Comunicati

Shopper non biodegradabili, chiarimenti sugli obblighi di legge

La vendita di shopper non biodegradabili nel Italia è vietata dall’1 gennaio del 2011 e la legge n. 28 del 24 marzo 2012 specifica che quelli biodegradabili ammessi alla vendita sono quelli realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata Uni En 13432:2002. 

  

Inoltre la stessa legge proroga sino all’emanazione di un nuovo decreto ministeriale la possibilità  di vendere sacchetti di plastica riutilizzabili che, pur non biodegradabili, abbiamo spessori minimi e contengano una determinata percentuale di plastica riciclata. 

  

Sembrerebbe tutto chiaro e invece c’è ancora chi vorrebbe confondere le acque. La vicenda di questa legge – originariamente inserita nella finanziaria del 2007 con un emendamento presentato dal sottoscritto – è esemplare di come le lobby possano complicare norme semplici e cerchino di mettere i bastoni tra le ruote alle innovazioni. 

Si è cominciato con l'”ostruzionismo”: la norma approvata nel dicembre del 2006 dava tre anni di tempo (il divieto sarebbe entrato in vigore solo nel gennaio del 2010) per riconvertire l’industria che ruota attorno alla realizzazione degli shopper, produttori di materia prima e trasformatori. Invece in quei tre anni le lobby di chi voleva che nulla cambiasse puntarono tutto sulla cattiva abitudine italiana della proroga, ottenendone una nell’ottobre del 2009 che spostava l’entrata in vigore del divieto al gennaio 2011, facendo un cattivo servizio alle aziende del settore che persero tempo prezioso per la possibile riconversione su prodotti ecosostenibili e innovativi. 

  

Sconfitta questa strategia suicida, si è voluti passare al classico “fatta la legge, trovato l’inganno” e sono quindi apparsi sul mercato nel corso del 2011 – quindi a divieto già  in vigore €” sacchetti che si autodefinivano biodegradabili ma che nei fatti sono realizzati da materia prima fossile cui si aggiungono additivi chimici. Si è resa quindi necessaria la specifica in norma di cosa era da considerare davvero biodegradbile e, in ossequio alla legge del 2006 che faceva riferimento a “ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario” con la legge 28/2012 si sono esentati dal divieto solo quegli shopper con polimeri conformi alla norma armonizzata Uni En 13432:2002: dal 25 marzo di quest’anno nessun altro sacchetto può essere considerato “biodegradabile” ai fini dell’esenzione dal divieto di commercializzazione. 

  

Ma Unionplast sembra non arrendersi e prova a confondere nuovamente le acque con una circolare del 12 aprile 2012 da “azzeccagarbugli”. Nella nota che Unionplast ha inviato ai propri soci, l’Unione nazionale industrie trasformatrici materie plastiche sostiene che sarebbero esenti dal divieto di commercializzazione riguardante gli shopper non solo i sacchetti biodegradabili e quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri ma con spessori minimi ben indicati dalla legge, ma anche “sacchetti ottenuti impiegando plastiche da riciclo post consumo, senza vincoli di spessori e di maniglia, aventi un contenuto di materiale plastico riciclato nella percentuale di non meno del 30 per cento per quelli ad uso alimentare, 10 per cento se destinati ad altri usi”, quando è invece del tutto evidente dalla lettura dell’articolo 2 del decreto che l’interpretazione dell’Unionplast è non solo errata ma anche fuorviante: il comma 3 infatti impone l’utilizzo di percentuali di plastica proveniente dal riciclo post consumo esclusivamente per quei sacchetti, che pur non essendo conformi alla norma Uni En 13432, sono da considerarsi riutilizzabili così come descritti, per lo spessore e la tipologia di maniglia, al comma 1 che è quello che stabilisce le esenzioni dal divieto [shopper con maniglia esterna: spessore superiore a 200 micron (uso alimentare) e 100 micron (altri usi); shopper con maniglia interna: spessore superiore a 100 micron (uso alimentare) e 60 micron (altri usi)]. 

Insomma un ennesimo, inutile peraltro, tentativo di intorbidire le acque. 

  

Temo non finirà  qui e che proveranno a sostenere che il decreto ministeriale che il governo deve emanare entro il 31 dicembre 2012 (e che auspicabilmente farà  molto prima) possa rimettere in discussione la norma sulla biodegradabilità . Ma non c’è alcuna possibilità  di questo tipo , infatti l’incipit del comma 2 (quello che riguarda il decreto) è chiaro: “Fermo restando quanto previsto dal comma 1…” 

C’è un punto della legge modificato nel passaggio alla Camera, infine, che chi scrive non ha condiviso e che obiettivamente non è coerente: lo spostamento al gennaio 2014 della possibilità  di comminare sanzioni a chi non rispetta il divieto. 

Procrastinare le sanzioni su un divieto in vigore non è mai un bel segnale per il rispetto della legalità  e auspichiamo che tale termine venga dallo stesso Parlamento anticipato al più presto, ma sia chiaro che già  oggi chi volesse procedere alla commercializzazione di sacchetti non conformi alla norma rischia il sequestro del materiale illegale e i conseguenti danni economici. 

Nè con Keynes, nè con Monti

In Italia, desolante ma vero, il dibattito sullidentità  della sinistra sembra monopolizzato da due opposte insensatezze: di chi riformista contrabbanda come non plus ultra del riformismo lesecuzione, senza fronzoli né libere interpretazioni, delle istruzioni mercatiste della Banca centrale europea (corrente piuttosto affollata anche nel Pd); e di chi radicale addita come massimo del radicalismo il riciclaggio di vecchie e già  fallite ricette stataliste (pure in questo caso, la posizione non manca di emuli tra i Democratici). Appartiene alla seconda fattispecie anche la neonata Alleanza per il lavoro, i beni comuni e lambiente acronimo Alba che vede un gruppetto di onorabili e non giovanissimi professori universitari autoeletti ottimati proporsi come il nuovo che avanza sulla base di un manifesto che mette insieme demagogia populista noi siamo gli anti-partito, dunque seguiteci e retorica anti-capitalista.
Il primo errore, scambiare riformismo per moderatismo, ha origine nellidea che per essere realista, concreta, la sinistra debba rinunciare a propositi di radicale cambiamento della realtà  e rifuggire, anche, da troppo aspri conflitti sociali. Unidea che particolarmente in Italia ha condizionato la sinistra di governo, spingendola spesso ad assecondare gli interessi più forti e consolidati: nasce anche da qui, da un malinteso senso di realismo, la ricorrente opacità  del rapporto tra la nostra politica la politica dei riformisti al governo delle città , dei territori – e gli affari, anche da qui dunque la nostra fetta di questione morale.
Laltro errore, scambiare radicalismo per statalismo, è nel guardare al presente e al futuro dallo specchietto retrovisore. Così non si vede lessenziale. Non si vede, per esempio, che difendere i beni comuni è il contrario di negare, come negano tanti nostri referendari, che lacqua chiunque la gestisca è una risorsa scarsa e che per amministrarla come bene comune occorre che chi più ne consuma più la paghi. Non si vede che se certo bisogna battersi per uno spazio pubblico di politiche, di servizi e anche di spesa irriducibile alle logiche del mercato, al tempo stesso vanno recuperate parole a lungo considerate dalla sinistra con sospetto una per tutte: liberalizzazioni ma diventate oggi squisitamente di sinistra perché corrispondono al bisogno, allinteresse, allaspirazione di quellesercito di ultimi i precari, i giovani, le donne lasciati ai margini del lavoro e dei diritti sociali che sono i veri proletari del XXI secolo. E ancora, tenendo lo sguardo fisso allindietro non si vede che questa crisi è figlia non soltanto dello strapotere della grande finanza, ma viene soprattutto da un cambiamento rivoluzionario in atto nel mondo, con due o tre miliardi di persone che dopo secoli di assenza ora bussano sempre più rumorosamente alla porta del benessere che è stata finora una porta solo nostra: cambiamento che di per sé, misurato sui valori della sinistra, è totalmente positivo, e che però per la sinistra europea rappresenta una sfida terribilmente difficile.
Ma davvero non ci sono abiti mentali diversi da questi per una sinistra che voglia restare fedele alla sua ragione sociale cambiare il mondo, renderlo più equo e più prospero e rimanere al tempo stesso contemporanea? Noi crediamo che ce ne siano. Sono gli abiti di un riformismo che non rinuncia a proporre cambiamenti radicali e conflittuali, siano la richiesta di unEuropa pienamente democratica o il rifiuto di un pensiero unico attento solo alle risposte dei mercati e indifferente, come macroscopicamente nel caso della Grecia, ai costi sociali delle politiche di risanamento. E sono gli abiti decisamente radicali, ma lontani dalle nostalgie del dirigismo novecentesco, dei Grà¼nen tedeschi, che nel mezzo della crisi hanno trovato maggiori consensi, fino a vincere le elezioni nel Baden-Wà¼rttemberg che è la regione più ricca e popolosa dEuropa, offrendo alla Germania una proposta che può valere per lEuropa intera: in un mondo trasformato dallarrivo sulla scena di protagonisti che per numeri, per forza durto quantitativa sono incomparabilmente più grandi e potenti di noi,  i Paesi industrializzati per difendere il loro peso competitivo e il loro benessere sociale devono specializzarsi nel produrre e vendere qualità , a cominciare dalla qualità  ambientale.
Allora ciò che serve alla sinistra anche in Italia non è ricercare lennesima terza via. E convincersi che la differenza tra conservatori e progressisti ha ancora molto senso ma solo a patto di collocarla nel nostro tempo. E che per dare corpo e speranza a questa differenza non serve resuscitare Keynes e Marx ma nemmeno sostituirli con Trichet, con Draghi o con lo stesso Monti. 
 

ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE

#Salvaiciclisti: bellissima giornata a Roma all’insegna della mobilità  sostenibile

CALENDARIZZARE SUBITO LEGGE SALVACICLISTI

“Una bellissima giornata all’insegna della della mobilità  sostenibile e della partecipazione popolare.
#Salvaiciclisti ha lanciato oggi un segnale chiaro ai sindaci e agli amministratori locali, che per primi hanno la responsabilità  di migliorare la mobilità  dei centri urbani.
Servono con urgenza politiche per  città  a portata di bicicletta, dunque dopo questa tornata di elezioni amministrative chiederemo che venga calendarizzata al più presto la nostra proposta di legge.”
Lo dichiarano il senatore del Pd Francesco Ferrante, primo firmatario di un disegno di legge a sostegno della sicurezza dei ciclisti, e il senatore radicale Marco Perduca, che hanno partecipato oggi alla manifestazione nazionale di Roma promossa dal movimento #Salvaiciclisti.

“I centri urbani congestionati dal traffico e soffocati dallo smog – continuano i senatori – possono essere sensibilmente migliorati incentivando una mobilità  senza motore e a due ruote, in alternativa o a complemento del trasporto pubblico.
Ovviamente occorre prevedere una rete di piste ciclabili, e abbassare il limite di velocità  delle auto a 30 km/h dove non ci sono.
La biciletta non deve essere più un mezzo da utilizzare a rischio della vita, come troppe volte è successo in Italia negli ultimi anni in Italia con drammatici incidenti con le auto, ma una scelta da incoraggiare per una soluzione sostenibile ai problemi di mobilità  dei centri urbani.
Non c’è testimonianza migliore di tutto ciò che vedere e godere appieno della zona dei Fori Imperiali ciclopedonale come oggi.
Ci auguriamo- concludono i senatori –  che l’iniziativa si possa replicare in occasione dei prossimi passaggi della proposta di legge in Parlamento”

1 173 174 175 176 177 605  Scroll to top