pubblicato su Il Manifesto
I N QUESTO fine settimana, Legambiente terrà a Roma il suo quinto congresso nazionale. Quando ci vedemmo a Parma la volta scorsa, nel novembre del ’92, l’Italia stava vivendo il crollo improvviso di un sistema politico decrepito e corrotto, e noi coltivavamo una speranza: che finalmente la politica tornasse a fare il suo mestiere, di luogo del confronto e della scelta tra opzioni diverse per il governo del paese, e Legambiente potesse fare il suo, di movimento organizzato in forma associativa impegnato ad affermare un nuovo protagonismo dei cittadini e a far conoscere e vincere nella società i valori della cultura ambientalista.
In questi tre anni il nostro compito l’abbiamo svolto, credo, bene, lavorando soprattutto ad approfondire il “valore d’uso” della questione ambientale, la sua centralità, come “chiave” per rispondere a molti dei bisogni e dei problemi dell’Italia di oggi e come uno dei fondamenti su cui costruire un progetto generale per il cambiamento. I risultati di questo sforzo sono le proposte per una riforma radicale della politica economica, occupazionale e fiscale che consenta di rispondere alla fame di lavoro in particolare del sud, di colmare il gravissimo deficit di qualità ambientale che danneggia il corpo e deturpa il volto del “Bel paese”, di garantire un futuro solido e non marginale all’azienda-Italia, partendo dal presupposto che l’ambiente non sia solo un vincolo da rispettare, ma che costituisca anzi una grande occasione per cambiare in meglio e modernizzare l’economia.
Infine ci sono le decine di conflitti su scala locale che ci vedono quotidianamente mobilitati con i nostri circoli per difendere l’ambiente e la salute dei cittadini, le campagne di analisi e informazione sull’inquinamento (Goletta e Treno Verde), le iniziative di “pulizia” che coinvolgono centinaia di migliaia di volontari (Puliamo il Mondo, Spiagge Pulite), le battaglie per la legalità e contro le “ecomafie”, specialmente al sud, l’impegno per valorizzare sul piano ambientale ma anche su quello culturale e turistico il nostro straordinario patrimonio naturale, artistico, monumentale.
Scenario sconsolante
Non è presunzione, ma davanti a noi lo scenario è assai meno consolante. Basta scorrere l’ultima legge finanziaria proposta dal governo Dini, che affida la lotta alla disoccupazione alle solite, fallimentari ricette delle “grandi opere” (alta velocità, variante di valico Bologna-Firenze, ponte sullo Stretto, cantieri di Tangentopoli); o basta avere ascoltato il recentissimo dibattito sulla mozione di sfiducia a Dini, dove in nessun intervento s’è spesa una parola concreta sui mille problemi d’Italia.
Un limite della sinistra
Il fatto è che le nostre speranze di tre anni fa si sono rivelate sostanzialmente infondate. La politica attuale è probabilmente meno corrotta ma altrettanto autoreferenziale e culturalmente arretrata di quella dei vecchi partiti. Dal ’92 a oggi sono cambiati governi e maggioranze politiche, alcuni, certo, peggiori di altri (la maglia nera spetta di diritto a Berlusconi e al suo mega-condono edilizio), ma è cambiata pochissimo nelle forze pubbliche la sostanziale indisponibilità a discutere delle strategie per condurre il paese fuori dalle sabbie mobili. Ancora nessuno comprende (o, magari, contesta) che proprio la qualità ambientale è terreno privilegiato per risanare, modernizzare e rilanciare l’Italia. E in entrambi gli schieramenti che si accingono a uno scontro elettorale presentato come decisivo, la questione ambientale è nel migliore dei casi un capitoletto in più aggiunto al programma di governo: un “limite” particolarmente pesante per la sinistra, così bisognosa di analisi e proposte innovative.
Se quest’analisi è corretta, ciò che ne discende è la necessità anche per Legambiente di svolgere un ruolo “politico”. Noi siamo e vogliamo rimanere un “movimento organizzato in forma associativa”, e continuiamo a ritenere che la rappresentanza degli interessi nelle istituzioni elettive non rientri tra i nostri scopi. Ma se non registreremo un rapido e radicale superamento dei vizi e dei limiti culturali che segnano i protagonisti della politica italiana, potremmo essere costretti a qualche forma di supplenza.
Qualunque sia lo scenario, resta per noi l’obiettivo di affinare sempre di più lo strumento dell’autorganizzazione dei cittadini che abbiano scelto come arma della nostra battaglia. Persuasi, come scriveva Italo Calvino, che “le associazioni rendono l’uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone”.
* segr. naz. Legambiente