Due emendamenti alla legge di Bilancio 2019 bloccherebbero le filiere dell’economia circolare che valgono miliardi di euro. A festeggiare: le lobby degli inceneritori
Di Emanuele Isonio per valori.it
Volevano «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno», espressione made in Beppe Grillo ormai diventata celebre. A seguire le ore convulse della legge di bilancio 2019 e la valanga di emendamenti al Senato indicati in un vertice notturno a Palazzo Chigi, la scatoletta è ben sigillata e le chiavi paiono essere nelle mani dei soliti noti lobbisti.
Quelli meno trasparenti, maestri in formulazioni da azzeccagarbugli più che da moderna cultura giuridica, piene di ridondanti richiami a leggi precedenti e di costanti rimandi a norme secondaria da realizzare in momenti successivi. Zero tempi certi e soprattutto niente sanzioni per gli usuali inadempimenti.Questo tipo di stile nel realizzare le leggi colpisce ora il sistema dei rifiuti e soprattutto gli strumenti per tracciarli. E così il 2018 rischia di chiudersi nel peggiore dei modi per chi crede nell’innovazione ambientale come motore di legalità ed economia sana.
Un’idea di semplificazione davvero atipica, ormai storica in Italia. Con un grande effetto collaterale: aprire le porte all’illegalità e serrarle alla trasparenza e alla possibilità di avere norme efficaci.
Questo tipo di stile nel realizzare le leggi colpisce ora il sistema dei rifiuti e soprattutto gli strumenti per tracciarli. E così il 2018 rischia di chiudersi nel peggiore dei modi per chi crede nell’innovazione ambientale come motore di legalità ed economia sana.
L’allarme di Ganapini
A lanciare l’allarme è Walter Ganapini, uno dei padri storici dell’ambientalismo italiano, membro onorario del Comitato Scientifico dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, tra i fondatori di Legambiente e a lungo presidente di Greenpeace Italia: «Dal 1° gennaio 2019 è soppresso il sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) cui spettava informatizzare la gestione del flusso dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani della Regione Campania» scrive in un suo post via Facebook.
Il vantaggio del Sistri
Lo strumento garantiva un indubbio vantaggio: «connesso ai Catasti Regionali Rifiuti ed all’Albo Nazionale Gestori, in tempo reale il sistema verificava i passaggi da produttore di rifiuto a trasportatore fino allo smaltitore finale: ogni mese le imprese, anziché dover compilare registri cartacei, avrebbero ricevuto l’estratto conto circa trasporto e smaltimento dei propri rifiuti».
Da quel sistema nacque poi, tra polemiche, ritardi e costi assai elevati, il Sistri che entrò in azione tra 2013 e 2014.
Ma ora, ecco che anche questo strumento viene cancellato: «L’abrogazione rischia di tradursi in una resa dello Stato sulla tracciabilità dei rifiuti nella patria di ecomafie, terre dei fuochi, turismo dei rifiuti. Certamente c’è già chi brinda all’abrogazione, dopo aver fatto di tutto per non vedere mai entrare in funzione il sistema».
Un favore a ecomafie e inceneritori
«La #guerradeirifiuti è sfida allo Stato da parte di chi brama profitti ingenti da #emergenzerifiuti finte: ecomafie con le proprie discariche illegali, promotori di obsoleti inceneritori non assoggettati al Freedom of Information Act circa i flussi in ingresso (dietro cui spesso si celano i soliti tangentari), monopolisti criminali del turismo di rifiuti che senza tracciabilità avranno crescita esponenziale del business “giro bolla” e sostituzione o falsificazione dei codici CER.
Il pasticcio sul “fine vita” dei rifiuti
Se a questo aggiungiamo un pasticcio normativo in atto sul tema ‘End of Waste’, dove una ‘cage aux folles’ di incompetenti dilettanti non adusi allo studio viene usata da manine scaltre per far fallire i settori nascenti della economia circolare e della innovazione tecnologica sostenibile, una cosa è certa: stando così le cose, chi perde la guerra dei rifiuti sono lo Stato, la collettività e le imprese responsabili e competitive. In termini economici, di salute e di tutela dei cittadini».
‘La perplessità si traduce in disagio’ andando a leggere quanto approvato dal vertice notturno a Palazzo Chigi come emendamenti in tema “End of Waste”. A presentarli, a Palazzo Madama, sia Lega sia 5 Stelle. Primi firmatari i senatori grillini Moronese, Nugnes, La Mura, L’Abbate, Mantero, Ortolani, Quarto e Gallicchio e i leghisti Briziarelli, Arrigoni, Zuliani, Cantù, Rivolta, Ferrero e Solinas.
Le regole contenute negli emendamenti metterebbero una pietra tombale sull’Economia Circolare, imponendo lo stop a intere filiere virtuose già in essere (come il riciclo dei pneumatici esausti assicurato da Ecopneus), chiudendo le porte a qualsiasi innovazione tecnologica sostenibile e spalancando portoni a discariche, inceneritori, turismo dei rifiuti.
L’allarme di Legambiente
Ma cosa dice di tanto scabroso la nuova norma su cui la maggioranza M5S-Lega ha trovato l’accordo? Lo spiega il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani. «L’emendamento in questione, anche se da una parte fa salve le autorizzazioni già rilasciate in base al vecchio decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 sul recupero rifiuti, non tiene però conto dell’innovazione tecnologica sul riciclo che è maturata negli ultimi venti anni e che non verrebbe agevolata con la norma in via di approvazione
Equi sta il nodo cruciale: «Se l’emendamento venisse approvato così come è stato scritto, non risolverebbe il problema del blocco delle autorizzazioni degli impianti di riciclo». Chi si gioverebbe di questa norma scritta in modo pessimo? «Il rischio sarebbe quindi di aumentare i flussi a incenerimento e nelle discariche, invece, che indirizzarli a recupero di materia».
Da qui l’appello al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa che più volte aveva proposto ben altro e si era detto strenuo difeso dell’esigenza di trasparenza nel settore rifiuti.
Il ministro intervenga affinché si riprenda in considerazione la versione che era stata prevista nel Decreto Semplificazioni da cui è stata tolta» è l’appello del presidente di Legambiente, che ricorda come «in Italia l’economia circolare è già una realtà in diversi territori. Per farla decollare occorre rimuovere gli ostacoli non tecnologici ancora presenti nel nostro Paese e che potrebbero ulteriormente moltiplicarsi se venisse approvato questo emendamento senza ulteriori modifiche».
Già oggi l’Italia può vantare numeri di tutto rispetto sul fronte dell’economia circolare cifre di tutto rispetto: le imprese della filiera del riciclo ad esempio hanno prodotto nel 2016 un valore per 2,18 miliardi di euro. Un risultato ottenuto grazie a una miriade di piccole e medie imprese con un valore medio alla produzione pari a più di 19 milioni di euro.
Ferrante (Kyoto Club): intere filiere a rischio chiusura
Le posizioni di Legambiente sono condivise anche dal Kyoto Club. «Dobbiamo essere chiari: con le formulazioni sin qui note si negano agibilità e mercato a intere filiere dell’economia circolare, affidando a fantomatici decreti attuativi e alle Regioni il compito di rianalizzare tutte le autorizzazioni in essere», sottolinea il vicepresidente Francesco Ferrante.
«Se ci sono impianti autorizzati in modo errato è sufficiente chiedere ai Carabinieri Forestali-Noe una ricognizione immediata. I criteri ‘End of Waste’, poi, vanno definiti a livello nazionale e non, come ora, regionale con gli ovvii problemi di armonizzazione».