Comunicati

Nuova strategia energetica: ok obiettivi, ma idee confuse e follia trivelle libere

 Pubblicato su Greenreport.it
Si moltiplicazioni le anticipazioni giornalistiche sulla Strategia energetica del governo. Dopo quella ferragostana di Repubblica, oggi quella più completa de Il Sole 24 Ore.
In attesa di leggere il documento ufficiale alcune cose è possibile dirle subito. Se sono condivisibili gli obiettivi numerici dichiarati al 2020 (anche se possibile far di più sulla riduzione dei consumi e si sarebbe potuto spingere assai di più sulle rinnovabili), appaiono ancora confusi gli strumenti per raggiungerli e sbagliatissima l’idea di aumentare l’estrazione di fossili nel nostro Paese con “trivelle libere”.
Si prevede una riduzione dei consumi al 2020 del 4% (il 24% rispetto al tendenziale, superando cosi il 20% dell’obiettivo europeo): noi crediamo sia un obiettivo ancora troppo timido e soprattutto non è chiaro come raggiungerlo. Si parla sempre del 55% , ma è lo stesso Governo che si è ripetutamente rifiutato di renderlo stabile e in pratica lo ha svuotato portando al 50% la detrazione fiscale per interventi in edilizia che non prevedono alcun risparmio energetico. Sulle rinnovabili siamo intervenuti più volte: il Governo ritiene che si supereranno anche in questo campo gli obiettivi europei al 2020, ma intanto ha emanato il pasticciatissimo V conto energia sul fotovoltaico le cui risorse prevedibilmente si esauriranno entro l’anno e quindi non si accompagnerà  il settore verso il raggiungibilissimo obiettivo della grid parity, per le altre fonti sono previste aste e registri che lasciano l’intero settore nell’incertezza.
Sul gas, va dato atto al Governo di aver fatto importante passo in avanti con la separazione proprietaria della rete, primo step per ottenere un allineamento dei prezzi con quelli praticati in Europa e nel resto del mondo e appare ragionevole progettare la diversificazione dell’approvvigionamento della fonte fossile meno inquinante e utile nella transizione verso un’economia low carbon.
E’ del tutto folle invece  e la contrasteremo con forza l’idea che si posa ridurre il fabbisogno estero puntando sull’estrazione di petrolio sul nostro territorio e nei nostri mari. Il rischio connesso a potenziale inquinamento non vale assolutamente la candela del poco che se ne potrà  ricavare. Si premierebbero solo le aziende petrolifere mettendo a repentaglio possibilità  di sviluppo altre di grandi parti del nostro Bel Paese.
Insomma le anticipazioni giornalistiche fanno ritenere che ci sia ancora molto da lavorare per mettere a punto un’efficace Strategia e quindi appre opportuno che il Ministero Sviluppo Economico metta sul tavolo al più presto una proposta formale su cui potere intervenire a correzione
 
Sen. Francesco Ferrante
Responsabile energie rinnovabili e politiche per cambiamenti climatici del Partito Democratico
 
 

Sulcis: i lavoratori non meritano di essere presi in giro

“I minatori del Sulcis e la loro valorosa battaglia in difesa del lavoro non meritano di essere presi in giro”.
E’ quanto afferma il senatore del Partito Democratico Francesco Ferrante.
“Per anni chi li rappresentava e  una classe politica incapace e miope, – sottolinea Ferrante – sono stati complici nel tenere in vita un’attività  insostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Si sarebbe dovuta avviare la riconversione, puntando su un cambiamento radicale abbandonando le attività  estrattive giá vent’anni fa. Quel carbone non lo compra più nessuno non per un qualche strano complotto internazionale, ma semplicemente perchè fa schifo. Lo sanno e lo sapevano tutti ed è stato criminale far finta di nulla. Oggi non si perpetui l’atroce presa in giro di centinaia di lavoratori proponendo improbabili sperimentazioni legate allo stoccaggio della CO2 e si imbocchi finalmente la strada della riconversione puntando sulla formazione dei lavoratori che permetta loro di impegnarsi e avere un futuro in iniziative industriali quali quelle legate alle rinnovabili e al turismo, sfruttando le potenzialità  straordinarie di archeologia industriale, – conclude l’esponente pd – e a quant’altro il territorio vorrà  mettere in campo”.

Ilva: ora costringere proprietà  a cambiare strada

Pubblicato su www.qualenergia.it

Grazie. Così dovrebbe iniziare qualsiasi discorso indirizzato a magistrati di Taranto che svolgono le indagini sull’Ilva. àˆ infatti grazie al loro senso del dovere, e alla loro tenacia se finalmente si potrà  scrivere la parola “fine” a una brutta storia che dura da decenni. Una storia fatta di inquinamento che ha avvelenato Taranto e i suoi cittadini, devastato l’ambiente, senza che chi avrebbe dovuto esercitare i poteri di controllo e vigilanza l’abbia mai fatto davvero e che anzi con la sua ignavia si è reso oggettivamente complice di comportamenti irresponsabili della proprietà , prima pubblica e poi privata, per i quali le indagini della magistratura appureranno reati e relativi colpevoli.
Ma se finalmente si può intravedere la fine di quella storia così pesante, dobbiamo ancora capire se è possibile iniziare a scriverne un’altra in cui si dimostra realizzabile l’ipotesi di continuare a produrre acciaio in questo nostro Paese e di farlo rispettando ambiente e salute dei cittadini.
Per provarci davvero, va scongiurata l’eventuale chiusura dell’impianto che inevitabilmente sarebbe definitiva e che comporterebbe la perdita di oltre 10mila posti d lavoro . Un bene prezioso ovunque e forse ancor di più in quella realtà .
Si può fare? Chiunque abbia a cuore la difesa dell’ambiente e la giustizia sociale se lo deve augurare e lavorare in quella direzione e per questo abbiamo apprezzato il programma che si è dato il Ministro dell’ambiente: risanamento, bonifica, riduzione dell’impianto ambientale della produzione a impianto aperto. Ma l’obiettivo resterà  irraggiungibile se non si costringe la proprietà  a cambiare radicalmente strada. Dall’arroganza, che agitando il ricatto occupazionale, ne ha sempre contraddistinto l’azione e resa nemica dello stesso territorio su cui insiste l’impianto, deve passare all’utilizzo delle migliori tecnologie possibili, che peraltro vengono utilizzate in molte parti del mondo anche dai concorrenti dell’Ilva. E non è solo il consueto”modello tedesco” (in quel paese si produce il doppio delle tonnellate di acciaio senza avere situazione nemmeno lontanamente paragonabili al disastro Taranto) quello cui si deve guardare. Le foto che mettono a confronto i parchi minerari di Taranto, fonte di tanti guai, e quelli modernissimi della acciaieria della Hiunday in Corea del Sud raccontano più di tante parole. Il colosso automobilistico del sud est asiatico rampante, nel momento in cui ha voluto dotarsi di una propria acciaieria lo ha fatto con le attenzioni più alte alla tutela dell’ambiente. Altro che concorrenza sleale de paesi emergenti! Qui sembra proprio il contrario. Allora finalmente la politica, il Governo e gli enti locali, faccia il suo mestiere : imponga , come già  fatto sulla diossina, le Best available technologies con gli strumenti che ha a disposizione (a partire dalla nuova Aia che recepirà  anche le prescrizioni indicate dai provvedimenti dei magistrati), e metta le risorse necessarie per bonificare i danni del passato quando la proprietà  era pubblica. Solo così per Taranto la seconda puntata di una storia fino adesso assai brutta potrà  avere un lieto fine.

Francesco Ferrante
Vicepresidente Kyoto Club

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