Intervento in aula sul decreto terremoto
FERRANTE (PD). Signor Presidente, premetto di condividere il giudizio dato dal collega Della Seta sulla relazione del presidente D’Alì, che spero non se ne adonterà . Anch’io, infatti, ritengo abbia ecceduto rispetto al mandato ricevuto dalla Commissione e, senza voler anticipare la dichiarazione di voto che, a nome del mio Gruppo, farà il collega Barbolini più tardi, preannuncio che il Partito Democratico giudica positivamente il decreto, che voterà in maniera convinta non soltanto per il rischio che decada, ma perché complessivamente va in direzione di assicurare alle popolazioni e ai territori colpiti dal terremoto le risorse necessarie e urgenti – come, una volta tanto, prevede il decreto-legge – per potere andare avanti.
Signor Presidente, vorrei cogliere l’occasione di questo intervento per lasciare agli altri una riflessione che in questo caso condivido con il presidente D’Alì sul modo in cui, da troppo tempo, siamo abituati a legiferare in Parlamento. L’abuso della decretazione d’urgenza, che non riguarda il provvedimento in esame ma molti altri, è una storia che va avanti da lungo tempo ed è quella che forse ha segnato l’intera Seconda Repubblica e che meriterebbe pertanto una riflessione maggiore.
Mi rendo conto che oggi si è travolti da altre proteste demagogiche contro la casta, ma invece dovremmo riflettere profondamente su una sorta – mi lasci dire, anche se il termine un po’ forte – di esproprio della possibilità di legislazione del Parlamento proprio per l’eccesso di decretazione di urgenza imposto nel nostro modo di fare politica.
In queste ultime settimane tale eccesso è arrivato al parossismo, ed è questo il punto che condivido con il presidente D’Alì. Di fatto, abbiamo rinunciato al bicameralismo per cui un provvedimento, una volta esaminato da un ramo del Parlamento, non può essere corretto dall’altro. In più l’urgenza e le modalità di esame dei provvedimenti, anche nel solo ramo del Parlamento deputato a modificarli, non possono non lasciare del tutto insoddisfatti.
Oggi abbiamo appena votato la fiducia al decreto sulla spending review che, nonostante gli sforzi compiuti dai colleghi in Commissione bilancio, nella sua versione finale risente dell’accelerazione e dell’affastellamento di norme ed emendamenti esaminati in tempi brevissimi. Probabilmente non tutto, onestamente, era giusto approvare in questo modo e forse una seconda lettura avrebbe potuto migliorarne il contenuto.
Nelle prossime ore voteremo un decreto sviluppo che, per alcuni versi, nella versione licenziata dalla Camera dei deputati, necessiterebbe di importanti modifiche che tuttavia non saremo in grado di fare.
Insomma, così non si può andare avanti, e se non si fosse andati avanti avremmo potuto utilmente correggere alcuni errori – li devo chiamare così – a mio avviso contenuti anche nel decreto terremoto che ci apprestiamo ad approvare.
Ribadisco che complessivamente voteremo con convinzione tale decreto, ma esso contiene alcuni errori che avremmo dovuto e potuto modificare, in un modo di legiferare e organizzare i nostri lavori diverso da quello invalso.
Mi riferisco a due punti fondamentali, il primo dei quali è quello in cui si stabilisce, per una norma approvata alla Camera, che in sede di ricostruzione degli immobili adibiti ad attività industriale ed artigianale si possa prevedere un aumento del 20 per cento della superficie utile dell’edificio. Questa norma, così com’è, l’abbiamo criticata in molti altri provvedimenti, previsti in questa maniera anche dal Governo precedente, rispetto al quale eravamo all’opposizione. Anche in questo caso, riteniamo che prevedere un aumento della cubatura generalizzato, senza peraltro collegarlo ad esempio, come abbiamo chiesto in un ordine del giorno che abbiamo presentato, a misure che consentano un’efficienza energetica maggiore o un miglioramento qualitativo dell’edificio, sia un errore grave che avrà ripercussioni negative su quel territorio.
L’altro punto che avrebbe meritato una correzione è quello che prevede che non ci sia alcun blocco nell’inizio dei lavori, che si avviano attraverso una semplice dichiarazione d’inizio lavori, anche per quegli edifici che non siano totalmente abusivi o oggetto di ordinanza di demolizione. Così recita la norma, lasciando intendere che edifici che siano solo in parte abusivi o per i quali non sia stato portato a termine dalla magistratura l’iter procedurale per determinarne l’ordine di demolizione (quindi edifici che sono parzialmente abusivi) possono essere ricostruiti attraverso una semplice dichiarazione. Anche questa ci sembra una norma sbagliata, che abbiamo contestato duramente in altri provvedimenti ed abbiamo impedito venisse approvata per altre Regioni d’Italia e non si capisce perché questo debba essere consentito, seppure in un luogo colpito da un evento così grave come un terremoto.
Concludo chiedendo – e in tal senso abbiamo presentato anche un ordine del giorno – che quantomeno nei prossimi provvedimenti si chiarisca che questa norma non prelude ad alcun condono, né di fatto, né di sostanza. (Applausi dal Gruppo PD).