Nessuna bugia sull’acqua

Lettera pubblicata su Il Manifesto

Riesumando una radicata abitudine della vecchia sinistra – prendersela
soprattutto con i primi vicini – Andrea Palladino sul Manifesto di ieri in un
articolo dedicato al dopo-referendum sull’acqua ci accusa come ecodem di
essere “bugiardi colossali”, perché da una parte attacchiamo il governo che
cerca già  di sovvertire l’esito del voto, dall’altra difendiamo la proposta di
legge presentata mesi fa dal Pd che, secondo Palladino, contraddice anch’essa
le ragioni referendarie.
Sinceramente non ci sentiamo così bugiardi.
Ci siamo battuti in Parlamento contro l’articolo 23-bis (cosiddetto Ronchi-
Calderoli) del Decreto Sviluppo del 2008, quello abrogato dal primo
referendum, che introduceva l’obbligo di affidare ai privati almeno il 40%
delle società  di gestione dei servizi idrici (il 60% per le società  quotate in
Borsa). Per abrogare questa norma ed escludere l’acqua dal novero dei servizi
pubblici locali “di rilevanza economica” (come tali, in base alle leggi
europee, da affidare al mercato) abbiamo presentato nel marzo 2010 un disegno
di legge (n. 2091), e segnaliamo a Palladino che l’obbligo della
privatizzazione è cancellato anche nel disegno di legge del Pd.
Quanto alla possibilità  di calcolare nella tariffa la remunerazione del
capitale investito, oggetto del secondo referendum, la proposta del Pd prevede
di affidare a un’Autorità  nazionale indipendente la definizione dei parametri
per il calcolo della tariffa, e tra i criteri indicati figura la remunerazione
dell’attività  industriale del gestore ma non la remunerazione del capitale
investito (cioè in parole povere il “profitto”).
Tutto questo non significa che non vi siano differenze tra la nostra posizione
e quella di una parte del movimento per l’acqua pubblica. Per esempio, noi
siamo convinti che per garantire una gestione sostenibile delle risorse
idriche, che sono un bene comune ma anche un bene scarso da usare con
parsimonia e invece in Italia largamente sprecato, sia necessario far valere
il principio che chi più consuma più paga, facendo salvo il diritto di ognuno
a disporre di una quantità -base di acqua (i 50 litri per abitante al giorno)
per i bisogni essenziali.      
Allora: è indispensabile discutere su tutti i temi, anche i più controversi,
legati alla gestione dell’acqua come bene comune, e va benissimo dividerci sui
punti di disaccordo. Ma per procedere su questa via sarebbe bene evitare le
caricature di posizioni che non si condividono, o peggio gli anatemi e le
scomuniche.

Roberto Della Seta                                                                             
Francesco Ferrante