Comunicati

La terza via del Pd

A sentire molti autorevoli dirigenti democratici e a leggere le analisi di tanti commentatori,  sembra che la scelta obbligata per il Pd nei prossimi mesi sia tra un neo-laburismo che lo riporti, così auspicano i suoi cantori da Enrico Rossi a Stefano Fassina, nell’alveo del socialismo europeo, e un’alleanza organica con il “centro” che lo separi definitivamente dalle sinistre radicali.
Può darsi che sia così, basta sapere che entrambe queste opzioni c’entrano poco sia con le storie di cui il Pd è l’erede, sia con le motivazioni che portarono alla sua nascita, sia soprattutto con l’orizzonte attuale di quel mondo vasto e composito di valori, bisogni, interessi, riflessioni che porta il nome di riformismo.
C’entra poco, pochissimo, il neo-laburismo con le due principali tradizioni fondatrici del Pd. Erano squisitamente e orgogliosamente interclassiste la visione e anche la “constituency” della sinistra democristiana, da Moro ad Andreatta a Prodi. E certo non era laburista il Pci, che come dice il nome era un partito comunista. Così,  fa sinceramente un po’ sorridere questo esibito attaccamento all’identità  socialdemocratica,  essa sì largamente laburista, da parte di chi proviene da una famiglia politica – quella della filiera Pci-Pds-Ds – per la quale il campo socialista è stato un approdo quanto meno tardivo.  In esso, temiamo, vi è paradossalmente proprio uno dei segni da cui si capisce che gli ex-Ds sono figli dell’ideologia comunista e non del socialismo europeo: il segno cioè della difficoltà  ad adattare la propria politica ai cambiamenti sociali, culturali, geopolitici. Fare un partito neo-laburista in Italia aveva senso quarant’anni fa, oggi non ne avrebbe alcuno.  
Questa idea ignora del tutto un dato storico di assoluta evidenza. Il lavoro non è stato l’elemento centrale  in nessuno dei movimenti sociali e di opinione, buoni e meno buoni, che hanno agitato e cambiato l’Europa e l’Occidente negli ultimi quarant’anni: dall’ambientalismo al femminismo, dai no-global ai movimenti giovanili a quelli per i diritti civili, dal localismo “nimby” ai partiti neo-nazionalisti, dai movimenti per i beni comuni ai partiti “pirati” del web che spopolano dalla Svezia a Berlino. Ciò non per caso, ma perché sempre di meno nell’età  che viviamo e nelle nostre società  le persone e i gruppi si percepiscono e si definiscono in prevalenza rispetto al lavoro. Il lavoro, naturalmente, continua a contare moltissimo, tanto più in una stagione di drammatica crisi economica come l’attuale e in un Paese come il nostro dove un giovane su tre è disoccupato; ma oggi per dare senso e futuro alla parola progresso, specialmente per avere qualcosa da dire su questo che interessi i più giovani, non si può e non si deve partire dal lavoro.
D’altra parte, ha poco senso anche proporre per il Pd una svolta neo-centrista, che ne faccia una sorta di nuovo “balenottero” democristiano, magari rosa invece che bianco, moderato e programmaticamente estraneo ad ogni radicalismo. Questa direzione è anch’essa piuttosto lontana dalle storie politiche confuite nel Pd, ma soprattutto è lontanissima dalla realtà  odierna, dalle attese e dalle aspirazioni dei nostri elettori attuali e potenziali. Oggi in Italia il problema più grande dei partiti, e in primo luogo del Pd vista la sua ambizione progressista, è di intercettare almeno un po’ di quella “altrapolitica” – come l’ha battezzata Stefano Rodotà  – che abbonda nella società  e che si sente del tutto estranea ai programmi, ai linguaggi, ai comportamenti della politica ufficiale. Quest’altra politica è fatta di posizioni, sensibilità , aspirazioni le più varie: dai giovani precari che chiedono un welfare che protegga le persone più che i posti di lavoro, alle imprese che da tempo hanno scommesso sulla “green economy” e vorrebbero politiche industriali davvero orientate a promuovere l’innovazione, a quei settori crescenti della pubblica opinione che reclamano al tempo stesso più spazio per il merito, meno potere per le corporazioni, più etica pubblica, riduzione delle diseguaglianze sociali, allargamento e consolidamento della sfera dei beni comuni dall’ambiente alla scuola. Alcune di queste domande sono sicuramente classificabili come “liberali” (ciò spiega la larga e trasversale popolarità  delle scelte più liberalizzatrici del governo Monti), altre nascono dall’idea che vi siano beni e servizi che non vanno trattati come merci. Tutte sono domande “radicali”, nel senso che implicano e rivendicano cambiamenti profondi, talvolta rivoluzionari, nelle politiche. Bene, sembra improbabile che chi si riconosce nell’altra politica si lascerebbe coinvolgere o anche solo incuriosire da un Pd-balenottero rosa.
D’altra parte è proprio una richiesta forte e potente di cambiamento “radicale” che consegnano al Pd i tanti elettori, nostri elettori, delle primarie da Firenze alla Puglia, da Genova a Cagliari, da Milano a Palermo. Storie diverse e locali ma con un loro filo conduttore, che non ha senso leggere, come qualcuno continua a fare, con vecchi occhiali destra/sinistra o tanto meno laburisti/centristi.
Abbiamo meno di un anno davanti per decidere che partito vogliamo essere e su quale progetto vogliamo chiedere agli italiani di darci fiducia. La delicatezza, la drammaticità  della crisi economica in atto, il dato indiscutibile che abbiamo fatto benissimo a sostenere lo sforzo di Napolitano e poi di Monti per salvare l’Italia e forse l’Europa dal baratro, non tolgono nulla all’urgenza di questo impegno: anzi lo rendono ancora più necessario, perché dopo questo intermezzo “tecnico” la politica non potrà  certo tornare a proporsi, e a dividersi, secondo i confini e gli schemi degli ultimi vent’anni.
Abbiamo meno di un anno per convincere i 30 milioni di italiani dei referendum di giugno che per noi i beni comuni – si chiamino ambiente o legalità , coesione sociale o pari opportunità  – sono la base su cui costruire un futuro di sviluppo e di benessere. Meno di un anno per combattere l’antipolitica nell’unico modo guiusto e utile: facendo intanto pulizia di tutte le nostre “zone grigie”. Meno di un anno per imparare a guardare ai problemi di oggi con occhi di oggi: smettendola di litigare tra nostalgici di un laburismo ormai stracotto e neofiti di un liberismo anch’esso ovunque boccheggiante, e convincendoci che la  crisi economica cominciata nel 2008 non è una parentesi, chiusa la quale si può ricominciare “da dove eravamo rimasti”, ma segna un punto di non ritorno che impone risposte nuove ai problemi nuovi posti dalla globalizzazione, dall’allargamento intollerabile nella società  italiana della distanza tra ricchi e poveri, dalla crisi climatica e ambientale. Impone, per esempio, di definire una “road map” credibile per il rilancio dell’economia basata su scelte coraggiose che liberino le migliori energie del Paese battendo conservatorismi di destra e di sinistra e promuovendo una vera innovazione, che faccia nascere lavoro e impresa nei settori per noi più promettenti.
Insomma, abbiamo un po’ meno di un anno per mettere in campo un’idea convinta e convincente di modernità , quell’idea che nemmeno il provvidenziale governo Monti sembra in grado di offrire agli italiani. Di un Pd così c’è un estremo bisogno, e peraltro – così ricordiamo – eravamo nati più o meno per questo.  
 

ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE

Rinnovabili: tempo scaduto, subito i dcreto attuativi

“Il mondo delle energie rinnovabili attende dal 29 settembre l’emanazione di decreti attuativi fondamentali per il funzionamento del settore. Se è vero , come ci risulta, che si è conclusa la trattativa interministeriale con i Ministri dell’ Ambiente e dell’ Agricoltura e la bozza del decreto è in mano al ministro Passera rivolgiamo un pressante appello al ministro dello Sviluppo economico : non si assuma la responsabilità  di prolungare questo ritardo intollerabile e di frenare la corsa dell’unico settore che ha affrontato efficacemente la crisi economica.”

Lo dichiara il senatore Francesco Ferrante, responsabile per il Pd delle politiche relative ai cambiamenti climatici.

 

“Grazie all’esplosione del fotovoltaico  finalmente – continua Ferrante –  il nostro paese si è avviato a colmare il gap con quelli più avanzati come la Germania , ma ormai siamo a rischio di blocco totale sulle altre energie rinnovabili, quali eolico, geotermico, biomasse , mini idro. Senza contare il fatti che  si succedono interventi improvvisati e dannosi, l’ultimo dei quali  l’articolo 65 del dl liberalizzazioni che nel passaggio in Parlamento abbiamo corretto nei suoi perversi effetti retroattivi, ma che resta confuso e abbarbicato. La preoccupazione per l’alto livello raggiunto dagli incentivi è comprensibile ma non giustifica questo blocco, anzi è necessario emanare immediatamente i decreti in modo da potersi concentrare sull’ adeguamento della rete e sfruttare sino in fondo le potenzialità  delle rinnovabili che già  si stanno dimostrando in grado di abbassare il prezzo dell’elettricità  nel nostro Paese, restituendo a cittadini e imprese ciò che danno al settore sotto forma di incentivi in bolletta.”

 

“Il sistema paese non può più attendere, ma sono certo – conclude Ferrante –  che il ministro Passera e il Presidente Monti siano consapevoli che  non rispondere a questa richiesta equivale a  perdere una grande occasione di rilancio dell’economia.”

Salvaiciclisti: lettera di 62 senatori al Ministro Passera

Al Ministro dello Sviluppo Economico
e delle Infrastrutture e dei Trasporti
Dott. Corrado Passera
Egregio Ministro,
Le scriviamo per sottoporle un tema, quello della mobilità , che raramente fa notizia ma che racchiude in sé aspetti relativi alla salute, l’ambiente, l’inquinamento e il risparmio energetico, per non parlare della vivibilità  delle nostre città 
Riteniamo che sia giunto il momento di riconoscere, ad ogni livello amministrativo e politico, la “ciclabilità ” come parte integrante della moderna mobilità  quotidiana nonché come la soluzione più efficace, e a impatto zero, per gli spostamenti cittadini personali su mezzo privato. 
Le alleghiamo il testo di un disegno di legge che abbiamo depositato in Senato anche sullo stimolo della campagna internazionale lanciata dal Times di Londra e che in Italia sta raccogliendo consensi a 360 gradi col nome #salvaiciclisti.
Occorre che si riconosca l’elevato valore sociale della mobilità  ciclistica. Il suo sviluppo e la sua tutela, nel nostro paese lungamente sottovalutati e anzi depressi dall’attenzione centrata sulla mobilità  a motore, devono essere recuperati con la massima urgenza anche per raggiungere gli standard europei, già  da anni a livelli altissimi in molti paesi, ma in Italia quasi inesistenti.

La sicurezza delle persone che scelgono di spostarsi in bicicletta deve essere considerata una priorità  da raggiungere soprattutto e in prima battuta attraverso la limitazione e la moderazione del traffico veicolare a motore. Occorre dare prioritaria attenzione alla sicurezza che, riteniamo, debba dunque spostata dal mezzo bicicletta ai mezzi motorizzati, con decise azioni di limitazione della velocità  in ambito urbano di questi ultimi e una serie di iniziative che disincentivino la mobilità  personale in automobile andando a incentivare, anche sotto forma di sgravi fiscali, la mobilità  ciclistica.
Per questi motivi, Le chiediamo di avviare con la massima urgenza un percorso di riavvicinamento della viabilità  italiana agli standard di civiltà  europei sopra ricordati.
A questo proposito almeno due possibili azioni possono essere intraprese subito:
–                   l’introduzione immediata di limiti di velocità  ridotti e differenziati nelle aree urbane;
–                   l’istituzione di un “Ufficio mobilità  ciclabile” che coordini gli interventi su scala nazionale e avochi a sé poteri e competenze dei sindaci inadempienti secondo la normativa attuale.
Restiamo in attesa di una Sua cortese risposta.
Cordiali saluti
Francesco Ferrante, Marilena Adamo, Mauro Agostini, Bruno Alicata, Silvana Amati, Alfonso Andria, Teresa Armato, Emanuela Baio, Giuliano Barbolini, Mariangela Bastico, Fiorenza Bassoli, Franca Biondelli, Emma Bonino, Daniele Bosone, Franco Bruno, Gianrico Carofiglio, Felice Casson, Vannino Chiti, Antonio D’Ali’, Cristina De Luca, Vincenzo De Luca, Luigi De Sena, Mauro Del Vecchio, Roberto Della Seta, Roberto Di Giovan Paolo, Marco Filippi, Anna Rita Fioroni, Andrea Fluttero, Mariapia Garavaglia, Fabio Giambrone, Paolo Giaretta, Manuela Granaiola, Luigi Grillo, Claudio Gustavino, Maria Fortuna Incostante, Giovanni Legnini, Massimo Livi Bacci, Giuseppe Lumia, Andrea Marcucci, Alberto Maritati, Daniela Mazzuconi, Vidmer Mercatali, Claudio Micheloni, Francesco Monaco, Pasquale Nessa, Franco Orsi, Francesco Pardi, Achille Passoni, Carlo Pegorer, Marco Perduca , Oskar Peterlini, Leana Pignedoli, Manfred Pinzger, Donatella Poretti, Paolo Rossi, Francesco Sanna, Giacomo Santini, Gian Piero Scanu, Achille Serra, Marco Stradiotto, Alberto Tedesco, Salvatore Tomaselli, Vincenzo Maria Vita

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