Due buone ragioni per non fare inceneritore a Roma

Pubblicato su Repubblica

Un passo indietro, grave e inatteso. La scelta annunciata dal sindaco Gualtieri di realizzare a Roma un mega-inceneritore da 600 mila tonnellate di rifiuti all’anno è una pessima notizia.

Presentata come un salto nel futuro, quest’idea rappresenta in realtà un tuffo nel passato. Oggi la priorità dovrebbe andare, nella gestione del ciclo dei rifiuti urbani, al riciclo di materia, ambientalmente ed economicamente di gran lunga preferibile sia, com’è ovvio, alle discariche e sia agli inceneritori. Questo è tanto più vero nel caso di Roma dove il riciclo dei rifiuti è a livelli decisamente arretrati, perché funziona male la raccolta differenziata dei rifiuti e perché mancano impianti.

Realizzare un inceneritore di così grande dimensioni avrebbe l’effetto di prolungare sine die l’infinita emergenza rifiuti che affligge da anni la capitale.

Ci sono ottime ragioni per bocciare questo progetto, due su tutte. La prima è che 600 mila tonnellate significano più di un terzo di tutti i rifiuti urbani che si producono a Roma, mentre la frazione della spazzatura urbana davvero non riciclabile come materia è molto inferiore. Vorrebbe dire considerare il 65% di riciclo, target minImo e a breve fissato dall’Europa, come se fosse l’obiettivo massimo raggiungibile da qui al 2050! Una via che precluderebbe il rispetto delle linee guida fissate in sede comunitaria per il trattamento dei rifiuti e per lo sviluppo dell’economia circolare, che indicano come priorità il recupero di materia e lasciano come “extrema ratio” il recupero di energia. Del resto, anche sul piano energetico il recupero di materia dai rifiuti conviene di più dell’incenerimento: si risparmia più energia sostituendo materie prime “vergini” con materia riciclata che non bruciando la “monnezza”.

La seconda ragione è che per realizzare l’impianto occorrerebbero almeno 5 o 6 anni: se entrasse in attività nel 2028 non beneficerebbe più nemmeno dell’esenzione oggi prevista per le emissioni climalteranti dovute a incenerimento dei rifiuti, che sarà eliminata in tutta Europa al più tardi proprio per allora in quanto ormai anche inceneritori di “nuova generazione” emettono più gas climalteranti del mix energetico sempre più basato sulle rinnovabili. Si arriverebbe così al paradosso che i cittadini romani pagherebbero – nella Tari –  il costo delle emissioni dannose per il clima.

Roma ha bisogno di impianti per il riciclo dei suoi rifiuti, a partire dai biodigestori per trasformare la frazione organica della spazzatura in biometano (oltre che di un gestore dei servizi legati ai rifiuti all’altezza del compito come con evidenza non è attualmente Ama). Esistono poi tecnologie innovative, già largamente disponibili e di assai più rapida ed economica adozione rispetto a un grande inceneritore, a partire dal riciclo chimico, che consentono di trattare la parte di rifiuti non recuperabile per via meccanica efficacemente e con minori emissioni inquinanti e climalteranti.

Questo mega-inceneritore, a parte il suo impatto inquinante, nascerebbe già vecchio, come tardiva riproposizione di una visione dello sviluppo, della sostenibilità superata da un paio di decenni.

 

Roberto Della Seta

Francesco Ferrante

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