Comunicati

Authority: sì a Giovanni Valentini nell’Agcom

“Il Pd lo sostenga, noi lo voteremo”.

“Giovanni Valentini, per la sua esperienza e la sua provata indipendenza, è un candidato ideale per l’ Autorità  per le Garanzie nelle Comunicazioni. Per questo, come ha fatto Ermete Realacci alla Camera, abbiamo proposto al nostro gruppo di sostenerlo, per questo lo voteremo nella seduta di mercoledì”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“I sistemi vigilati dall’Agcom, dalle telecomunicazioni all’audiovisivo e all’editoria – dicono i due senatori – hanno un urgente bisogno di regole certe, rigorose e rispettate, che ne tutelino la trasparenza e l’autonomia. Valentini, per la sua storia e il suo impegno prolungato a difesa di questi valori, è la persona giusta per contribuire ad aprire una nuova stagione nel segno di una comunicazione e di una informazione libere e indipendenti”.

Il Paese fragile e le regole

Le zone colpite dal terremoto, in particolare l’Emilia, contano 24 morti, danni al tessuto abitativo, artistico ed economico per diversi miliardi di euro e gli sfollati sono circa quindicimila:un quadro che racchiuso in queste essenziali informazioni è già  di per se estremamente tragico e luttuoso, ma che ad una larga parte dei media e dell’informazione in generale sembra non essere sufficiente.

Così leggiamo e ascoltiamo di paesi interi rasi al suolo, di una regione al collasso, addirittura di cittadini alla fame.

Un riflesso condizionato ha fatto poi partire l’accostamento ai terremoti dell’Irpinia e del Friuli.

Terremoti che, ricordiamolo, provocarono 4mila morti e centinaia di migliaia di sfollati.

Vogliamo sottovalutare la portata di quanto è successo?

Assolutamente no, ma vogliamo invece mettere in luce che un certo tipo di informazione contribuisce a consolidare la fenomenologia del disastro naturale cui occorre semplicemente arrendersi, pensando che dopo essersi chinati di fronte all’ineluttabile catastrofe, si ricominci da dove si era lasciato, rifacendo gli identici errori.

Questo sentimento diffuso non stupisce, perchè è stato accarezzato e utilizzato per decenni dalla classe dirigente del nostro Paese, incentivando a costruire, sempre e comunque, antropizzando il territorio in nome della sicurezza del mattone.

E gli anni del berlusconismo di questa tendenza hanno fatto la propria cifra: solo un anno fa il governo Berlusconi voleva rilanciare l’economia appunto col mattone, con una ricetta da Italia anni 50.

La vocazione a occupare il territorio è una caratteristica di economie in cui il nostro Paese non può più riconoscersi, perchè gli oneri che derivano dalla dispersione energetica e dall’inquinamento si traducono in innalzamento dei costi e abbassamento della qualità  della vita.

L’occupazione del territorio va poi di pari passo poi con quella voglia sfrenata di deregulation, che duole dirlo abbiamo visto cosa ha comportato con molti capannoni industriali, magari costruiti 10 anni fa, e venuti giù come castelli di carte.

Non possiamo che chiedere, come facciamo da tempo, a volte non sostenuti con energica convinzione nemmeno dalla nostra parte politica,perchè in una Italia che fatica così tanto a rispettare le regole, dove la cosa pubblica è intesa spesso come la cosa di nessuno da sfruttare, svilire, mortificare, tuttavia non si impari mai la dura lezione dell’esperienza.

Forse perchè è il facile gioco di chi vuole fare il furbo, mescolando le carte e camuffando le ipotesi di sanatoria dell’abusivismo edilizio con la necessaria semplificazione burocratica. La continua proroga all’entrata in vigore delle norme antisismiche e il tentativo di “tana libera tutti” contenuto nei piani casa di troppe regioni, compresa una semplificazione in materia antisismica, devono appartenere ad una storia che non dobbiamo mai più vedere nel nostro paese.

Ora è il momento della solidarietà  nazionale e della necessità  di intervenire rapidamente, anche facendo ricorso a quei due centesimi in più sulla benzina che in molti, in maniera bipartisan, hanno criticato per un mal interpretato senso di equità .

Da domani cominciamo invece a considerare il nostro Paese come è realmente, ovvero fragile e bisognoso di attenzione, per cui ognuno deve fare la propria parte, iniziando magari a mettere in sicurezza la propria abitazione, cosa per la quale sarebbe veramente auspicabile l’estensione degli ecoincentivi del 55%.

Sperando di non sentire , magari dalle stesse voci che in questi giorni mostrano grave indignazione e foga polemica, qualche nuovo peana per quelle “semplificazioni” che in realtà  nascondono pericolose derugulation. E un banco di prova sarà  nei prossimi giorni osservare le reazioni all’insensata proposta del ministro Passera di liberalizzare le trivellazioni in mare.

ROBERTO DELLA SETA

FRANCESCO FERRANTE

In decreto incentivi torna il tentativo di abbassare limiti per trivellazioni

OPERAZIONE SPREGIUDICATA

“Le parole entusiastiche di alcuni giorni fa del ministro Passera, che aveva “decantato” le presunte potenzialità  offerte dal settore delle trivellazioni  in Italia erano un cattivo presagio.
Ma nel cosiddetto decreto ‘incentivi e rilancio infrastrutture’ che da qualche settimana è in rampa di lancio sembra che il Ministro voglia inserire  una norma peggiore di quanto ci si potesse aspettare: è previsto un nuovo via libera alle trivellazioni petrolifere e gasiere selvagge nei mari italiani, con un limite spaziale per le perforazioni off shore che  passa da 12 a 5 miglia marine, praticamente sottocosta.”
Lo dichiarano i senatori del Pd  Francesco Ferrante e Roberto Della Seta.

“Passera – continua Ferrante –  ha parlato di 20 mila fantomatici addetti per questo ‘rinascimento petrolifero’, ispirato dai dati di Assominiera, secondo il quale riportare il limite delle trivellazioni da 12 miglia a 5 miglia , si tradurrebbe in entrate per lo Stato di 2 miliardi di euro l’anno.
Invece i dati da prendere in considerazione sono ben altri: anche  se estraessimo le 11 milioni di tonnellate di riserve petrolifere stimate nei fondali marini del nostro Paese, ai consumi attuali li esauriremmo in soli 55 giorni.
E’ di tutta evidenza un’operazione a uso e consumo delle multinazionali petrolifere, che provocherebbe un danno in termini di immagine e turismo enorme a tantissime località  italiane.
Senza contare i rischi concreti per l’ambiente, che erano stati alla base del dietrofront due anni fa del Governo Berlusconi dopo il disastro del Golfo del Messico,  che aveva indotto a portare il limite per le perforazioni da 5 a 12 miglia .”

“La pericolosità  delle trivellazioni sottocosta è identica a due anni fa, e dunque se il decreto riportasse veramente a 5 miglia il limite sarebbe la dimostrazione plastica di quella spregiudicatezza delle scelte che, come drammaticamente ci insegna il dramma del terremoto, non paga mai”- concludono i parlamentari.

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