àˆ l’una e ventitré minuti della notte del 26 aprile 1986 quando all’interno della centrale nucleare di Chernobyl avviene la prima esplosione,
àˆ l’una e ventitré minuti della notte del 26 aprile 1986 quando all’interno della centrale nucleare di Chernobyl avviene la prima esplosione, passano solo pochi secondi e avviene una seconda esplosione causata dal combustibile e dalla grafite all’interno del nocciolo, determinando la fuoriuscita e la diffusione nell’ambiente di gran parte del materiale radioattivo contenuto nel quarto reattore. Il pennacchio di fumi contenenti isotopi radioattivi si alza per oltre un chilometro. I componenti pesanti ricadono nelle vicinanze, mentre i componenti leggeri si dirigono verso l’Europa seguendo la rotta dei venti prevalenti. La contaminazione riguarderà 155mila chilometri quadrati tra Ucraina, Russia e Bielorussia, e produrrà un aumento della radioattività su gran parte dell’Europa. àˆ di 11 miliardi di miliardi di Baquerel la radioattività rilasciata dalle esplosioni, un valore 30 miliardi di volte superiore alla dose massima utilizzata per terapie radiologiche di tumori. Difficile fare una stima esatta delle vittime dovute al fall out radioattivo che ha interessato oltre tre milioni di persone. Certamente 1800 sono stati i casi di cancro alla tiroide censiti dall’Aiea in bambini che all’epoca dell’incidente avevano un età compresa tra i 0 e 14 anni, e un milione e mezzo di persone vivono ancora oggi in aree con livelli di contaminazione superiori a un curie per chilometro quadrato. Sono migliaia le famiglie italiane organizzate da associazioni cattoliche e laiche come Legambiente che ogni anno ospitano per alcune settimane i “bambini di Chernobyl” provenienti dalla Bielorussia e dall’Ucraina per garantire loro un seppur breve, ma utilissimo secondo i medici, periodo di soggiorno in zone non contaminate e un’alimentazione sana. L’impianto di Chernobyl ha cessato la sua attività nel 2000 ma rappresenta tutt’ora una potenziale ed enorme minaccia e la sua messa in sicurezza definitiva dovrebbe essere una priorità non solo dell’Ucraina ma dell’intera comunità internazionale. Chernobyl dimostrò che il rischio d’incidente, sempre presente in qualsiasi impianto industriale, legato a problemi della tecnologia o a errori umani, nel caso del nucleare comporta conseguenze non paragonabili con nessun altro evento del genere. Eppure, anche negli ultimi mesi in Europa le “sirene nucleariste” hanno fatto sentire la loro voce. Le argomentazioni sulla bontà di una scelta anche per il nostro paese di ritornare al nucleare si scontrano però con i problemi irrisolti della gestione dei rifiuti radioattivi e dello smantellamento degli impianti, e non ultimi, con i costi veri di produzione di un chilowattora da produzione elettronucleare. Nonostante da più parti si continui a spacciare il nucleare come una tra le fonti energetiche più convenienti i suoi costi “veri” hanno infatti scoraggiato i privati dall’investire in questa tecnologia negli ultimi decenni. E non è un caso che negli Stati Uniti, e nel resto dei paesi occidentali dove i produttori di energia elettrica sono privati, non si costruisca una centrale nucleare dalla fine degli anni ’70.