G8 IN GIAPPONE. FAME, ENERGIA, CAMBIAMENTI CLIMATICI… GRANDI SFIDE E RISPOSTE INADEGUATE

Le riunioni del G8 da molto tempo si concludono con un nulla di fatto in termini di proposte concrete, oppure, ancor peggio, con grandi promesse – come nel caso della lotta alla povertà  e il sostegno ai Paesi più poveri del mondo e all’Africa in particolare – cui non seguono i fatti. Anche la riunione in Giappone non ha fatto eccezione. La questione è talmente evidente da mettere in discussione la stessa composizione del “club” come recentemete ha dichiarato anche lo stesso Sarkozy. Probabilmente sono prorio i due temi che negli ultimi anni della globalizzazione si sono imposti al centro della discussione, la lotta ai mutamenti climatici e quella contro la povertà , che richiederebbero quell’allargamento cui si sono immediatamente dichiarati contrari Bush e Berlusconi. Che senso ha discutere della fame nel mondo, delle epidemie, dei disastri causati da eventi meteorologici estremi non confrontandosi con i rappresentanti di quei popoli che più ne soffrono le conseguenze? E che senso ha parlare di come ridurre le emissioni di gas di serra senza coinvolgere quei paesi, dalla Cina all’India al Brasile, che vivono un periodo di ruggente crescita economica? Poco o nulla.
Prendiamo il caso di ciò che è stato detto riguardo in Giappone ai mutamenti climatici, il “caro petrolio”, la questione energetica. Temi centrali per lo sviluppo in qualsiasi parte del mondo, per la vita delle persone qui e nei Paesi più poveri. Il petrolio oltre 150 dollari sta mettendo a dura prova tutte le economie, i  mutamenti climatici non sono più una vaga minaccia per il futuro ma una drammatica realtà  del presente. Di fronte a tali emergenze sarebbero necessarie risposte serie che radicalmente affrontino la questione che è centrale: l’economia mondiale basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili non regge più. L’Europa ormai da anni ha scelto come assi fondanti della sua politica del futuro per liberarsi dalla “schiavitù del petrolio”, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Da qui gli obiettivi 20-20-20 al 2020 (riduzione del 20% delle emissioni di CO2, risparmio del 20% di energia, ricorso per il 20% della produzione alle rinnovabili). La scommessa è quella di puntare sull’innovazione tecnologica per affrontare il problema ambientale da un lato e per dare nuovo ossigeno ai nostri sitemi economici dall’altro. Di questo forse si sarebbe dovuto parlare in un consesso internazionale largo: come trasferire le tecnologie adatte ai paesi emergenti, come conciliare la sacrosanta aspirazione di quei popoli ad un maggior benessere con la ineludibile esigenza di contenimento delle emissioni di gas di serra. Invece niente. Nel documento finale al solito si parla di un dimezzamento delle emissioni al 2050 senza nessun obiettivo intermedio, così come ha sempre voluto l’attuale Governo Usa, e quindi senza alcuna concreta proposta per l’oggi. E in questo quadro, visto il recente dibattito sul nucleare, il nostro premier si è sentito autorizzato a fare la sua “sparata” su 1000 nuove centrali nucleari da costruire! A problemi seri servirebbero risposte serie. Nel mondo sono attualmente in funzione 439 centrali nucleari (che forniscono appena il 5, 8% dei consumi totali di energia), come può essere credibile un obiettivo di farne 1000 nuove! Senza considerare i drammatici problemi connessi all’approvvigionamento di uranio per il loro funzionamento e quelli forse ancor più complessi di smaltimento delle scorie di un parco così gigantesco considerando che a tutt’oggi non esiste al mondo un deposito finale di scorie ad alta radioattività . Non a caso la stessa Aiea (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) prevede al contrario che nei prossimi anni il peso dell’atomo nella produzione elettrica mondiale, calerà  dal 15% del 2006 a circa il 13% del 2030, mentre la IEA (International Energy Agency) è ancor più pessimista prevedendo per quella data un contributo tra il 9% e il 12% Certo le ricette dei vari Paesi europei sono diverse, si va dalla Francia che punta ovviamente sul nucleare per favorire la sua industria del settore, alla Spagna in cui Zapatero sostiene che l’energia del futuro è quella rinnovabile e che si debba dire no al nucleare. Negli stessi Usa dove ultimamente si è molto discusso di un rilancio del nucleare è un fatto che dal 1978 non si ordina nessun nuovo reattore, soprattutto per motivi economici. Perché lì nella patria del libero mercato, senza sovvenzioni statali, nessuna azienda privata ha ritenuto che davvero i costi di produzione del nucleare fossero così convenienti.
Insomma di nucleare si puo’ e si deve parlare, specialmente in termini di ricerca e sviluppo di una nuova tecnologia che risolva, o che almeno riduca drasticamente, il problema delle scorie, ma è davvero segno di improvvisazione e ignoranza la proposta berlusconiana dei 1000 nuovi siti. Un’ulteriore prova della necessità  di cambiare il G8, ma anche di quanto ci sia di “ideologico” e poco concreto nella proposta del nostro Governo di “nucleare italiano”.