Non poteva parlare di tutto Pier Luigi Bersani nel suo discorso d’insediamento da segretario del Pd. Doveva parlare dell’essenziale, ed è questo che ci preoccupa. Il pochissimo che ha detto sulla questione ambientale e sul peso che essa ha nella sua idea di Partito Democratico (soltanto un breve accenno all’utilità della “economia verde”) e il quasi nulla che ha detto sulla questione morale e sul suo peso nell’azione politica e di governo del Pd in giro per l’Italia, riducendo il problema a casi spiacevoli e deplorevoli di deviazioni individuali, lasciano temere che per lui questi due temi non siano “l’essenziale”.
Qui c’è una vistosa differenza dalle premesse e dalle speranze da cui è nato il Pd: nelle quali erano centrali tanto l’ambizione di ricostruire il legame di fiducia spezzato tra i cittadini e la politica, quanto il progetto di allargare lo sguardo oltre l’orizzonte delle tradizioni socialiste e cattoliche democratiche, per mettere in campo una prospettiva riformista con la testa e le gambe nel presente, capace di riconoscere e valorizzare bisogni, problemi e ambiti di progresso inediti a cominciare proprio da quelli evocati dall’ambiente.
E qui, soprattutto, c’è una grande distanza dalla consapevolezza che su questi due terreni si gioca una bella fetta del futuro del Pd e del futuro dell’Italia.
Che il Partito Democratico debba sentirsi direttamente e pesantemente interrogato dal crescente appalesarsi di un diffuso e pervasivo costume politico che nel migliore dei casi replica i modelli del più classico clientelismo e di un rapporto opaco con interessi privati, e nel peggiore sconfina nell’aperta illegalità o addirittura nella complicità con interessi criminali, ci pare difficile da negare. E’ un dato di tutta evidenza, confermato dalle numerose inchieste giudiziarie che in particolare nel Sud ma pure altrove vedono coinvolti nostri eletti ed amministratori, come da recenti fenomeni di tesseramento abnorme (il Pd che nella provincia di Caserta ha più iscritti che in Lombardia) o da casi eclatanti e raccapriccianti come il killer camorrista di Castellammare candidato a coordinatore del circolo del Pd. Questo problema va guardato in faccia e va preso di petto con scelte coraggiose di discontinuità , che a partire dalle prossime elezioni regionali offrano al giudizio degli italiani un Partito Democratico ripulito da mele marce, capi bastone, feudatari vari: solo così saremo credibili come forza “di alternativa”, solo così avremo davvero le carte in regola per contrapporci a una destra rappresentata in Campania da Nicola Cosentino o in Parlamento dal senatore Fazzone, padre politico della giunta di Fondi che il ministro Maroni avrebbe voluto sciogliere perché infiltrata dalla mafia. Su questo aggiungiamo una postilla: sarebbe paradossale se il Pd, che chiama a votare i suoi elettori per eleggere il segretario e giustamente contesta l’attuale legge elettorale che sottrae ai cittadini e consegna ai leader di partito la scelta dei parlamentari, decidesse senza primarie, dunque per cooptazione, chi saranno i candidati governatori alle prossime elezioni regionali.
Per tutto questo noi ci auguriamo che Bersani sappia rapidamente integrare e rendere centrali la questione morale e la questione ambientale nella costruzione del “suo” Pd. Che sappia sorprenderci, e smentire le nostre preoccupazioni, con atti simbolicamente forti. Gliene suggeriamo due fra i tanti possibili: perché non chiede, come altri hanno già fatto, a Roberto Saviano di candidarsi per il centrosinistra alla presidenza della Regione Campania? E perché tra i suoi primi viaggi all’estero non ne programma uno a Copenaghen nei giorni della Conferenza sul clima, per chiarire che di questo tema, l’impegno per fermare i cambiamenti climatici, il Pd farà una propria bandiera?