“Il governo Berlusconi, 24 anni dopo il disastro di Chernobyl, sta per imbarcare il Paese in una pericolosa avventura, quella del costosissimo ritorno al nucleare, una vera cuccagna per poche grandi imprese e un cappio al collo per i cittadini italiani che pagheranno di tasca loro miliardi di euro per vedere, forse, tra 15 anni il primo reattore nucleare francese funzionante sul suolo italiano”. Lo dicono i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
“Come ricorda Legambiente nel recente dossier ‘Epr: un reattore o un bidone’, dedicato al ritorno italiano al nucleare – proseguono i due senatori ecodem – gli italiani stanno per sovvenzionare dei reattori Epr che vengono spacciati come di terza generazione avanzata, ma che non sono altro che l’evoluzione più recente dei reattori di seconda generazione Pwr, realizzati negli anni ’60. Nel mondo sono in costruzione quattro impianti del tipo Epr. Oltre al sito di Flamanville in Francia, c’è il finlandese Olkiluoto da 1.600 Mwe, in costruzione dal 2005 con un ritardo di avanzamento dei lavori di 3 anni e costi lievitati a 5,5 miliardi di euro. Gli altri sono i due cinesi di Taishan, da 1.660 Mwe ciascuno, per un contratto previsto in 8 miliardi di euro. Non è un caso che l’Areva, l’impresa pubblica francese costruttrice del reattore, prima di riuscire a piazzare la sua tecnologia in Italia abbia incassato negli ultimi anni rifiuti in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Canada, agli Emirati Arabi. E’ dunque più di un sospetto che l’Italia stia per acquistare un ‘bidone’.
Altro problema irrisolto è la gestione delle scorie: per ora si cerca solo di allungare a 60 anni la vita dei reattori, in modo da affibbiare ai posteri l’onere della soluzione. Gli italiani, che hanno compreso come Chernobyl abbia ucciso e continui a uccidere, hanno giustamente paura del nucleare sotto casa. Lo sanno bene i governatori di centrodestra che hanno in ogni modo negato la costruzione delle centrali sui loro territori. Vedremo – concludono Ferrante e Della Seta – come spiegheranno ai cittadini l’uso della forza militare per la costruzione delle nuove centrali”.