
spese per la prima abitazione, in particolare per il rimborso chiesto per
due film porno acquistati dal marito, per poi coinvolgere altri quattro
rappresentanti del governo”.
“Pare evidente – concludono i parlamentari democratici –  che motivi di
opportunità , legati all’importanza fondamentale del ministero
dell’Economia, imporrebbero una seria valutazione sul comportamento tenuto
da Tremonti in questa vicenda”.

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