Pubblicato su tuttogreen.it
Venerdì 24 saremo con una variegata compagnia al Sacro Convento di Assisi su invito dei frati e di Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola anima dell’iniziativa: i firmatari del “Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica” che ha già raccolto oltre 1000 adesioni
Venerdì 24 saremo con una variegata compagnia al Sacro Convento di Assisi su invito dei frati e di Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola anima dell’iniziativa: i firmatari del “Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica” che ha già raccolto oltre 1000 adesioni. Insieme al Presidente del Consiglio Conte, il Ministro dell’Istruzione Manfredi e il Presidente del Parlamento Europeo Sassoli, con chi ha lanciato il “manifesto” – oltre ai già citati Realacci e i frati di Assisi (il custode Mauro Gambetti e il direttore della Rivista Enzo Fortunato), il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, l’amministratore delegato di Enel Francesco Starace, il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini, l’ad di Novamont e Presidente di Terna Catia Bastioli – ci saranno le testimonianze di molti leader dell’impresa e del civismo italiano, amministratori locali, uomini e donne protagonisti della vita culturale del nostro Paese che condividono l’idea centrale del “Manifesto”: è a partire dalla sfida che ci impone la crisi climatica della costruzione di una società free-carbon entro i prossimi trent’anni che si può costruire un futuro più desiderabile e una economia fondata sulla coesione sociale che torni a offrire opportunità di lavoro e di benessere. Sono molti i segnali che vengono dall’economia reale che ci dicono che quella è l’unica strada da seguire, che alternative non ce ne sono: dobbiamo passare da un sistema “lineare”, basato su produzione (sfruttando i fossili), consumo e scarto a un’economia circolare fondata sull’uso efficiente di tutte le risorse. Possiamo farlo. L’innovazione tecnologica ci mette a disposizione opportunità che fino a poco tempo fa erano solo futuribili. Oggi invece, ad esempio, nel campo dell’energia le fonti rinnovabili sono diventate competitive nei confronti dei fossili e in parecchie parti del mondo le aste per nuova potenza da istallare se le aggiudica il solare contro persino il carbone (la più economica ma anche più inquinante fonte fossile), e anche nel nostro Paese circa il 40% dell’energia elettrica è rinnovabile. La chimica verde, in cui l’Italia esercita una riconosciuta leadership, ci offre prodotti plastici in cui la materia prima non è più il petrolio ma bensì vegetale e rinnovabile. Nei trasporti, oramai tutti sono consapevoli che si marcia a tappe rapidissime verso lo shift elettrico, che non è sufficiente in quanto è necessario promuovere forme alternative di mobilità rispetto agli spostamenti con auto private, ma è senz’altro un grande passo avanti nella riduzione dell’inquinamento nelle nostre città e per le emissioni di anidride carbonica. Sono talmente tanti i segnali che anche la grande finanza se ne sta accorgendo e si sta riorentando: basti pensare al recente annuncio del più grande fondo d’investimento al mondo – Black Rock – che vuole destinare 1000 miliardi di dollari a investimenti “Green” e riconvertire progressivamente tutto il suo enorme portafoglio. D’altra parte anche i cittadini sono pronti a questo vero e proprio cambiamento di paradigma: il più recente sondaggio di Ipsos ci dice che ben l’82% degli italiani ritiene che la sostenibilità può favorire la crescita economica. E hanno ben chiaro cosa significa. Ad esempio sempre un sondaggio recente – di Nielsen – ci conferma che la maggioranza dei cittadini era favorevole alla plastic tax su cui ci sono state polemiche furiose che hanno condotto al suo sostanziale annacquamento. Ed è forse proprio la vicenda legata alla plastic tax che ci spiega le criticità che si devono affrontare in questo percorso di cambiamento. Prima di tutto le cose devono essere fatte bene e spiegate altrettanto bene. Tanto più se servono, come servono, scelte radicali, anche sul fisco, che disincentivino consumi inquinanti e favoriscano quelli più virtuosi. Inoltre, se è vero che il saldo finale della transizione verso un’economia free-carbon può essere e sarà positivo, non solo in termini di riduzione dell’inquinamento e di beneficio per la salute e l’ambiente, ma anche per l’occupazione, non c’è dubbio che alcuni settori dell’economia soffriranno e dovranno riconvertirsi. E quindi è indispensabile trovare e destinare risorse per questo scopo per non lasciare nessuno indietro. E quindi bene ha fatto la Commissione Europea nella presentazione del suo – ancora troppo poco definito Green Deal – a individuare un “Fondo per la Giusta Transizione” destinato a quelle aree territoriali e a quelle attività che dovranno essere accompagnate per non subire conseguenze negative.
Assisi sarà una prima tappa del percorso che il Manifesto si propone di fare per vincere la sfida forse più difficile: convincere i decisori politici che quella è la strada da seguire, con decisione, senza indugi e greenwashing, ma operando scelte conseguenti e coraggiose
Francesco Ferrante
Vicepresidente Kyoto Club
Fondatore di Green Italia