pubblicato su greenreport.it
Siamo tormentati da alti lai sui costi dell’energia che sarebbero insostenibili per famiglie e imprese perché i più cari d’Europa a causa degli oneri impropri che gravano sulle nostre bollette, primi fra tutti quelli che paghiamo per gli incentivi alle rinnovabili.
Ora, a parte il fatto che è tutto da dimostrare il costo dell’energia sia davvero rilevante sui conti delle nostre imprese, non si capisce proprio perché invece di accanirsi contro le rinnovabili (che rappresentano il futuro), proponendo sempre (da Romani a Passera a Zanonato) tagli agli incentivi magari anche retroattivi non si faccia finalmente pulizia sugli oneri davvero impropri.
Da anni sostengo ad esempio che non ha alcun senso pagare l’IVA (che è imposta su beni e servizi) su questi oneri. Pulendo le bollette dall’imposta sul valore aggiunto non dovuta avremmo una riduzione delle stesse di un paio di miliardi secchi. Certo sarebbero soldi da recuperare dalla fiscalità generale, ma sarebbe più corretto.
Anche su greenreport è uscito qualche mese fa il rapporto di Legambiente sui sussidi alle fonti fossili (http://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/stop-sussidi-alle-fonti-fossili-12-miliardi-di-euro-scapito-dell-ambiente-dell-) quelli sì davvero impropri e dannosi.
Invece il Parlamento ha pensato bene qualche settimana fa di approvare una norma per cui sulle bollette andrebbero a ricadere bei soldi (60 milioni all’anno per 20 anni) per tenere invita un’attività decotta e massacrante come la miniera di carbone del Sulcis in Sardegna
Ma c’è persino chi proprio in questi giorni con buona dose di spregiudicatezza difende nei tribunali amministrativi suoi privilegi anacronistici e ne rivendica di nuovi ingiustificabili.
E’ il caso delle imprese di telefonia, che vorrebbero godere degli stessi sconti (esenzioni dal pagamento degli oneri di sistema) che l’Autorità concede alle imprese a forte intensità elettrica purché manifatturiere Oppure i supermercati di Federdistribuzione (Auchan, Esselunga, Coin, Gs, Ikea, Leroy Merlin Pam e Sma) che hanno impugnato la delibera con cui l’Autorità per l’energia ha attuato le previsioni ministeriali sull’applicazione degli sgravi ai soli clienti energivori manifatturieri.
Sono sconti che hanno poco motivo di esistere, se non per poche e ben determinate categorie di imprese davvero energivore. La loro estensione – che costerebbe nel caso delle imprese di telefonia circa 200 milioni – sarebbe ovviamente impugnata dall’Europa (si configurerebbe come aiuto di stato) ma avere allargato le maglie dei cosiddetti “energivori” a chi non lo è fa ingolosire tutti.
Ma ciò che appare davvero un paradosso estremo è la pretesa del settore trasporto ferroviario, che attraverso Rete Ferroviaria Italiana beneficia ancora degli sconti sull’elettricità previsti dal 1963 (ai tempi della nazionalizzazione dell’industria elettrica9!. Nel 2012 Rfi ha ricevuto 355 milioni di euro per le tariffe agevolate. Il prelievo dalle bollette è stato di 295 mln. Dal 1 gennaio finalmente le agevolazioni sono state parzialmente ridimensionate dall’Autorità ma nei giorni scorsi Rfi e i due maggiori operatori attivi sulla rete, cioè Trenitalia e Ngv, hanno impugnato la delibera al Tar Lombardia.
Sono centinaia di milioni in ballo adesso nelle mani dei Tar. Chissà come finirà e noi intanto continueremo a sorbirci grette polemiche contro le rinnovabili (sic!)