Franco Bonanini è un galantuomo e presto, prestissimo ci si augura, l’inchiesta giudiziaria che lo ha portato in carcere si rivelerà un errore. L’accusa è che avrebbe intascato i soldi europei destinati riparare i danni causati da un’alluvione dello scorso anno. Sembrerebbe una storia ordinaria di questo povero paese: un amministratore pubblico che si arricchisce ai danni della comunità e del territorio che governa. Peccato che ciò non sia affatto credibile. Non lo è per chi conosce personalmente Franco, e altri tra quelli coinvolti nell’inchiesta, ma non lo è neanche per chi sa la storia di quel territorio che, proprio grazie al Parco delle Cinque Terre – di cui Franco è presidente sin dalla sua istituzione – ha vissuto una grande fase di rilancio grazie alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente e di quello straordinario patrimonio paesaggistico e culturale che ha fatto delle Cinque Terre un luogo valevole del riconoscimento dell’Unesco. E’ chiaro, ma lo scrivo a scanso di equivoci, che non è qui in discussione la facoltà anzi il dovere della magistratura di vigilare, indagare e intervenire, se il caso, su qualsiasi atto e su chiunque, ma non si riesce proprio ad immaginare quali siano i motivi che abbiano addirittura indotto a disporre l’arresto di Bonanini e sono convinto che sarà il prosieguo stesso della vicenda giudiziaria a chiarire tutto. Certo qualche perplessità in più nasce se risultasse vero che nelle carte processuali viene definito ”feudatario” il modo in cui veniva esercitato il potere nel Parco. Che vuol dire? E’ compito della magistratura dare un giudizio del genere? Il Parco è stato amministrato in maniera esemplare e con altissimi livelli di partecipazione dei cittadini e di tutte le comunità coinvolte. Altro che feudi! Quel modello di gestione è apprezzato anche all’estero e gravissimo sarebbe se una lettura superficiale di questa vicenda inducesse qualcuno a gettare fango su quel Parco.
La riflessione amara, per me inevitabile, è pensare Franco in carcere in un Paese dove quotidianamente si fa strame della legalità e i protagonisti di questo scempio continuano tranquillamente a fare danni da amministratori o addirittura sono “colleghi” parlamentari. E’ grave questa vicenda perché fa apparire tutti uguali, i galantuomini e i disonesti. Leggere le cronache, successive all’arresto, su autorevoli siti internet (repubblica.it per tutti) in cui la descrizione di Bonanini era la stessa di quella riservata ai protagonisti della P3 fa cadere le braccia e temo che per molti possa indurre alla sola reazione possibile: rassegnazione al supposto “son tutti uguali”. Non è così. Il tragico assassinio di Angelo Vassallo, ci ha raccontato che esistono amministratori onesti e coraggiosi che si battono per la propria gente, che difendono a rischio della vita – in questo disgraziato Paese – il territorio che amano e rispettano. Ce ne sono altri di questi “eroi”, da lì la politica, quella buona, dovrebbe ripartire. Il “radicamento sul territorio” di cui tanto si parla così deve essere inteso. Questa incresciosa vicenda non deve interrompere una storia importante e positiva come quella in corso alla Cinque Terre. Su questo dobbiamo continuare ad impegnarci.
FRANCESCO FERRANTE