Cosa dice la Sicilia
E’ giusto felicitarsi per l’elezione del galantuomo Rosario Crocetta a governatore. Ma è ancora più importante mettere in fila e tenere in gran conto i dati essenziali che ci consegna il voto siciliano: per la prima volta nel nostro Paese in un’elezione di rilievo, i non votanti sono maggioranza assoluta, probabilmente assorbendo buona parte di quel sempre larghissimo, in Sicilia, voto di scambio (e di mafia?) che oggi sembra non fidarsi più neppure dei “suoi” politici; il centrosinistra, con in più l’Udc e in meno Sel e Idv, ha ottenuto nell’occasione esattamente la stessa percentuale che ebbe, alle regionali di quattro anni fa, Anna Finocchiaro: il che, dato l’altissimo astensionismo, significa una perdita secca di circa 250 mila voti; la coalizione di Crocetta per governare avrà bisogno nell’assemblea regionale di una decina di voti “esterni”, e probabilmente dovrà andarli a chiedere a Micciché e Lombardo, non esattamente due rinnovatori; i grillini, partito squisitamente d’opinione, raccolgono il 15% di consensi nella regione italiana dove il voto, tradizionalmente, risponde di meno a logiche d’opinione.
Non serve una speciale abilità nell’analisi dei dati elettorali per vedere che il boom dei Cinquestelle conferma un radicale mutamento di natura, di “constituency”, del partito di Grillo. Nato come rifugio per elettori di sinistra incazzati, diventato vaso comunicante del Pdl in caduta. Berlusconi, che tutto è meno che fesso, se n’è accorto tra i primi, e a modo suo cerca di correre ai ripari.
Dunque i grillini non sono più un problema del centrosinistra? Tutt’altro. Perché se i loro voti arrivano prevalentemente da destra, la loro ascesa indica un immenso problema non della destra ma dell’Italia – la disponibilità potenziale di un larghissimo bacino d’opinione populista -, delinea scenari di letterale “sovversione” – oggi non è più fantapolitica che i grillini diventino il primo partito italiano – e obbliga anche noi – noi Pd, noi centrosinistra – a fare quello che finora non abbiamo fatto: aggredire non tanto Grillo e i suoi aspetti deteriori (il linguaggio e gli argomenti fascistoidi, la gestione “totalitaria” del web-partito), quanto le ragioni del suo successo che sono in larga parte fondatissime.
Insomma, la buona notizia è che in Sicilia l’onda grillina ci ha quasi risparmiato, la cattiva è che quell’onda sta diventando uno tsunami. C’è ancora tempo per evitare che lo tsunami finisca per sommergere anche noi? Forse sì, ma a condizione di neutralizzare la fonte che gli dà energia, che continua ad ingrossarlo: l’antipolitica dei partiti, Pd compreso.
Perché il grillismo sarebbe poca cosa senza quell’altra antipolitica molto più devastante che traspare dall’agire di troppi “rappresentanti”, nel quale le convenienze personali, di gruppo, di partito prevalgono sull’etica pubblica e sulla considerazione dell’interesse generale, dando luogo a un ampio spettro di comportamenti, appunto, “antipolitici”. Si va dalla corruzione per arricchirsi personalmente, a quella per arricchire il partito, all’autoassegnazione in una misura abnorme e arbitraria di finanziamenti pubblici, all’abuso talvolta esibito dei simboli del potere (l’auto blu, la scorta, i voli di stato…), all’utilizzo a fini privati o comunque impropri dei “sussidi” pubblici all’attività politica.
Sebbene questo marciume si presenti, nel centrodestra, in forme più acute e patologiche, noi pure ne siamo toccati. Così la pensa la maggioranza degli italiani, così testimoniano numerose vicende più o meno recenti. Gli esempi abbondano: il sistema Penati, gli scandali della sanità pugliese, i casi Lusi e Maruccio, le opposizioni che nel consiglio regionale del Lazio votano insieme alla destra per portare da 1 a 13 milioni i contributi pubblici ai gruppi… In generale, si manifesta anche tra di noi un’abitudine consolidata a coltivare rapporti opachi con gli interessi economici; rapporti, va detto, che spesso diventano la vera base di decisioni politiche e amministrative in molteplici campi: l’urbanistica, le infrastrutture, gli appalti, la sanità . Riconoscere questa verità e impegnarsi a testa bassa per affrontarla, è per noi l’unico antidoto efficace contro l’epidemia grillina, la sola via realistica per fare in modo che chi non ne può più dell’antipolitica dei partiti, chi con sempre più rabbia invoca in questo campo un vero, profondo cambiamento, ci veda come una speranza. Finora di uno scatto così non siamo stati capaci, tanto meno in Sicilia: dove il Pd resta in mano a gruppi dirigenti radicati in un passato spesso impresentabile, e dove malgrado la figura limpida di Crocetta il centrosinistra sembra tuttora prigioniero del circolo vizioso – ormai peraltro irrealistico – tra ricetta assistenzialista e abitudine clientelare. Ci auguriamo che Rosario Crocetta parta da qui per costruire quella che ha definito la sua “rivoluzione”. E ci auguriamo ancora di più che il Pd faccia tesoro della lezione siciliana prima che lo tsunami passi lo stretto di Messina.
Roberto Della Seta
Francesco Ferrante