il coni (cioè il comitato olimpico italiano) si è rivolto a roberto della seta e francesco ferrante come “ufficiali di collegamento” fra il mondo ambientalista e il percorso di candidatura di roma per le olimpiadi del 2024.
è forse il primo contratto di rilievo per i due esponenti dell’ambientalismo evoluto che hanno da poco istituito una start-up, l’italia green.
società di ecolobby
la società è giovanissima, e i suoi due fondatori un po’ meno: già al vertice della legambiente, già parlamentari di valore del pd, della seta e ferrante all’ingenuità entusiasta degli esordienti hanno aggiunto lo spessore dell’esperienza.
insomma, italia green è “una società di ecolobby”, mirata al mondo dell’economia verde e alle aziende di energie rinnovabili, rifiuti, mobilità , chimica verde, bonifiche.
a ferrante e della seta non piace la mia definizione di lobbisti verdi (o forse piace; non so e non l’ho chiesto loro), ma nella sostanza la giovane società fa questo. lobby di qualità nel mondo ecologista.
(non è l’unica società di lobby verde che conosco. il mercato della comunicazione istituzionale ha già un bouquet di alcuni ottimi lobbisti dell’ecologia).
l’accordo con il coni
italia green ha concordato con il coni una procedura di ascolto e inclusione delle istanze delle associazioni ambientaliste nel dossier per la candidatura di roma per i giochi olimpici del 2024.
sarà istituito un osservatorio, composto da tecnici ed esperti del mondo sportivo da una parte e da membri di associazioni di tutela ambientale dall’altra parte, il cui primo passo operativo sarà definire una proposta di standard organizzativi e criteri progettuali a sostegno della candidatura olimpica della città di roma. l’obiettivo è che la candidatura aggiunga, oltre alle qualità ben note di roma, anche una nota ambientale, urbanistica e sociale.
la green economy
il mercato di della seta e ferrante si rivolge all’economia verde, un settore vivacissimo. il rapporto greenitaly 2014 di symbola e unioncamere sostiene che durante la crisi 341.500 aziende italiane (il 22% del totale, addirittura il 33% della manifattura) hanno scommesso sulla green economy e che questo ha significato sviluppo in termini di export e di innovazione (il 30% delle aziende manifatturiere che hanno puntato sul verde hanno sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15% delle altre).
i lavori verdi (green jobs, would say who loves to speak english – saying jobs act, green act and so on) spingono l’innovazione nazionale e coprono il 70% di tutte le assunzioni destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle nostre aziende.
l’eurobarometro infine segnala che alla fine del 2014 il 51% delle pmi italiane ha almeno un green job, ben più di germania (29%), francia (32) e regno unito (37%).
dal blog di Jacopo Giliberto