“Democristiani di tutto il mondo: unitevi!”. Col senno del giorno dopo si può riassumere così il grido di battaglia che ha guidato molti dei principali “registi” del (tentativo di) prepensionamento di Berlusconi: Letta, Alfano, Franceschini, Lupi, Formigoni, Mauro. Interpretazioni a parte, resta il fatto in sé: la smacchiatura del giaguaro è cominciata. Per via parlamentare e non elettorale, e operata non dall’autore del progetto originale (Bersani): ma è cominciata.
Come spesso le storie importanti destinate a diventare “storia”, anche questa contiene risvolti curiosi e persino paradossali. Il più bizzarro di tutti è in quella sorta di “eterogenesi dei Letta” per la quale chi guida la smacchiatura è omonimo e parente stretto, secondo alcuni l’erede politico universale, di chi del giaguaro è stato e rimane uno dei più affezionati consiglieri.
Da oggi di sicuro la politica italiana cambia faccia: le intese restano larghe ma diventano molto più solide e compatte. Però l’incertezza sul futuro, anche sul futuro immediato, non diminuisce. Questo governo Letta 1-bis pone infatti domande difficili in particolare al Pd. La prima: se rimangono orfani, con Berlusconi, della principale ragione sociale che li ha tenuti insieme, riusciranno i democratici a evitare che la diaspora democristiana, oggi così potente, decida di ritrovarsi sotto uno stesso tetto? Seconda domanda: può permettersi a lungo la sinistra l’attuale condizione di anonimato politico che fa sentire impotente, o peggio non rappresentata, quella parte non maggioritaria ma nemmeno piccolissima dell’elettorato “progressista” che non si rassegna all’alternativa tra gli opposti conservatorismi di Letta e Landini e nemmeno a Grillo?
Infine c’è una terza domanda più decisiva di tutte. Al di là dell’indiscutibile e vistoso trionfo tattico del ticket Letta-Alfano, questo monocolore democristiano/ciellino battezzato da un ex-comunista (Giorgio Napolitano) e condito con qualche spruzzata di ex-socialisti (Epifani, Cicchitto, Sacconi) è utile all’Italia? Noi crediamo di no, crediamo che l’Italia abbia bisogno di altro: ha bisogno di scelte nette e di rottura – dalla legalità alle politiche industriali, dai diritti all’ambiente, dal welfare al disinquinamento della politica -, dunque ha bisogno del contrario dell’unanimismo neo-democristiano.
Chissà che a giaguaro completamente smacchiato, che saltato definitivamente il tappo Berlusconi, questa urgenza di rinnovamento non finisca per esplodere, costringendo la politica italiana a mettere piede finalmente nel ventunesimo secolo.
ROBERTO DELLA SETA
FRANCESCO FERRANTE