“Nei mari italiani si continua a cercare petrolio, con lo scopo da parte delle multinazionali del settore di impiantare grandi piattaforme petrolifere di fronte alle coste italiane.
Anche di fronte al disastro epocale della Louisiana il governo Berlusconi non ferma le trivelle, e anzi continua a concedere autorizzazioni, ultima delle quali quella concessa alla Shell, con la quale l’azienda anglo-olandese potrà effettuare una ricerca petrolifera offshore nel Golfo di Taranto”. Lo dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che hanno presentato un’interrogazione parlamentare in merito.
“Il 3 maggio scorso – segnalano i senatori Pd – l’ormai ex-ministro delle Attività produttive Scajola, per ‘rassicurare l’opinione pubblica’, annunciava la convocazione dei rappresentanti degli operatori offshore per avere notizie sui sistemi di sicurezza ed emergenza delle 115 piattaforme presenti nei mari italiani e la sospensione di eventuali nuove autorizzazioni alla perforazione, fino alla conclusione degli accertamenti da parte della commissione”.
“Un’operazione – continuano i senatori del Pd – volta a tranquillizzare gli italiani ma pressoché inutile in concreto, perché a relazionare sulla sicurezza degli impianti offshore esistenti sono le stesse aziende petrolifere e perché non è stata fermata la febbrile attività di ricerca di idrocarburi che è in corso nei nostri mari. L’ultima a beneficiare del permesso di ricerca, che i governi Berlusconi hanno concesso decine di volte, è la Shell che ha a disposizione 1.356 chilometri quadrati tra le coste pugliesi e quelle calabresi per cercare petrolio.”“Autorizzazione – ricordano gli esponenti ecodem – che la Shell ha ricevuto dal Ministro Scajola, per la quale bisognerebbe sapere se sia stata sottoposta alla prevista procedura di assoggettabilità alla Valutazione d’impatto ambientale. Ora ci auguriamo – concludono Ferrante e Della Seta – che il successore di Scajola dimostri più attenzione per un tema che interessa non solo l’ambiente, ma la sicurezza del nostro Paese e il futuro del turismo, che certo ha tutto da perdere dalla trasformazione del nostro mare in piattaforma petrolifera”.