Protezione civile: un andazzo lungo dieci anni
ROBERTO DELLA SETA
ROBERTO DELLA SETA
La candidatura di Roma ad ospitare le Olimpiadi 2020 non poteva partire peggio. La presentazione del Comitato promotore e le prime dichiarazioni di quelli che dovrebbero essere i protagonisti causano infatti un forte allarme sull’idea stessa di città che c’è dietro questa candidatura e sulle concrete possibilità che la stessa abbia successo. Non si esprime qui diffidenza per il “grande evento” – nonostante che in passato nel nostro Paese siano stati sempre occasioni perse o usati solo per fare scempi, basti pensare ai Mondiali di calcio del 90 .- anzi io credo che le grandi trasformazioni urbanistiche, di cui avrebbero bisogno le nostre città per renderle più vivibili e più a misura d’uomo, necessitino di interventi talmente radicali che un’occasione straordinaria come le Olimpiadi potrebbe aiutare.
Ma dobbiamo intenderci su cosa serve. Non a caso tutte le più recenti candidature di successo a livello internazionale si sono basate sulla sostenibilità , su idee di trasformazione basate su mobilità sostenibile e riduzione del traffico privato, spazi verdi e riduzione delle emissioni di CO2. Nessuna candidatura ha alcuna possibilità di successo se se non si basa su questi assi portanti. E infatti il Sindaco Alemanno ne fa un gran parlare. Peccato però che la sua concreta azione, il disastroso “sgoverno” del traffico, la paralisi delle scelte sui rifiuti, e più in generale il peggioramento della qualità della vita a Roma, certificata da ogni classifica seria, smentiscano le sue stesse dichiarazioni. Ma ciò che fa tremare le vene ai polsi è la composizione stessa del Comitato promotore: presieduto dal presidente degli industriali romani, ne fanno parte gli ad di Alitalia e Ferrovie, il presidente della Camera di Commercio, un paio di manager dell’editoria e del cinema e il rappresentante della Rai e quello di Mediaset, un petroliere (sic!) e un paio di possibili sponsor (Bulgari e Lottomatica) e un rappresentante della famiglia Caltagirone, il vero potere forte di Roma. Ciò che inquieta di più sono le assenze: manca la cultura, l’urbanistica , appunto le sensibilità ambientaliste. E nessuno provi a rispondere che si terrà conto di ciò in sedi più tecniche. La verità è che invece si pensa , al solito, alle Olimpiadi solo come un’occasione per proseguire su strade vecchie e dannose per la città . E infatti il presidente del Comitato, definendo la candidatura olimpica ‘un grande progetto di sviluppo”, ha auspicato che ‘possa rappresentare una forte guida per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali di cui Roma ha bisogno’, tra cui ovviamente praticamente solo strade: dall’ampliamento del Grande Raccordo Anulare (ancora!?), all’autostrada Roma-Latina, al raddoppio della Tiburtina. Per la verità ha anche parlato di metropolitana (e come ignorarla?) ma zero idee sulla vera cura del ferro di cui avrebbe bisogno la Capitale. Cemento, solo cemento questa sembra l’idea fissa dell’Amministrazione che così accontenta soprattutto il suo più forte alleato imprenditore. Bene ha fatto Morassut a nome del Pd a sollevare immediatamente il problema sull’area di Tor di Quinto perché quella scelta è davvero simbolica dello spregio con cui si vorrebbe trattare il rispetto dei vincoli e del paesaggio. In questo quadro spiace che l’ex sindaco Rutelli abbia voluto dare la sua “copertura” a un’operazione così sgangherata e pericolosa. Rutelli è stato il protagonista della stagione nella quale con più chiarezza si era provato a disegnare un futuro diverso per Roma. Perché rinunciare a quel profilo, davvero moderno, e inseguire Alemanno su una strada così dissennata? Non è meglio adoperarsi con la necessaria nettezza e durezza per cambiare rotta per non perdere una straordinaria occasione? Per questo sarebbe utile che il centrosinistra a livello romano affronti con urgenza la questione e chiami alla mobilitazione le forze migliori della società civile e dell’imprenditoria locale che non vogliano assoggettarsi al potere del più forte. Il messaggio credo che debba essere chiaro: “o cambia o lotta dura sarà !”
FRANCESCO FERRANTE
Più si avvicina la scadenza delle elezioni amministrative e più il centrodestra fa melina rispetto all’indicazione di quali saranno i cinque, otto, dieci siti, destinati a ospitare i nuovi impianti nucleari. Non solo il numero esatto è ancora scritto sulla sabbia, ma l’approccio nuclearista del centrodestra sembra scemare approssimandosi il confronto diretto col territorio. Il candidato del Pdl alla Regione Lazio, Renata Polverini ha esordito sul tema con una dichiarazione di disarmante vaghezza, trincerandosi dietro un bartaliano ‘va tutto rivisto’. Comunque, come ha sottolineato Ermete Realacci ieri durante il question time alla Camera, dietro la cortina fumogena innalzata dal Governo ci sono gli stessi identici siti di cui si parla dagli anni ’70, perché la morfologia del nostro Paese è sostanzialmente identica ed è noto che il nucleare ha bisogno di acqua in abbondanza, dunque di un grande fiume o del mare. Per Scajola, che non si stanca mai di ripeterlo, l’atomo fa bene. Non deve però esserne così convinto se il governo è stato costretto a predisporre un complicato sistema di incentivi per gli enti locali affinché qualcuno accetti di portarsi un bel reattore francese vicino alla propria abitazione. E del resto non si spiegherebbe altrimenti perché le procedure elaborate dal Governo in materia di impianti nucleari siano così ipercentraliste, prevedendo addirittura l’equiparazione delle aree prescelte ai siti militari, per operare nella massima segretezza . A dicembre l’a.d. dell’Enel Fulvio Conti ha affermato che i siti dove sorgeranno le centrali nucleari in Italia sono già stati individuati. Dunque, se è vero quel che dice Conti, e riteniamo fortemente che lo sia, il governo aspetterà il 30 marzo per annunciare quali sono i siti, mentendo nel frattempo agli italiani nel fondato timore che gli irrisolti problemi di sicurezza del nucleare spaventino gli elettori. Non è questa l’unica panzana che il centrodestra racconta agli italiani, perché nessun esponente del governo ha mai risposto su quale sarebbe l’effettivo ritorno economico per i cittadini, a fronte di un investimento di non meno di 25 miliardi di euro per cinque centrali nucleari. Una grossa parte di questa somma sarebbe a carico dei contribuenti, sottraendo le risorse per sviluppare delle politiche energetiche realmente preziose per l’Italia, sia in termini di sostenibilità ambientale e di modernizzazione tecnologica, sia per l’adozione di politiche anti-cicliche per uscire prima e meglio dalla crisi. Impegnare cifre abnormi in una tecnologia obsoleta vuol dire distogliere i fondi per incrementare l’efficienza energetica, che consentirebbe una riduzione dei costi per famiglie e imprese, e per sviluppare compiutamente l’uso delle fonti rinnovabili, in primis l’energia solare. Il governo col nucleare fa un clamoroso salto all’indietro frenando sulla ricerca e sullo sviluppo delle nuove tecnologie energetiche. E’
necessario che il no al nucleare proposto dal Governo e il si convinto ad una svolta nelle politiche energetiche abbiano un posto di rilievo nella campagna elettorale del Pd per le elezioni regionali, tanto più che in molte regioni governate dal centrosinistra si sono realizzate esperienze positive in questo ambito. Ed è decisamente incoraggiante che nelle regioni dove con più probabilità verranno localizzati i nuovi siti nucleari i candidati governatori del centrosinistra – così Mercedes Bresso, così Emma Bonino – abbiano già ripetutamente assunto su questo tema posizioni chiare e impegnate.Roberto Della Seta e Francesco Ferrante