Comunicati

Mobilita: politici di ogni schieramento partecipino a Stati generali della bicicletta

 “Lancio un appello ai politici, parlamentari e amministratori locali di ogni schieramento: intervenite agli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità  Nuova.

Sarà  l’occasione per parlare concretamente e trovare, a livello amministrativo e politico, soluzioni per rendere la ciclabilità  non solo parte integrante della moderna mobilità  quotidiana ma anche come soluzione efficace e a impatto zero per gli spostamenti cittadini personali su mezzo privato.”

Lo dichiara il senatore Francesco Ferrante, responsabile energia e politiche relative ai cambiamenti climatici del Pd, intervenuto oggi alla presentazione dell’evento che si terrà  il 5 e 6 ottobre a Reggio Emilia.

 “Lo scorso febbraio – aggiunge Ferrante –  ho depositato un ddl sulla mobilità  ciclistica che ha avuto una larga adesione, e che è una prima risposta alle giuste richieste di tutti coloro già  utilizzano la bicicletta non solo come sport e svago, ma come mezzo di spostamento.

Dopo i pedoni, sulle strade italiane la categoria più vulnerabile è quella dei ciclisti: oltre 1.514 morti dal 2005 al 2010, anno a cui si fermano i dati Istat, e quasi 71 mila feriti.

L’Ue ha sollecitato ciascun governo nazionale ad aumentare il livello di sicurezza per i ciclisti incoraggiando la realizzazione di infrastrutture adeguate, e in questo senso vanno le due misure principali contenute nel ddl:diminuire in città  il limite di velocità  a 30 km/h , e implementare la rete di piste ciclabili.

La mobilità  su bicicletta ha potenzialità  enormi, ma occorre un cambio di strategia, perché sono fondamentali  le  infrastrutture per lo spostamento su ferro nelle medie e lunghe distanze, ma occorre intervenire sui problemi che interessano internamente le aree congestionate, soprattutto in contesto urbano. La grandissima parte di tutti gli spostamenti urbani avviene per distanze di circa 5 Km , e dunque è chiaro che un maggiore uso della biciclette possa contribuire alla riduzione del traffico motorizzato, quindi delle emissioni di CO2.”

 “Occorre un modello di mobilità  incentrato sull’intermodalità  ed un maggior utilizzo della bicicletta, favorendo così – conclude Ferrante –  il miglioramento dell’ambiente sia in termini di minor inquinamento che di decongestione del traffico.”

 Roma 27 settembre 2012

Con Renzi da ambientalisti

Il rinnovamento generazionale delle élite politiche può avvennire attraverso due strade: per cooptazione, con i “vecchi” che scelgono e battezzano sul campo i propri successori, oppure per vera sostituzione, quando i “giovani” che aspirano a posizioni di leadership scalzano i “padri”. Tra i due modelli corrono varie differenze. Il primo tende a ritardare il ricambio (chi ha il potere non ama farsi da parte), e poi ha un segno molto più conservatore perché in genere i cooptati ereditano, con i posti, anche la visione e la mentalità  di chi li ha scelti. 
Ma entrambi possono produrre, spesso hanno prodotto, risultati brillanti: per limitare lo sguardo al centrosinistra, appartiene al primo tipo la carriera di Hollande, al secondo quella di Blair o di Obama.
Matteo Renzi dunque non ha inventato nulla, semplicemente ha dato un nome più diretto e brutale – rottamazione – a una cosa che esiste da sempre.
Certo, l’esigenza di un rinnovamento radicale delle classi dirigenti, politiche e non solo, si presenta oggi con più urgenza perché viviamo in un’epoca di trasformazioni profondissime e inedite nel campo sociale, economico, geopolitico. Trasformazioni che investono per prima l’Europa, che può restare protagonista nella globalizzazione solo trovando la forza di una vera, democratica unità  politica; trasformazioni che pongono a tutti domande e da tutti esigono risposte totalmente diverse da quelle abituali nel passato. Così, la crisi economica e le sue radici – esplosione dei debiti sovrani, eccessiva finanziarizzazione dell’economia – rendono inaccettabili o inservibili molte delle soluzioni tipicamente socialiste e liberali: la ricetta keynesiana, finanziare lo sviluppo con risorse pubbliche; la ricetta liberista, affidare solo al mercato la regolazione dei rapporti economici e la stessa distribuzione della ricchezza, accarezzata da tanti in questi anni anche a sinistra e che qualche riformista troppo zelante continua a proporre come via d’uscita dalla crisi.
Serve indicare e costruire una via nuova: che resti bene ancorata al valore dell’equità  sociale, operando per accorciare la distanza sempre più larga tra ricchi e poveri e per presidiare, tenendolo al riparo da logiche puramente commerciali, lo spazio irriducibile dei beni comuni; ma non insegua nostalgie stataliste e si fondi sulla convinzione che ridurre il debito pubblico, dare più libertà  alle energie sociali e molto più spazio ai meriti individuali, passare dal welfare delle pari prestazioni per tutti a quello delle pari opportunità , sono obiettivi squisitamente di sinistra.
Questa esigenza di un ricambio non solo nell’anagrafe, ma nella visione delle classi dirigenti, in Italia per motivi evidenti è particolarmente urgente e costituisce quasi una precondizione per ogni credibile progetto riformista. Nel nostro paese la mobilità  sociale in tutti i suoi aspetti – mobilità  nel reddito, nell’accesso alle professioni, nella composizone delle élite – è lentissima e l’età  media delle rappresentanze politiche e sociali, anche per questo, decisamente elevata. A ciò si aggiunga che le nostre classi dirigenti – dalla politica, al sindacato, alla stessa impresa – si sono formate su tradizioni, su pensieri ormai fuori dal tempo.
Il rischio, allora, è che se il ricambio avviene per cooptazione, i “nuovi”, per quanto giovani di anagrafe, riproducano categorie di analisi assai poco contemporanee: rischio evidentissimo se si leggono i documenti politici sfornati a raffica dai Giovani Turchi, che sebbene ora si atteggino a rottamatori per convenienza tattica, tuttavia propongono analisi, proposte, visioni quanto mai inattuali.
Infine, vi è ancora una ragione, forse più pressante di tutte, che deve obbligare Pd e centrosinistra a rinnovare volti e comportamenti delle sue leadership. àˆ la caduta verticale di etica pubblica nella classe politica, dalla quale non siamo affatto immuni. Dall’altra parte fanno di peggio? Può darsi. Noi ci risparmiamo i bunga bunga e le feste in costume da antichi greci? Benissimo. Ma dalle tante vicende di vera e propria corruzione al malcostume dilagante che ha visto i partiti, ad ogni livello e senza apprezzabili distinzioni, attribuirsi prebende e privilegi e utilizzare in modo improprio, privatistico, il denaro pubblico, noi fino ad ora siamo stati parte del problema più che della soluzione.
Per questo, per tutto questo, noi scegliamo Renzi. Il suo discorso, le sue proposte, il suo impegno per un rinnovamento profondo della basi culturali e programmatiche del centrosinistra, ci sembrano un’occasione da non perdere. Il nostro paese nella crisi odierna sta pagando un sovraprezzo pesante a inerzie, arretratezze, inefficienze accumulate in decenni. Ma se smettiamo di fare l’Italietta, se sconfiggiamo i nostri lati oscuri – primo fra tutti: l’abitudine all’illegalità  – e scommettiamo con coraggio sui nostri talenti, dalla manifattura di qualità  all’economia verde, possiamo prepararci un futuro all’altezza della nostra storia.
Scegliamo Renzi non perché siamo in cerca di un leader moderato. Se le parole hanno un senso compiuto, possiamo dire di sentirci, da ecologisti, una “sinistra radicale”: molto più radicali e molto più di sinistra, nelle idee di cambiamento, di tutti quelli che oggi si scoprono socialisti duri e puri. Nemmeno siamo innamorati dell’agenda Monti: provvidenziale per salvare l’Italia dal baratro in cui stava precipitando, ma lontanissima da un progetto adatto ad affrontare i problemi e i bisogni del Paese. No. Scegliamo Renzi perché, nelle condizioni date, impersona molto meglio la possibilità  di avvicinare il centrosinistra all’immagine di un’idea progressista contemporanea, efficace, convincente. L’immagine su cui era nato il Pd, la premessa obbligata per vincere prima le elezioni e poi la sfida difficilissima del governo. 
Roberto Della Seta e Francesco Ferrante

Tortura: oggi in Senato sceneggiata indegna di destra e Udc

“Oggi in Senato la destra e l’Udc hanno impedito, con cavilli e pretesti, il voto  e l’approvazione del disegno di legge che istituisce finalmente anche in Italia il reato di tortura. E’ stata una  sceneggiata indegna: le cronache degli ultimi anni, dalla scuola Diaz di Genova al caso di Stefano Cucchi, sono purtroppo piene di episodi tragici nei quali pubblici ufficiali hanno abusato del loro potere provocando sofferenze a cittadini inermi e talvolta si sono tradotti in veri e propri omicidi”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante
“Un paese civile come l’Italia – proseguono i due senatori ecodem – non può restare senza reato di tortura nel proprio codice penale, e i primi ad avere interesse a questa scelta sono le migliaia di poliziotti, carabinieri, uomini dello Stato che compiono ogni giorno con onore e nel rispetto della legge il  loro dovere. Evidentemente la destra italiana, in questo caso con l’appoggio dell’Udc, vuole invece garantire impunità  e immunità  ai pochi torturatori che utilizzano la divisa per violare lo stato di diritto”.

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