Comunicati

Autostrade: no a soldi pubblici per debiti Serravalle

“Meglio un fallimento controllato”
 
“Non siano i cittadini a pagare per le scelte insensate e ambientalmente devastanti delle autostrade lombarde a rischio crack. Il Governo deve commissariare la società  autostradale Serravalle e fermare i cantieri aperti di Tangenziale Est esterna di Milano e Pedemontana: meglio un fallimento controllato piuttosto che sperperare soldi pubblici per scelte contrarie all’interesse generale”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Pochi giorni fa – continuano i senatori ecodem –   il bando per la vendita dell’82% di Serravalle si è concluso con un nulla di fatto, con una base d’asta di 658 milioni, alla quale  vanno aggiunti gli investimenti in aumento di capitale e finanziamenti per la realizzazione delle opere Pedemontana e Tem, che hanno un valore complessivo di almeno 400 milioni. L’idea di costruire con risorse private due autostrade che costano nel complesso 7,5 miliardi si sta rivelando un azzardo, mentre i costi sono in crescita esponenziale, tanto che un solo chilometro di Pedemontana costa ben 51 milioni di euro. Nel frattempo, dei promessi interventi di potenziamento ferroviario a favore del trasporto pubblico locale, questa sì una necessità  vera e urgente, non c’è traccia”.
Per i due parlamentari ecodem, “Per una politica dei trasporti fallimentare, la Lombardia si ritrova oggi con un territorio disseminato di cantieri per autostrade inutili e costosissime e con una mobilità  che sistematicamente penalizza il trasporto su ferro. E’ ora di fermare questa deriva, e il disinteresse del mercato all’acquisizione di Serravalle è l’indicazione chiara che le autostrade lombarde sono ormai un profondissimo buco nero”.
 

Appunti dalla Cop18 di Doha (1)

Pubblicato su Qualenergia.it

Sarà  dura uscire con qualcosa di concreto da questa Cop 18 sui cambiamenti climatici in corso di svolgimento a Doha nel Qatar. E anche la location non aiuta. Per carità  ha anche un senso la scelta di organizzare la conferenza sui cambiamenti climatici causati dai gas di serra, nel paese con le emissioni procapite di CO2 più alte al mondo! E non bisogna certo sottovalutare l’effetto collaterale in termini di sostegno alla democrazia che tale scelta comporta. Ne Ä— stata testimonianza la manifestazione pubblica degli ambientalisti di questo paese della settimana scorsa, che peraltro ha messo al centro delle sue rivendicazioni anche i diritti dei lavoratori (qui il 94% della forza lavoro è costituita da immigrati). Un’ennesima prova che spesso difesa dell’ambiente e lotta per una maggiore giustiziasociale vanno volentieri a braccetto. Ma senza voler trascurare questa premessa , essere così distanti dalla realtà  non aiuta affatto. Sì distanti dalla realtà  perché Doha Ä— senz’altro il paradiso degli archistar con centinaia di grattacieli dalle forme più ardite e altrettante gru, a modificare il paesaggio urbano in continuazione grazie a una valanga di petrodollari. Ma sembra anche una gigantesca messa in scena, con poche rarefatte, presenze umane (quasi come delle comparse) che nei dintorni del centro congressi spariscono del tutto. E qui dentro restano i professionisti della diplomazia internazionale e un pugno di rappresentanti delle ong, di solito i più colti e preparati ( io per esempio non sarò mai abbastanza grato a Mauro Albrizio di legambiente e alle sue precise e puntualissime informazioni), che non possono certo esercitare quella pressione che sarebbe invece indispensabile per smuovere un negoziato stanco e imballato. Il quadro è chiaro, Ä— quello delineato nell’ultima Cop a Durban, in Sud Africa lo scorso anno: bisogna trovare un accordo globale entro i 2015 che entri in vigore nel 2020 per scongiurare quell’aumento della temperatura terrestre che ormai persino la Banca Mondiale, non certo un covo di estremisti ambientalisti,considera un pericolo devastante. E intanto qui bisogna sottoscrivere il Kyoto 2 che ci accompagni verso quel 2020, perché il primo protocollo di Kyoto scade tra meno di une mese. Non pare che sul primo aspetto siano stati fatti passi avanti significativi. Il punto affinché Doha non sia un totale fallimento ma che almeno tenga viva la speranza è che le ultime difficoltà  che ostacolano la sottoscrizione di Kyoto vengano superate. E anche se persino questo è difficile senza la pressione della società  civile, ciò che noi sottolineiamo in queste ore è che i governi europei avrebbero una responsabilità  storica gravissima se non riuscissero ad ottenerlo.

Conferenza di Doha: clima si cambi adesso

Domani sera i risultati delle primarie mi raggiungeranno a Doha. Dopo avere votato partirò verso la capitale Quatar per partecipare alla Cop 18 (la Diciottesima Conferenza delle parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici) dell’Onu.

Tra le due cose – primarie per la scelta del nostro leader e trattative internazionali sui cambiamenti climatici – a mio parere c’è un nesso strettissimo che invece normalmente sfugge alla classe dirigente di questo Paese. Da un lato la crisi climatica globale ha raggiunto livelli drammatici e preoccupanti che meriterebbero ben altra attenzione, dall’altro si fa sempre più strada la convinzione che è investendo sulla green economy che si può anche combattere la crisi economica, altrettanto globale.

Che la crisi climatica sia ormai una realtà  del presente e una minaccia devastante emerge persino dagli studi realizzati per conto di quel pericoloso covo di estremisti ambientalisti che è la Banca Mondiale, il cui presidente, nel presentare il rapporto Turn down the heat. Why a +4 °C warmer world must be avoided ha detto “Spero che questo report ci spinga all’azione…la Banca Mondiale si accinge a far fronte alla sfida”. D’altra parte dovrebbe forse mettere ancora più paura il gap tra gli studi scientifici che ci raccontano le tragedie che avverrebbero con aumento della temperatura di quell’ordine di grandezza  e l’incapacita di trovare accordi a livello internazionale stringenti e vincolanti per tutti sulla riduzione delle emissioni dei gas climalteranti. Come si colma quel gap? Solo con la politica: E’ stata una buona notizia per il Pianeta la rielezione di Obama con l’auspicio che nel suo secondo mandato metta da parte le timidezze degli ulti 4 anni, fa sperare bene la scelta del paese che inquina di più al mondo  – la Cina che da sola conta per il 29% delle emissioni globali – di puntare risorse ingentissime su efficienza e rinnovabili. Per quanto ci riguarda, dopo aver rimesso l’Italia in Europa (e di questo va dato atto al Ministro Clini) superando la tragica parentesi berlusconiana, si tratta di mettere al centro delle nostre politiche industriali e territoriali questo tema. Le primarie sono state utile terreno preparatorio -si vedano i programmni dei candidati e io con orgoglio rivendico quello molto avanzato di Renzi – nei prossimi mesi, e quando torneremo al Governo avremo la responsabilità  di non deludere più queste attese.

 

Francesco Ferrante

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