Comunicati

Fiat: Marchionne comunista? Non gli piace la concorrenza

“Le ultime esternazioni di Marchionne contro la politica dei prezzi di Volkswagen rasentano il surreale: l’a.d. di Fiat, che tutti i giorni dà  lezioni a mezzo mondo sulle superiori ragioni del mercato in questo caso protesta contro l’idea stessa di concorrenza.

Delle due l’una, o il numero uno di Fiat si sta scoprendo comunista, forse stregato dalle frequentazioni cinesi, oppure deve risolvere qualche contraddizione con se stesso.”

Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante

Ilva: responsabilità  del dramma è di Riva, chiusura impianto non può essere una soluzione, continuare con risanamento

 “La chiusura dell’Ilva di Taranto è un fatto che non può non suscitare grande preoccupazione e allarme.
La responsabilità  di quanto accade oggi ha nome e cognome, ricade interamente sulla famiglia Riva che ha guidato la società  negli ultimi anni, costringendo la città  di Taranto a dibattersi tra dramma ambientale e dramma sociale.
Sarebbe inammissibile ora vanificare il percorso per mettere a norma gli impianti e produrre nel rispetto di ambiente e salute, pur partito in ritardo, e nel contempo gettare Taranto in una crisi pesantissima”.
Lo dichiarano i senatori ecodem del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che continuano “La lettura della vicenda Ilva è stata per troppo tempo distorta dall’operato in malafede di Riva: scegliere tra la salute e la disoccupazione, per continuare a fare profitti  sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini. Chiudere l’Ilva ora che il risanamento è cominciato sarebbe un errore imperdonabile, e porterebbe la città  in un tunnel senza uscita.
Si lavori dunque a creare in tempi rapidi le condizioni per il dissequestro della fabbrica, e si perseguano i responsabili di un inquinamento ambientale che rappresenta una delle pagine più vergognose della storia dell’industria italiana”.

Regalare a Monti un’agenda democratica

Un flesso della Storia. S maiuscola. Siamo lì e quasi non ce ne accorgiamo, distratti dalle meschinità  berlusconiane (ancora!), dagli arrembaggi di effimeri movimenti qualunquisti, dalla difficoltà  nostra – di noi Pd, di noi “sinistra” – di riconoscere la vera natura di questa crisi. Una crisi diversa da tutte le altre che abbiamo conosciuto: non solo perché sconquassa con effetti devastanti popoli che ci sono vicinissimi, prima i greci e ora gli spagnoli, e perché mette a rischio anche a casa nostra sicurezze e benessere, certo diseguali, che ci sembravano acquisiti una volta per tutte. Diversa e più grande, soprattutto, per la sua globalità ”, perché le sue radici profonde non sono tanto nelle convulsioni del capitalismo finanziario, che per salvare la ricchezza di pochi non esita ad aggredire interi Paesi. Sono prima ancora in un processo che non ha precedenti e non si può fermare: un processo che sta spostando, in parte ha già  spostato, il baricentro economico e geopolitico del mondo dalle due sponde dell’Atlantico, Europa e Usa, a un luogo geograficamente virtuale ma concretissimo che sta da qualche parte tra la Cina, l’India, forse il Brasile. 

Un flesso così in altre epoche si sarebbe risolto in guerre. Oggi le guerre restano confinate nell’estrema periferia del nuovo come del vecchio baricentro, in Africa specialmente, e fortunatamente non sono tra le vie d’uscita realistiche dalla crisi mondiale e dai suoi sconvolgimenti. 

In questo mondo nuovo che sta prendendo forma, noi italiani siamo più piccoli, e da soli irrimediabilmente più insignificanti, di quanto eravamo prima. Da questa consapevolezza dovremmo sempre partire, con responsabilità  e coscienza, anche nell’occuparci della nostra “piccola” agenda italiana. Allora ci apparirebbe chiaro che ogni nostro sforzo deve essere diretto alla costruzione di un unico, grande Paese-Europa: sola via per accompagnare con dolcezza e senza eccessivi traumi lineluttabile spostamento di ricchezza e potere verso altre latitudini e longitudini, solo modo per salvare le conquiste più preziose della nostra storia – a cominciare dai sistemi di welfare – e per mettere a frutto sul piano dell’economia reale, dei rapporti di forza competitivi, il saper fare tecnologico, manifatturiero, creativo nel quale tuttora primeggiamo. Proprio qui, nell’urgenza imperativa di scommettere tutto sull’Europa, è il valore aggiunto rappresentato da Monti e dalla sua autorevolezza internazionale. Un valore del quale, onestamente, non si capisce come potremmo fare a meno nel prossimo futuro. Per questo commette un gravissimo errore chi, dai cosiddetti “giovani turchi” del Pd alla sinistra radicale e sindacale ai demagoghi che si agitano tra Grillo e Di Pietro, irresponsabilmente sostiene che di Monti dovremmo sbarazzarci al più presto, e che insieme a lui dovremmo buttare a mare  riforme,  fiscal compact, azzeramento del deficit, come se fossero questi i mali dellItalia. Daltra parte, appare assai poco convincente anche il sostegno incondizionato alla “agenda Monti” proposto da nostri amici e compagni del Pd che, così sembra, invocano per la prossima legislatura un sostanziale “continuismo” rispetto alle scelte di governo degli ultimi mesi. In realtà  per il futuro noi abbiamo bisogno di Monti molto di più che del suo governo. Abbiamo bisogno della credibilità  di Monti, del suo contributo pressoché insostituibile  come ambasciatore dellItalia migliore sobria, onesta, rigorosa nelle trattative internazionali, difficili e  aspre, che accompagneranno ancora a lungo la rivoluzione globale in corso. Ma accanto a Monti ci serve un governo che sappia indicare all’Italia, e cominciare a costruire, la via per il futuro. Qui è il vero deficit dell’esperienza Monti, simboleggiato al meglio dalla palese inadeguatezza del Ministro Passera: misto di conservatorismo e subalternità  a qualche residuo “potere forte”, campione di inazione nel compito di ridare qualche pompata di ossigeno all’economia reale. 

E’ questo il fronte su cui deve attestarsi il Partito democratico: non dividersi tra montiani e anti, ma dire da subito che il sostegno a Monti, utile e forse necessario anche per il futuro, è vincolato a scelte di visione radicalmente diverse da quelle operate sinora: green economy e spinta a ricerca e educazione, patrimoniale per difendere i redditi più bassi, impegno per i diritti civili e battaglia per la legalità  in ogni campo. Insomma, offrire in regalo a Monti una incisiva “agenda democratica”: questo, noi crediamo, dovrebbe dire con nettezza chiunque voglia candidarsi a guidare il centrosinistra e i progressisti. 

P.S. Molti si agitano sulla data delle prossime elezioni. Importante non è la data ma come si voterà . Chi scrive ha fatto di tutto contro il porcellum, anche un referendum, ma questo non ci esime dal dire che uscirne con il ritorno alle preferenze è una soluzione peggiore del male. Con la politica ridotta com’è, ci toccherebbe un parlamento di cacicchi e ras di quartiere che ci farebbe persino rimpiangere quello dei nominati. Si tratti su tutto, si conceda il concedibile pur di giungere a un compromesso con le altre forze politiche che consenta di seppellire l’orrenda legge Calderoli. Ma ritornare alle preferenze per piacere no! 

 

ROBERTO DELLA SETA 

FRANCESCO FERRANTE 

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