pubblicato su huffingtonpost.it
Letto il testo finale, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, del decreto “Sblocca-Italia”, finalmente abbiamo capito perché il governo Renzi ha aspettato due settimane dall’annuncio della approvazione in Consiglio dei Ministri, prima di trasformare in vere norme le slide presentate dal Presidente del Consiglio: confrontate con l’articolato, un impasto confuso e casuale di buone (poche) e pessime intenzioni (tante), quelle slide che pure non brillavano per novità erano riformismo puro.
Ecco in sintesi alcuni dei temi principali affrontati, si fa per dire, dallo “Sblocca-Italia”, che difficilmente sbloccherà alcunché:
– INFRASTRUTTURE. Dei quasi 4 miliardi stanziati per sbloccare una serie di “opere indifferibili, urgenti e cantierabili per il rilancio dell’economia”, circa 3 e mezzo saranno disponibili solo a partire dal 2017 (articolo 3 comma 1). Quanto alla scelta delle opere “urgenti e indifferibili”, qualcuna effettivamente urgente e indifferibile ce n’è (su tutte l’alta velocità Napoli-Bari) ma metà dei soldi vanno per strade e autostrade, solo un quarto alle ferrovie e di questi quasi nulla al trasporto ferroviario locale. Insomma: da una parte l’arretratezza del sistema italiano dei trasporti dipende in buona parte dal fatto che rispetto al resto d’Europa le merci e i passeggeri viaggiano troppo su strada e troppo poco su ferrovia, dall’altra ogni giorno milioni di pendolari vivono sulla loro pelle l’inefficienza, la sporcizia, il superaffollamento dei treni locali; avremmo bisogno estremo di una politica dei trasporti che metta al centro il potenziamento e la modernizzazione del trasporto ferroviario locale, utili a smuovere l’economia e a migliorare la vita degli italiani, e invece il governo Renzi agisce in perfetta continuità con gli errori passati privilegiando soltanto la mobilità su gomma che è anche la più inquinante.
– EDILIZIA. Mancano nel decreto le due cose migliori preannunciate da Renzi con le slide: prorogare e stabilizzare gli ecobonus (65% di risparmio fiscale sulle riqualificazioni energetiche delle case) che hanno consentito a milioni di famiglie di tagliare una bella fetta della spesa per elettricità e gas, con effetti importanti anche su occupazione e riduzione delle emissioni inquinanti, e fissare regole uniformi per le autorizzazioni edilizie che superino l’attuale giungla di regolamenti comunali largamente disarmonici. Queste due misure, attese da anni, aiuterebbero l’edilizia a imboccare con forza l’unica via che può darle futuro – manutenzione e rigenerazione urbana anziché consumo di suolo – e porterebbero vera e buona semplificazione. Invece anche qui il governo ha scelto la continuità col peggiore passato, varando una “deregulation” che permetterà di trasformare senza controlli fattorie in seconde case, balconi in camere aggiunte, alberghi in abitazioni. Peraltro era difficile aspettarsi di più e di meglio visto che a scrivere buona parte del decreto “Sblocca-Italia” è stato il ministro Lupi, cioè uno degli esponenti più autorevoli del ventennio berlusconiano (legge obiettivo, piano casa, condoni edilizi…).
– ENERGIA. Qui la parte più surreale del decreto, il via libera generalizzato alle trivellazioni petrolifere in mare e a terra. Questa idea ridicola di trasformare l’Italia, soprattutto il mare italiano, in una specie di Texas o di Mare del Nord all’amatriciana produrrà solo danno ambientale e nessun vantaggio economico: basti dire che tutto il petrolio disponibile basterebbe a soddisfare poche settimane del nostro fabbisogno energetico. L’Italia ha tutto l’interesse – economico, ambientale, geopolitico – ad accelerare sulla strada della rivoluzione energetica già in atto, cioè più efficienza e più fonti rinnovabili: questa è anche l’unica scelta che può darci in un tempo non lungo maggiore indipendenza energetica, invece il “governo fossile” di Renzi ha deciso che il futuro, nel 2014 e con i cambiamenti climatici che minacciano sempre più da vicino il nostro benessere, si chiama petrolio.
Lo “Sblocca-Italia” dunque è una immensa occasione perduta per aiutare davvero ad alzarsi l’economia italiana affrontando al tempo stesso mali e arretratezze cronici del Paese. L’Italia non si sblocca perpetuando le ricette del Novecento – petrolio, cemento, asfalto, deregulation urbanistica ed edilizia – ma facendo incontrare i nostri più antichi talenti, dal made-in-Italy alla bellezza della cultura e del paesaggio, con le nuove frontiere dell’economia green. Una legge così, talmente inutile e talmente conservatrice, avrebbe potuto firmarla uno qualunque dei governi di questi sei anni di crisi: Berlusconi, Monti, Letta… Nulla di nuovo, nessuna idea di vera riforma, come se la proclamata “spinta propulsiva” del renzismo si fermasse, fosse destinata a fermarsi, solo alle slide.
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE