pubblicato sul bollettino del CNEL
Il tema del costo dell’energia – da sempre presente nel dibattitto fra gli “addetti ai lavori” – si è affermato prepotentemente nel dibattito pubblico a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le sanzioni e lo stop al gas russo. Il costo delle bollette si è impennato e non è bastato diversificare le fonti di approvvigionamento del gas (sostituendo quello russo con il gas proveniente nei tubi dall’Azebarjan o dall’Algeria, o con le navi dagli Stati Uniti o dal Quatar). La crisi, drammatica per le famiglie in povertà energetica e per le imprese energivore, ha avuto però quale effetto collaterale il merito di chiarire che l’unico modo per garantire sicurezza, indipendenza e ridurre il costo delle bollette è quello di incrementare rapidamente la percentuale di energia fornita da fonti rinnovabili, promuoverne la produzione semplificando le procedure autorizzative per realizzare nuovi impianti in modo da ridurre il ricorso alle fonti fossili, la cui combustione è alla base della crisi climatica. In questo quadro appare ancora più urgente mettere mano ai cosiddetti SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi): sostegni pubblici massimamente rivolti a sostenere la ricerca, l’estrazione e l’utilizzo di combustibili fossili. Un paradosso! Calcolarli è difficile, ma sono comunque cifre impressionanti quelle che vanno ancora a sostenere l’economia fossile: Earth Track ha calcolato a livello globale 2.477 miliardi di euro nel 2023, il Fondo Monetario Internazionale addirittura 7.000 miliardi nel 2022, Legambiente in Italia oltre 70 miliardi lo scorso anno e anche per lo stesso Ministero dell’ambiente non meno di 24 miliardi nel 2022 e ancora in crescita. Sembrerebbe quindi semplice interrompere questo flusso di fondi pubblici destinati a una pratica “avvelenatrice” del clima e non più in grado di garantire energia a basso costo come è stato nei due secoli successivi alla rivoluzione industriale e destinare quelle risorse invece alla promozione di fonti pulite e oggi anche più economiche come il sole e il vento e le altre rinnovabili. Invece anche in questo caso bisogna procedere con “juicio” per assicurare la just transition che è anche obiettivo europeo.
Bisogna sapere che se per esempio si tolgono gli sconti previsti per gli agricoltori che alimentano con il gasolio le proprie macchine agricole senza avere allo stesso tempo sostenuto la riconversione “elettrica” o a biometano dei motori indispensabili per la loro attività si scateneranno proteste cui sarà difficile dar torto. O se il recente allineamento delle accise del gasolio a quelle della benzina deciso dal Governo, come peraltro da tempo l’Europa ci chiedeva di fare, non prevede che quelle risorse siano immediatamente destinate al potenziamento del trasporto pubblico, mettendo su strada più autobus, pù tram e più metropolitane (laddove servono) e potenziando le infrastrutture ferroviarie per avere più treni, non si produrranno gli effetti benefici potenziali ma piuttosto solo malcontento diffuso tra gli automobilisti diesel. Ma anche se il sacrosanto stop prima agli incentivi alle caldaie a gas e tra qualche anno alla stessa loro commercializzazione non sarà accompagnato dalle più efficienti e confortevoli pompe di calore per il raffrescamento/riscaldamento delle nostre case si rischia che i cittadini possano considerare quell’azione come una limitazione delle loro libertà invece che un miglioramento concreto in termini di benessere e di spesa.
Insomma intervenire sui SAD, come è giusto e ormai ineludibile fare, e fare urgentemente presuppone politiche attive di promozione di pratiche sostenibili, se qualcuno pensa soltanto a “fare cassa” togliendo quei sussidi si sbaglia e andrà incontro a cocenti sconfitte, come la vicenda dei “gilè gialli” di qualche anno fa in Francia ha dimostrato in maniera evidente ed eclatante.
Francesco Ferrante
Vicepresidente Kyoto Club