La candidatura di Roma ad ospitare le Olimpiadi 2020 non poteva partire peggio. La presentazione del Comitato promotore e le prime dichiarazioni di quelli che dovrebbero essere i protagonisti causano infatti un forte allarme sull’idea stessa di città che c’è dietro questa candidatura e sulle concrete possibilità che la stessa abbia successo. Non si esprime qui diffidenza per il “grande evento” – nonostante che in passato nel nostro Paese siano stati sempre occasioni perse o usati solo per fare scempi, basti pensare ai Mondiali di calcio del 90 .- anzi io credo che le grandi trasformazioni urbanistiche, di cui avrebbero bisogno le nostre città per renderle più vivibili e più a misura d’uomo, necessitino di interventi talmente radicali che un’occasione straordinaria come le Olimpiadi potrebbe aiutare.
Ma dobbiamo intenderci su cosa serve. Non a caso tutte le più recenti candidature di successo a livello internazionale si sono basate sulla sostenibilità , su idee di trasformazione basate su mobilità sostenibile e riduzione del traffico privato, spazi verdi e riduzione delle emissioni di CO2. Nessuna candidatura ha alcuna possibilità di successo se se non si basa su questi assi portanti. E infatti il Sindaco Alemanno ne fa un gran parlare. Peccato però che la sua concreta azione, il disastroso “sgoverno” del traffico, la paralisi delle scelte sui rifiuti, e più in generale il peggioramento della qualità della vita a Roma, certificata da ogni classifica seria, smentiscano le sue stesse dichiarazioni. Ma ciò che fa tremare le vene ai polsi è la composizione stessa del Comitato promotore: presieduto dal presidente degli industriali romani, ne fanno parte gli ad di Alitalia e Ferrovie, il presidente della Camera di Commercio, un paio di manager dell’editoria e del cinema e il rappresentante della Rai e quello di Mediaset, un petroliere (sic!) e un paio di possibili sponsor (Bulgari e Lottomatica) e un rappresentante della famiglia Caltagirone, il vero potere forte di Roma. Ciò che inquieta di più sono le assenze: manca la cultura, l’urbanistica , appunto le sensibilità ambientaliste. E nessuno provi a rispondere che si terrà conto di ciò in sedi più tecniche. La verità è che invece si pensa , al solito, alle Olimpiadi solo come un’occasione per proseguire su strade vecchie e dannose per la città . E infatti il presidente del Comitato, definendo la candidatura olimpica ‘un grande progetto di sviluppo”, ha auspicato che ‘possa rappresentare una forte guida per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali di cui Roma ha bisogno’, tra cui ovviamente praticamente solo strade: dall’ampliamento del Grande Raccordo Anulare (ancora!?), all’autostrada Roma-Latina, al raddoppio della Tiburtina. Per la verità ha anche parlato di metropolitana (e come ignorarla?) ma zero idee sulla vera cura del ferro di cui avrebbe bisogno la Capitale. Cemento, solo cemento questa sembra l’idea fissa dell’Amministrazione che così accontenta soprattutto il suo più forte alleato imprenditore. Bene ha fatto Morassut a nome del Pd a sollevare immediatamente il problema sull’area di Tor di Quinto perché quella scelta è davvero simbolica dello spregio con cui si vorrebbe trattare il rispetto dei vincoli e del paesaggio. In questo quadro spiace che l’ex sindaco Rutelli abbia voluto dare la sua “copertura” a un’operazione così sgangherata e pericolosa. Rutelli è stato il protagonista della stagione nella quale con più chiarezza si era provato a disegnare un futuro diverso per Roma. Perché rinunciare a quel profilo, davvero moderno, e inseguire Alemanno su una strada così dissennata? Non è meglio adoperarsi con la necessaria nettezza e durezza per cambiare rotta per non perdere una straordinaria occasione? Per questo sarebbe utile che il centrosinistra a livello romano affronti con urgenza la questione e chiami alla mobilitazione le forze migliori della società civile e dell’imprenditoria locale che non vogliano assoggettarsi al potere del più forte. Il messaggio credo che debba essere chiaro: “o cambia o lotta dura sarà !”
FRANCESCO FERRANTE