Articoli usciti sul quotidiano “Europa”

Made in Italy, a lezione dalla Cina

I cinesi vengono a produrre in Italia elettrodomestici. Forse da qui dovremmo partire, da questa notizia in controtendenza rispetto alla vulgata della globalizzazione che indurrebbe a inevitabili delocalizzazioni e perdita di occupazione, per parlare di lavoro. Per pensare a una politica, ma anche a una precisa identità  del Pd sul tema delicatissimo del lavoro, uscendo dalle polemiche interne di questi ultimi giorni relativamente alla manifestazione della Fiom. Credo che abbia infastidito molto non solo me, ma milioni di nostri elettori, leggere delle “solite” divisioni all’interno del partito su quella manifestazione. Abbiamo ascoltato dichiarazioni davvero incredibili, indice di confusione mentale –  provenienti da ogni “corrente” in maniera davvero e tristemente trasversale: uno che invitava a “stare lontano dalle piazze”, e di grazia, compagno,dove dovrebbe stare un partito che si dice popolare se non tra i cittadini e nelle piazze? l’altro amico che “provava pena per chi sgambettava dietro il sindacato”, come se non fosse un preciso dovere per chi sta nelle istituzioni cercare e mantenere un rapporto stretto con i sindacati dei lavoratori. Ma certamente non basta ribadire con forza, come va fatto, che non passa attraverso la riduzione dei diritti una nuova e più efficace politica per il lavoro. Serve di più. Il sindacato faccia il suo mestiere, auspicabilmente tornando a farlo rapidamente in maniera unitaria, magari facendo i conti con errori del passato e con la coazione a ripetere vecchie ricette non più adeguate. Serve comunque un’elaborazione del partito che, senza mettere in discussione valori di fondo, dia una risposta di prospettiva alla vera domanda in questo periodo di crisi: come si fa a difendere il lavoro che c’è  e creare nuova occupazione?  Allora, forse ci tornano utili i cinesi. Haier è il più grande produttore al mondo di elettrodomestici, nata appena poco più di vent’anni fa, con una crescita impetuosa (60% l’anno nell’ultimo periodo) e grazie al fatto che ha conquistato il 70% del crescente ed enorme mercato cinese è diventato il numero uno al mondo. Ma non gli basta: vuole muovere alla conquista dell’Europa. E, sorpresa, vuole farlo non con prodotti low cost ma puntando sulla qualità  e, guarda un po’, siccome ritiene che qualità , innovazione, design (fondamentale nel settore)  si trovano qui, in questo Paese, acquisisce una fabbrica vicino Padova e lì produce i frigoriferi – ad alta efficienza – per tutta Europa. Nei giorni scorsi Haier ha annunciato un’ulteriore espansione di quel sito produttivo dove lavorano gli italiani, con i loro diritti e le loro capacità , le loro competenze, intelligenze e sensibilità . Possibile che ce lo debbano insegnare i cinesi che la strada da seguire per un paese come il nostro sia quella della qualità ? Quella che premia le caratteristiche che sono le stesse che hanno tenuto in vita quel tessuto di piccole e medie imprese che ci ha permesso, anche nella crisi, di rimanere al disopra della linea di galleggiamento. Non fa onore alla nostra classe dirigente che, nel nostro provincialismo, si debba aspettare che sia un bravo giornalista inglese –  Bill Emmott nel suo “Forza, Italia” – a descriverci quelle tante iniziative imprenditoriali che nell’Italia berlusconiana – nonostante Berlusconi si potrebbe dire – puntando su qualità  e innovazione crescono, prosperano, danno lavoro valorizzando magari anche il territorio e le comunità  locali dove sono insediate. La “soft economy” di Realacci e la green economy è quello che andrebbe premiato, incentivato, sostenuto per costruire una seria politica economica e le occasioni di nuova occupazione. Altro che polemiche interne, è questa la strada da battere, non solo nei documenti da approvare nelle assemblee, ma anche nell’azione politica concreta quotidiana nei territori e nelle istituzioni.

 

FRANCESCO FERRANTE

 

Cinque Terre senza ombre

Franco Bonanini è un galantuomo e presto, prestissimo ci si augura,  l’inchiesta giudiziaria che lo ha portato in carcere si rivelerà  un errore. L’accusa è che avrebbe intascato i soldi europei destinati riparare i danni causati da un’alluvione dello scorso anno. Sembrerebbe una storia ordinaria di questo povero paese: un amministratore pubblico che si arricchisce ai danni della comunità  e del territorio che governa. Peccato che ciò non sia affatto credibile. Non lo è per chi conosce personalmente Franco, e altri tra quelli coinvolti nell’inchiesta, ma non lo è neanche per chi sa la storia di quel territorio che, proprio grazie al Parco delle Cinque Terre – di cui Franco è presidente sin dalla sua istituzione – ha vissuto una grande fase di rilancio grazie alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente e di quello straordinario patrimonio paesaggistico e culturale che ha fatto delle Cinque Terre un luogo valevole del riconoscimento dell’Unesco. E’ chiaro, ma lo scrivo a scanso di equivoci, che non è qui in discussione la facoltà  anzi il dovere della  magistratura di vigilare, indagare e intervenire, se il caso, su qualsiasi atto e su chiunque, ma non si riesce proprio ad immaginare quali siano i motivi che abbiano addirittura indotto a disporre l’arresto di Bonanini e sono convinto che sarà  il prosieguo stesso della vicenda giudiziaria a chiarire tutto. Certo qualche perplessità  in più nasce se risultasse vero che nelle carte processuali viene definito ”feudatario” il modo in cui veniva esercitato il potere nel Parco. Che vuol dire? E’ compito della magistratura dare un giudizio del genere? Il Parco è stato amministrato in maniera esemplare e con altissimi livelli di partecipazione dei cittadini e di tutte le comunità  coinvolte. Altro che feudi! Quel modello di gestione è apprezzato anche all’estero e gravissimo sarebbe se una lettura superficiale di questa vicenda inducesse qualcuno a gettare fango su quel Parco.

La riflessione amara, per me inevitabile, è pensare Franco in carcere in un Paese dove quotidianamente si fa strame della legalità  e i protagonisti di questo scempio continuano tranquillamente a fare danni da amministratori o addirittura sono “colleghi” parlamentari. E’ grave questa vicenda perché fa apparire tutti uguali, i galantuomini e i disonesti. Leggere le cronache, successive all’arresto, su autorevoli siti internet (repubblica.it per tutti) in cui la descrizione di Bonanini era la stessa di quella riservata ai protagonisti della P3 fa cadere le braccia e temo che per molti possa indurre alla sola reazione possibile: rassegnazione al supposto “son tutti uguali”. Non è così. Il tragico assassinio di Angelo Vassallo, ci ha raccontato che esistono amministratori onesti e coraggiosi che si battono per la propria gente, che difendono a rischio della vita – in questo disgraziato Paese – il territorio che amano e rispettano. Ce ne sono altri di questi “eroi”, da lì la politica, quella buona, dovrebbe ripartire. Il “radicamento sul territorio” di cui tanto si parla così deve essere inteso. Questa incresciosa vicenda non deve interrompere una storia importante e positiva come quella in corso alla Cinque Terre. Su questo dobbiamo continuare ad impegnarci.

 

FRANCESCO FERRANTE

Palazzo di Vetro. Ma l’Italia dov’é?

L’annuncio di Ban Ki-moon di uno stanziamento di 40 miliardi di dollari per la salute di madri e bambini è una di quelle belle notizie da prendere con le molle. Troppe volte, sulla pelle dei più deboli, la politica degli annunci è stata crudelmente smentita dai fatti e quindi è difficile non condividere la preoccupazione di chi pensa che, con la crisi economica in atto e considerando che i cosiddetti “Paesi donatori” non hanno mai dato tanto poco quanto fanno adesso, anche questa sarà  un’ennesima promessa mancata. Ed è certamente vero che quasi tutti gli “obiettivi del millennio”, su cui solennemente si impegnarono i grandi del mondo dieci anni fa, nel 2015 non saranno raggiunti e che questo significa  sofferenze e ridotte speranze di vita per milioni di uomini e donne in carne ed ossa. Ma sarebbe altrettanto  parziale non leggere alcuni fatti positivi che il vertice Onu  ha fatto emergere. Non mi riferisco alla teoria di alcuni “neoliberisti”, anche nostrani, per cui sarebbe la globalizzazione in sé che porterà  tutti i cittadini del  pianeta fuori dalla povertà . I cantori di quello che una volta era un “pensiero unico”, per avvalorare la loro tesi fanno riferimento alle percentuali in diminuzione di coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà . Si dimenticano dei numeri assoluti, fanno finta di non vedere le grandi differenze tra paesi quali Cina (e India), in cui veramente milioni di persone escono ogni anno dalla miseria, e gran parte dell’Africa. Sono gli stessi “ideologi del neoliberismo”, per cui anche le diseguaglianze sociali che si estremizzano nei paesi emergenti non costituirebbero un problema. Ritengo, al contrario, che la forbice che si allarga tra i paesi ricchi e quelli più poveri e all’interno dei popoli, tra una minoranza sempre più ricca e una maggioranza che conosce nuove miserie, sia un problema in più da affrontare. Ma stanno invece  altrove le tendenze positive.  Nella proposta di Sarkozy e Zapatero di tassazione delle rendite finanziarie – quella Tobin tax fino a poco tempo fa proposta solo dal movimento altermondialista – che non sarà  accolta in questa fase, ma che ormai è centrale nel dibattito  pubblico internazionale (da noi quelli che rappresentano il sistema economico sono in prima linea nell’opporsi, ma questa non è una novità ). Nell’affermazione, ribadita al vertice da Achim Steiner, il Direttore esecutivo del programma ambiente dell’Onu, per la quale puntare sulla green economy è il modo migliore per affrontare i cambiamenti climatici ma anche per risolvere la crisi economica e dare risposte concrete alle richieste dei paesi più poveri. Nelle notizie che ci vengono dall’Africa, dove tra tanti ritardi, tragedie e in alcuni casi massacri – si pensi solo al Darfur -, in molti paesi si fa faticosamente strada la democrazia, e il referendum recente in uno dei paesi più importanti di quel continente – il Kenya – ne è forse il segnale  più evidente. Perché senza democrazia nei Paesi poveri, non ci sarà  riforma e aumento dei fondi stanziati da quelli ricchi che possa risolvere i problemi. Insomma, pur non negando le ombre, da New York arriva anche qualche luce e Obama nel suo discorso che concluderà  il summit forse sarà  in grado di offrircene qualche altra. L’Italia non c’è. Non c’è fisicamente, perché il nostro premier è affaccendato in altro, non c’è nelle proposte (inesistenti), non c’è negli atti concreti: stanziamenti ridotti ai minimi termini, promesse roboanti dimenticate il giorno dopo. Una per tutte, a Copenhagen alla fine dell’anno scorso il governo italiano si impegnò a mettere 200 milioni l’anno nel fondo destinato ai paesi poveri per affrontare i cambiamenti climatici: spariti!

 

Francesco Ferrante

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