C’è la possibilità , concreta e rivoluzionaria, che il nuovo Codice della Strada abbassi a 30 km all’ora il limite di velocità nelle aree urbane. Sarebbe una svolta epocale, da tanti punti di vista. Da quello politico, intanto: per una volta gli abitanti del Palazzo privilegerebbero l’interesse generale sulla ricerca di facile consenso; se il limite di velocità per le auto in città scende da 50 a 30, infatti, è probabile che molti automobilisti non la prendano benissimo, ma è sicuro che ne guadagnerebbe molto la mobilità urbana e la sicurezza dei cittadini.
Questo felice caso di una politica più lungimirante che tattica è reso possibile da una stranissima “larga intesa” che vede insieme le associazioni – Salvaciclisti, Rete mobilità nuova, Legambiente – da tempo impegnate per la moderazione della velocità in ambito urbano, e poi il sottosegretario ai trasporti Erasmo D’Angelis, un po’ di parlamentari di diversi schieramenti, l’Anci, le compagnie di assicurazione, le associazioni dei pedoni e dei ciclisti, i tassisti e perfino il Touring Club, Libera e la Coldiretti.
Ma il cambiamento più importante è quello che riguarderà la sicurezza di chi si muove in città . A 30 km orari, infatti, il numero di morti in incidenti stradali si dimezza (nessun altra misura è in grado di ottenere, da sola, un risultato di questa portata) e, peraltro, sollevare il piede dall’acceleratore comporta solo vantaggi: diminuiscono i consumi di carburante, lo smog, il rumore, lo stress alla guida, diventa più agevole e meno insicuro andare in bici.
Al contrario di ciò che viene da pensare, limiti più bassi non fanno nemmeno aumentare i tempi di percorrenza, visto che una guida aggressiva, che copre al massimo della velocità possibile i tratti liberi tra un semaforo e l’altro o tra un incolonnamento e l’altro, fa guadagnare al massimo – lo dicono i dati di numerosi test – 10 secondi al chilometro. Tanto sgommare per nulla.
Se il nuovo Codice della Strada conterrà davvero questa “rivoluzione”, il merito principale sarà stato di Salvaciclisti e di Rete mobilità nuova, che in poco più di un anno e mezzo, da quando convinsero chi scrive a presentare in Senato nella legislatura scorsa il primo progetto di legge che proponeva il limite di 30 km orari in città , hanno saputo imporre un tema “scomodo” all’attenzione dei cittadini, dei media e dei decisori politici. Naturalmente questo solo cambiamento non risolve tutti i mali della mobilità urbana: bisogna ridurre le auto in circolazione, rendere più efficiente il trasporto pubblico e quello pendolare, aumentare la manutenzione delle strade. Però i 30 km all’ora sono un passo anche simbolicamente decisivo, il segno che per la prima volta si inverte la rotta.
Ora semmai occorre vigilanza da parte di tutti: niente soluzioni pasticciate, niente mediazioni al ribasso. Il Codice esistente prevede già per i Comuni la possibilità di abbassare il limite a 30 km orari. I 50 sono la regola, i 30 l’eccezione. Quello che serve è rovesciare il criterio: d’ora in avanti si va a 30 all’ora, salvo eccezioni circoscritte, ponderate e giustificate. Una retromarcia adesso significherebbe perpetuare l’attuale situazione di insicurezza e ritornare al solito modo di fare politica: per non rischiare di infastidire alcuni si lascia che tutto continui a funzionare come sempre. Male.
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE
pubblicato su huffingtonpost.it