Regalare a Monti un’agenda democratica
Un flesso della Storia. S maiuscola. Siamo lì e quasi non ce ne accorgiamo, distratti dalle meschinità berlusconiane (ancora!), dagli arrembaggi di effimeri movimenti qualunquisti, dalla difficoltà nostra – di noi Pd, di noi “sinistra” – di riconoscere la vera natura di questa crisi. Una crisi diversa da tutte le altre che abbiamo conosciuto: non solo perché sconquassa con effetti devastanti popoli che ci sono vicinissimi, prima i greci e ora gli spagnoli, e perché mette a rischio anche a casa nostra sicurezze e benessere, certo diseguali, che ci sembravano acquisiti una volta per tutte. Diversa e più grande, soprattutto, per la sua “globalità ”, perché le sue radici profonde non sono tanto nelle convulsioni del capitalismo finanziario, che per salvare la ricchezza di pochi non esita ad aggredire interi Paesi. Sono prima ancora in un processo che non ha precedenti e non si può fermare: un processo che sta spostando, in parte ha già spostato, il baricentro economico e geopolitico del mondo dalle due sponde dell’Atlantico, Europa e Usa, a un luogo geograficamente virtuale ma concretissimo che sta da qualche parte tra la Cina, l’India, forse il Brasile.
Un flesso così in altre epoche si sarebbe risolto in guerre. Oggi le guerre restano confinate nell’estrema periferia del nuovo come del vecchio baricentro, in Africa specialmente, e fortunatamente non sono tra le vie d’uscita realistiche dalla crisi mondiale e dai suoi sconvolgimenti.
In questo mondo nuovo che sta prendendo forma, noi italiani siamo più piccoli, e da soli irrimediabilmente più insignificanti, di quanto eravamo prima. Da questa consapevolezza dovremmo sempre partire, con responsabilità e coscienza, anche nell’occuparci della nostra “piccola” agenda italiana. Allora ci apparirebbe chiaro che ogni nostro sforzo deve essere diretto alla costruzione di un unico, grande Paese-Europa: sola via per accompagnare con dolcezza e senza eccessivi traumi l’ineluttabile spostamento di ricchezza e potere verso altre latitudini e longitudini, solo modo per salvare le conquiste più preziose della nostra storia – a cominciare dai sistemi di welfare – e per mettere a frutto sul piano dell’economia reale, dei rapporti di forza competitivi, il saper fare tecnologico, manifatturiero, creativo nel quale tuttora primeggiamo. Proprio qui, nell’urgenza imperativa di scommettere tutto sull’Europa, è il valore aggiunto rappresentato da Monti e dalla sua autorevolezza internazionale. Un valore del quale, onestamente, non si capisce come potremmo fare a meno nel prossimo futuro. Per questo commette un gravissimo errore chi, dai cosiddetti “giovani turchi” del Pd alla sinistra radicale e sindacale ai demagoghi che si agitano tra Grillo e Di Pietro, irresponsabilmente sostiene che di Monti dovremmo sbarazzarci al più presto, e che insieme a lui dovremmo buttare a mare riforme, fiscal compact, azzeramento del deficit, come se fossero questi i mali dell’Italia. D’altra parte, appare assai poco convincente anche il sostegno incondizionato alla “agenda Monti” proposto da nostri amici e compagni del Pd che, così sembra, invocano per la prossima legislatura un sostanziale “continuismo” rispetto alle scelte di governo degli ultimi mesi. In realtà per il futuro noi abbiamo bisogno di Monti molto di più che del suo governo. Abbiamo bisogno della credibilità di Monti, del suo contributo pressoché insostituibile come ambasciatore dell’Italia migliore – sobria, onesta, rigorosa – nelle trattative internazionali, difficili e aspre, che accompagneranno ancora a lungo la rivoluzione globale in corso. Ma accanto a Monti ci serve un governo che sappia indicare all’Italia, e cominciare a costruire, la via per il futuro. Qui è il vero deficit dell’esperienza Monti, simboleggiato al meglio dalla palese inadeguatezza del Ministro Passera: misto di conservatorismo e subalternità a qualche residuo “potere forte”, campione di inazione nel compito di ridare qualche pompata di ossigeno all’economia reale.
E’ questo il fronte su cui deve attestarsi il Partito democratico: non dividersi tra montiani e anti, ma dire da subito che il sostegno a Monti, utile e forse necessario anche per il futuro, è vincolato a scelte di visione radicalmente diverse da quelle operate sinora: green economy e spinta a ricerca e educazione, patrimoniale per difendere i redditi più bassi, impegno per i diritti civili e battaglia per la legalità in ogni campo. Insomma, offrire in regalo a Monti una incisiva “agenda democratica”: questo, noi crediamo, dovrebbe dire con nettezza chiunque voglia candidarsi a guidare il centrosinistra e i progressisti.
P.S. Molti si agitano sulla data delle prossime elezioni. Importante non è la data ma come si voterà . Chi scrive ha fatto di tutto contro il porcellum, anche un referendum, ma questo non ci esime dal dire che uscirne con il ritorno alle preferenze è una soluzione peggiore del male. Con la politica ridotta com’è, ci toccherebbe un parlamento di cacicchi e “ras di quartiere” che ci farebbe persino rimpiangere quello dei nominati. Si tratti su tutto, si conceda il concedibile pur di giungere a un compromesso con le altre forze politiche che consenta di seppellire l’orrenda legge Calderoli. Ma ritornare alle preferenze per piacere no!
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE