“Che fine ha fatto la cabina di regia del Governo sui rigassificatori”


“Dove è finita la Cabina di Regia istituita alla fine della scorsa estate per valutare e autorizzare la costruzione di nuovi rigassificatori? Al momento le richieste sul tavolo del governo sono ben 13, alcune delle quali hanno già  ottenuto il via libera. Stando a quanto detto finora, le previsioni di crescita del consumo e la necessità  di diversificazione richiederebbero 3, al massimo 4 impianti, corrispondenti al fabbisogno stimato di 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi 30 anni, ma nulla è stato specificato circa la loro collocazione sul territorio nazionale. E’ quindi di fondamentale importanza che il governo dica dove dovranno sorgere e tale scelta dovrà  corrispondere alle effettive esigenze  del Paese”.
E’ questo in sintesi il contenuto dell’interrogazione parlamentare presentata dal senatore Francesco Ferrante, capogruppo dell’Ulivo in Commissione Ambiente, ai ministri Bersani, Di Pietro e Pecoraro Scanio.
A oggi risultano completati gli iter autorizzativi del terminal previsto a largo del Delta del Po, già  in costruzione, e di quello di Livorno. A Brindisi sarebbe completato l’iter autorizzativo, ma data l’opposizione della popolazione e di tutte le amministrazioni locali, sembrerebbe logico rimetterne in discussione l’opportunità .

E’ necessario soprattutto approfondire le varie ipotesi anche dal punto di vista geografico e logistico, valutando l’utilità  di realizzare rigassificatori al Sud quando circa il 75% dei consumi di gas è concentrato nel nord Italia.
Lo stesso amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, durante un’audizione in Commissione Ambiente al Senato, a una esplicita domanda sulla convenienza di realizzare gli impianti in Sicilia, ha risposto che tale soluzione sarebbe molto conveniente per il gestore, ma molto meno per gli italiani, che si vedrebbero aggiungere in bolletta i costi dell’adeguamento della rete e quelli necessari per fare viaggiare il gas dall’estremità  meridionale del Paese fino alle zone dove si concentra la gran parte dei consumi.
 “Occorre governare fin dall’inizio un processo d’infrastrutturazione del Paese – conclude Ferrante – che, se lasciato solo al mercato, rischia di avallare condizioni di oggettivo vantaggio per alcune delle grandi aziende proponenti a discapito degli interessi collettivi che lo Stato deve rappresentare”.
 
 
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