Articoli usciti sul quotidiano “Europa”

Il giorno nero del centrodestra

àˆ fatta! Giorgio Napolitano presidente della repubblica. Con tutti i nostri voti, nessuna defezione, e una manciata proveniente dall’Udc – i soliti Follini e Tabacci, nessun altro. L’opposizione ha sbagliato e alcuni di loro lo riconoscono apertamente. 

Noi abbiamo fatto il nostro dovere, niente di più. Napolitano sarà  un ottimo presidente e si incaricherà  di rappresentare l’unità  del paese. A noi resta la sfida più importante, quella del governo. In questi mesi il centrosinistra toppe volte ha dato per vinte battaglie che ancora non lo erano affatto. Deve adesso essere chiaro a tutti che sinora abbiamo soltanto fatto quel che si doveva: eletti i presidenti delle camere (e il modo con cui ci siamo riusciti al senato non è stato splendido) e proposto un nostro autorevole esponente al centrodestra per lo scranno più alto. Il difficile viene adesso con la formazione del governo e soprattutto con i primi atti dello stesso. I passaggi istituzionali fin qui “portati a casa” erano, seppur importantissimi, solo propedeutici all’azione vera. Insomma niente trionfalismi, solo sobria soddisfazione. E la mia personale di avere potuto scrivere “Napolitano” dopo tre frustranti schede bianche. La tensione durante lo spoglio c’è ovviamente. Sono seduto dietro Roberto Giachetti che tiene i conti e attorno al quale si forma un capannello. Partiamo subito in testa. A circa metà  dei voti scrutinati abbiamo un vantaggio di circa 40. Rutelli scende dal suo banco per chiedere quanti sono i votanti. Ha ragione, è un dato essenziale per capire se il vantaggio che si sta formando è sufficiente per raggiungere il quorum. In quel momento nessuno sa rispondergli, lui un po’ si spazientisce. Ma il distacco aumenta, ormai si viaggia sulle 80 schede. Ci si rilassa, si scherza sul modo diverso in cui Bertinotti legge le schede a seconda che siano per Napolitano o per altri. Quando si raggiunge la fatidica soglia dei 505 ci si trattiene dall’applaudire subito (forse il ricordo della beffa al senato) ma Bertinotti continua a scandire «Napolitano, Giorgio Napolitano, …» e l’applauso parte irrefrenabile, lungo, soddisfatto. Guardiamo dall’alta parte: tra i leader del centrodestra in aula c’è solo Casini, che applaude in piedi (il suo compagno di partito Giovanardi resterà  invece ostentatamente seduto a a braccia conserte), in genere sono pochi quelli di centrodestra che si uniscono a noi nel festeggiare l’elezione del presidente, saranno un po’ di più all’atto della proclamazione ufficiale. Ma appare evidente che questo è un giorno nero per il Polo: ha perso, è diviso nella strategia e ha fatto una pessima figura di fronte al paese. Settimana prossima il giuramento, l’incarico a Prodi, il nuovo governo e poi le commissioni, la fiducia che sarà  una nuova battaglia al senato. C’è tanto da fare.

  

 

Non possiamo fallire

Secondo giorno di votazioni. Di mattina sembra quello giusto per arrivare ad eleggere il presidente… 

Secondo giorno di votazioni. Di mattina sembra quello giusto per arrivare ad eleggere il presidente. Stavolta la decisione di votare scheda bianca ci viene comunicata via sms. Va bene così. Si tiene la porta aperta con la ragionevole speranza che l’opposizione capisca che noi siamo compatti e fermi su Napolitano e che quindi convenga anche a loro contribuire alla sua elezione già  nel pomeriggio. Il clima di fiducia è diffuso e confermato anche da un caffè con Fassino e, dall’altra parte, da brani di tese conservazioni tra deputati di An che dimostrano che sono in difficoltà . Ma già  ad ora di pranzo le cose cambiano e arriva la notizia che “loro” hanno deciso di votare scheda bianca non solo nella terza votazione ma persino domattina. Ci sfidano sulla nostra compattezza, mi auguro che noi la si dimostri sino in fondo. Franchi tiratori, cedimenti di ogni genere sarebbero una sventura e non credo sarebbero capiti né da chi ci ha votato, né dal resto del paese. àˆ innegabile però che la terza votazione si svolga in clima in cui l’inquietudine sale. Non c’è alcun motivo razionale dal punto di vista politico per cui qualcuno o qualche gruppo domani nel segreto dell’urna non faccia il suo dovere, anzi è probabile che qualcuno del centrodestra alla fine si aggiunga a noi. Ma l’inquietudine c’è e temo che resterà  sino alla fine. Alle 19.30 tutti i grandi elettori dell’Unione vengono convocati sempre via sms (ma prima come si faceva?) nella Sala della Regina. Stracolma. Introduce Prodi e un po’ di tensione si scioglie nel lungo, caldo applauso che scatta quando il leader dell’Unione fa il nome di Giorgio Napolitano. Un applauso che si ripete quando Prodi ringrazia “individualmente” Massimo D’Alema. Il presidente dei Ds prende la parola e con la consueta lucidità  dice dell’errore che sta commettendo il Polo che, innanzitutto per le sue divisioni interne, si rifiuta irragionevolmente di accettare una candidatura così prestigiosa e della grande responsabilità  che dobbiamo mostrare noi nell’ottenere questa vittoria e nell’offrire al paese un presidente autorevole e “di tutti”. Il ragionamento non fa una piega e esprime bene ciò che ci andiamo dicendo da tutto il giorno nei capannelli in Transatlantico, ma dire che basta a “tranquillizzarmi” sarebbe falso. La partita è aperta, non facile e la posta in gioco altissima: non solo la presidenza, ma lo stesso futuro della legislatura e una prospettiva politica di ricostruzione nel paese di un clima che permetta di governarlo. Se ce la facciamo, tutto bene, si va avanti. Se dovessimo fallire le possibilità  di sanare la ferita prodotta sarebbero davvero molto poche.

La “prima volta” continua

Ancora una giornata di “prime volte”. 

La prima volta a Montecitorio, il luogo più simbolico della politica, la prima passeggiata in Transatlantico, entro là  da dove ha scritto in questi giorni il mio gemello “neodep”, e soprattutto la prima volta in cui partecipo al più alto rito laico della nostra democrazia: l’elezione del presidente. La sensazione, ormai familiare in queste settimane, che mi accompagna da stamane è quella di dover affrontare una prova importante. Un po’ come prima di un esame anche se in realtà  ciò che alla fi- ne ci limitiamo a dover fare è votare scheda bianca, come ci annuncia Prodi in una brevissima riunione di tutti i “grandi elettori” dell’Unione. La comunicazione è talmente breve che qualcuno scherzando un po’ dice che «ci potevano mandare un sms». Il senso però è chiaro e condivisibile: confermare la nostra unità  e dare un segnale di disponibilità  all’opposizione. Una cosa sembra definitivamente certa ormai da ieri: il prossimo presidente della repubblica sarà  un Democratico di sinistra, un dirigente politico che lo è stato anche del Pci, un autentico riformista. Mi pare un’ottima cosa sia per il senso di “chiusura” di una parte della nostra storia, questo lungo dopoguerra, sia per il riconoscimento più o meno implicito che così si dà  a una parte importante della sinistra che, pur con tanti errori, è stata in grado di contribuire in maniera originale alla costruzione prima e al consolidamento dopo della nostra democrazia e che, anche se con un qualche ritardo, si è saputa rinnovare. Ma soprattutto mi pare positivo in chiave futura: nel processo di costruzione del Partito democratico il passaggio che ci apprestiamo a fare ne costituisce obiettivamente un rafforzamento. Resta un nodo che, ancora in queste ore, non è definitivamente sciolto. Riusciremo ad eleggere il nuovo presidente con un consenso ampio che vada aldilà  della nostra stessa maggioranza? àˆ evidente che il raggiungimento dell’obiettivo dipende anche e soprattutto dal profilo dei candidati concretamente in campo, uno più “istituzionale” e uno più marcatamente di parte, che almeno così appare – forse non qui dentro, nel Palazzo, tra il ceto politico – ma sicuramente là  fuori tra la gente. Certo le ultime dichiarazione “eversive” (sciopero fiscale e amenità  varie) di Berlusconi non aiutano anzi lasciano veramente sconfortati. Le procedure di voto sono inevitabilmente lente, si passa il tempo disegnando scenari futuri, spiegandoci reciprocamente le proprie prime iniziative legislative. Firmo una mozione che mi propone il collega Nuccio Iovine che impegna il futuro nuovo governo a “farsi sentire” con gli americani per il modo indegno con cui hanno liquidato la morte di Calipari. Attendiamo i risultati dello spoglio che già  sappiamo interlocutorio.

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