e’ l’ambiente la nuova frontiera del Partito Democratico
Domani 8 febbraio a Roma nella Sala delle Conferenze a Piazza Montecitorio in un convegno cui parteciperanno tra gli altri Rutelli, Fassino, i ministri Gentiloni, Melandri e Bersani, presenteremo Il Manifesto “Ambiente: nuova frontiera per il Partito Democratico e per l’Italia”.
Abbiamo promosso il Manifesto insieme ad alcuni protagonisti dell’ambientalismo italiano: dirigenti della Margherita come Ermete Realacci e dei Ds come Edo Ronchi, Fabrizio Vigni e Sergio Gentili e altri impegnati nell’associazionismo come Roberto Della Seta, Gianni Mattioli e Massimo Scalia. Al Manifesto – prima ancora del suo lancio si potrebbe dire – hanno già aderito oltre 500 persone che vogliono impegnarsi nella costruzione del Partito Democratico, proprio a partire dall’impegno in difesa e per la valorizzazione dell’ambiente, considerando questa appunto la “nuova frontiera” di un riformismo moderno.
Gli allarmi che provengono da più parti, sempre più autorevoli e frequenti, sui mutamenti climatici già in atto ci dicono due cose fondamentali. La prima richiama all’urgenza dell’intervento necessario per invertire la tendenza nelle emissioni di gas di serra. La seconda, conseguenza della prima, è che siccome per raggiungere l’obiettivo ci si deve impegnare in un cambiamento radicale di alcuni fondamenti del nostro stile di vita e del nostro benessere – il modo in cui produciamo e distribuiamo l’energia, e le modalità con cui trasportiamo uomini e merci – c’è bisogno di una gigantesca assunzione di responsabilità della politica.
E nella politica devono essere proprio coloro che sono impegnati nella modernizzazione del Paese e nella difesa dell’equità e della coesione sociale – i riformisti del Partito Democratico – che possono e devono impugnare questa bandiera. Perché da una parte la destra, soprattutto in Italia, è estranea e sorda a questo tema e gli anni di governo Berlusconi, ad esempio con i suoi condoni, ne sono la prova più evidente. Dall’altra lasciare l’onere a un piccolo partito, impegnato a presidiare nicchie marginali di consenso, significherebbe ridurre, con una miopia imperdonabile, una sfida in grado di contribuire davvero alla rinascita e al rilancio del Paese a una piccola storia. Invece non vi è dubbio che uno degli obiettivi più importanti che oggi dobbiamo affrontare è quello dello sviluppo sostenibile: uno sviluppo in grado di far fronte alle esigenze di migliore qualità ed equità sociale, delle presenti e future generazioni, senza compromettere l’ambiente, il clima, le risorse naturali del nostro pianeta, valorizzando anzi la qualità ambientale come fattore cruciale del benessere economico e sociale. Ridurre fortemente la dipendenza dalle fonti fossili, puntare sull’efficienza energetica e sulle energie rinnovabili: ecco l’esempio migliore, più attuale, di azioni che sono indispensabili per rispondere a una minaccia ambientale incombente, ma anche per favorire uno sviluppo economico più duraturo, più diffuso e tecnologicamente avanzato. Una straordinaria occasione per l’innovazione e la modernizzazione ecologica del sistema produttivo.
Insomma, se l’ambiente ha bisogno di nuove politiche, è altrettanto vero che una nuova politica, che si voglia autenticamente riformista, non può non avere al centro della sua coraggiosa sfida per il futuro anche e soprattutto l’ambiente.
L’Africa paga il prezzo più alto
In Africa 400 milioni di persone che si trovano a combattere ogni giorno contro il progredire inesorabile dei quasi 700 milioni di ettari di deserti. I dati sulla desertificazione sono impressionanti: in media essa conquista ogni anno il 3,5% delle terre fertili ed è uno dei fattori principali della povertà e del sottosviluppo e, in particolare, la causa prima di un fenomeno che spesso assume connotati biblici: quello dei profughi ambientali.
Se perfino il presidente Bush, nel goffo tentativo di recuperare un consenso ormai in caduta libera, arriva a dire che è necessario ridurre del 20% il consumo di benzina nei prossimi dieci anni, significa che quello del surriscaldamento del pianeta è ormai un tema centrale dell’agenda politica mondiale. Ovviamente ci attendiamo che alle recenti dichiarazioni seguano al più presto fatti concreti a confermare la sua conversione ecologista.