“Il dossier Texas Italia sull’attività petrolifera in Italia, in particolare quella offshore, presentato oggi da Legambiente mette nero su bianco la follia del Governo italiano di far diventare il Mediterraneo che bagna l’Italia come il Mar del Nord, costellato di piattaforme petrolifere a pochi km dalle nostre coste. Il più grande disastro ambientale di sempre che ha avuto luogo al largo della Louisiana non ha certo impensierito il Governo Berlusconi, che del resto è stato protagonista di una escalation impressionante per quanto riguarda le ricerche di idrocarburi ed i pozzi autorizzati dal 2001 al 2006 e dal 2008 ad oggi. Un’attività frenetica a tutto vantaggio delle grandi multinazionali, spesso straniere, che per i loro appetiti economici vogliono trivellare ovunque nei mari italiani, appropriandosi di un’area di circa 11 mila chilometri quadrati”. Lo dichiarano i senatori del PD Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che
sulla questione hanno presentato nei mesi scorsi tre diverse
interrogazioni.
“Il divieto di trivellazione nei mari italiani in una fascia di 5 miglia per tutte le coste nazionali, allargato a 12 miglia attorno al perimetro delle aree marine protette annunciato dal Ministro Prestigiacomo – spiegano i senatori del Pd – è francamente un pannicello caldo, perché non occorre certo essere degli esperti per comprendere che in un mare qual è il Mediterraneo, chiuso e ricco di coste, un miglio in più o in meno in caso di fuoriuscita di petrolio cambierebbe ben poco il quadro di un eventuale disastro causato da un incidente petrolifero. Il problema è che i governi Berlusconi si sono caratterizzati per una sorta di deregulation del petrolio offshore in Italia, con troppe autorizzazioni concesse di fronte a quasi tutte le coste italiane, che vivendo di turismo dal bitume, dalcatrame e dalle sostanze nocive spinte a riva dalle piattaforme
riceverebbero un colpo durissimo”.
“Stupisce – concludono Della Seta e Ferrante – l’atteggiamento di questo Governo che invece di seguire la strada dell’efficienza energetica e della green economy, costringe il Paese ad inseguire una insensata politica energetica basata su una tecnologia vecchia come il nucleare e su una scelta spericolata come quella delle trivellazioni offshore”.